Intervista a Edgardo Franzosini
Mentre scriveva il racconto ha pensato anche alle immagini che lo avrebbero potuto meglio rappresentare? Coincidono o si avvicinano a quelle effettivamente create dall’illustratore?
Era la prima volta che ciò che scrivevo sarebbe stato poi accostato al lavoro di un illustratore, accompagnato ad immagini suggerite anche dalle mie parole. Ero curioso e impaziente di verificare il risultato. Quando ho visto le illustrazioni di Pellizzon ho pensato subito che erano quanto di meglio mi sarei potuto augurare per il mio racconto. Un tratto forte, intenso, espressivo, una grande ricchezza inventiva, un’estrosa attenzione al particolare. Davvero un bell’esito, mi pare.
Grande trampoliere smarrito è la biografia del poeta e pugile realmente esistito Arthur Cravan. Lei ha scritto tre libri che sono tre biografie. Cosa la spinge a narrare vite di persone realmente esistite? Quando si narra di eventi reali quanto spazio c’è per la finzione?
In realtà le mie sono biografie un po’ particolari. Un po’ divaganti, tanto per cominciare. Nel Mangiatore di carta ad esempio raccontavo la storia Johann Ernst Biren, sovrano di Curlandia, ma ogni occasione era buona per parlare di Balzac. Le digressioni, più o meno accidentali, nei miei libri sono sempre tante. Il tentativo, potrei dire, è quello di arrivare al fondo di qualche verità inaspettata attraverso alcune, apparentemente eccentriche, divagazioni. Cerco anche di non preoccuparmi troppo della “verità storica”, quando per seguirla dovrei sacrificare la coerenza del racconto. Coltivo anzi un certo gusto per la mistificazione. Accumulo circostanze vere che possono sembrare apocrife e dettagli falsi che appaiono perfettamente credibili. Tanto per rimanere al Grande trampoliere smarrito la partita a scacchi tra Arthur Cravan e Marcel Duchamp è verosimile anche se non esiste uno straccio di testimonianza o documento che la comprovi. Del resto secondo Kipling una storia raccontata è una storia vera «finché dura il racconto». Elias Canetti poi è andato ancora più in là, a suo parere «una storia ben inventata è comunque una storia non una bugia».
Quale sarà il suo prossimo appuntamento con la scrittura?
Il prossimo anno uscirà per Adelphi il mio nuovo libro. Una vicenda di letteratura e di inquisizione accaduta a Milano nel Seicento. Un libro diverso da tutti gli altri che ho scritto, dal momento che l’adesione alla suddetta “verità storica” è stata questa volta da parte mia totale, e che ho anche ragionevolmente contenuto l’estensione e il numero delle divagazioni. Ho altri progetti in testa, per alcuni dei quali ho già qualcosa di scritto. Credo anche che dedicherò ancora del tempo a una storia che mi trascino ormai da parecchi anni (sono arrivato alla quinta o sesta riscrittura, non ricordo bene) ma della quale voglio, prima o poi, venire a capo.
Intervista a Nicolò Pellizzon
Non tutte le storie si prestano allo stesso modo a essere illustrate. Quale coefficiente di difficoltà darebbe al racconto sul quale ha lavorato? Che rapporto ha avuto col testo e cosa ha voluto restituirne con le immagini?
Non penso che i racconti siano catalogabili e nemmeno l’illustrazione dovrebbe esserlo. Quindi non può esserci un coefficiente di difficoltà, perché sarebbe come sostenere che il processo è meccanico, con un solo scopo, un solo risultato e un’idea di perfezione. E per me non è così. In ogni caso le difficoltà si incontrano sempre. È stato complesso “sentire” il racconto all’inizio, perché è molto concentrato e il lettore viene stordito da un susseguirsi di eventi esemplari. Sembra raccontato un istante prima dell’orizzonte degli eventi, quando manca poco perché tutto venga inghiottito, ma mantenendosi più cronistico che emotivo. Questo mi ha influenzato in generale, quindi ho preferito immagini e pose più vicine alla fotografia e al cinema dei primi del ’900, basando tutto sui personaggi e la relazione che hanno avuto con il protagonista, ma senza farli interagire direttamente con lui.
Ha avuto modo di confrontarsi con lo scrittore?
Sì. Edgardo Franzosini è una persona molto piacevole e ci siamo trovati inaspettatamente affini. Era molto contento delle illustrazioni. E io ero molto contento che lui fosse contento. Penso che tutti e due siamo quel tipo di persona che cercano i segni. Io almeno, ho avuto questa impressione.
Quale sarà il suo prossimo appuntamento con l’illustrazione?
A fine estate dovrebbe uscire in Canada un art book su H. P. Lovecraft curato dall’illustratore Trevor Henderson a cui parteciperò anche io. Si chiama Puffed Shoggots. E poi a Lucca Comics uscirà il mio primo libro, Lezioni di Anatomia. Metà a fumetti e metà illustrato.
Qui la recensione di Grande trampoliere smarrito.