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I racconti WATT 0,5: Intervista a Ivan Polidoro

Creato il 29 luglio 2012 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

I racconti WATT 0,5: Intervista a Ivan PolidoroIntervista a Ivan Polidoro

Che cosa significa per un autore costruire una storia partendo da immagini? Le era capitato prima d’ora? È stata un’esperienza stimolante o penalizzante per la sua creatività?
Misurarsi con delle immagini particolari come quelle di Diego Knore non è stato facile. Dovevo inventarmi una storia su quelle immagini e, per quanto non volessi lasciarmi influenzare, da qualsiasi parte andassi, me le ritrovavo. Quelle due teste tornavano a galla, e ognuna con le sue caratteristiche. Così il corpo tatuato, il maiale appeso, i pugnali, la donna con la busta in testa, insomma non potevo certo raccontare una storia familiare, con dei bambini che giocano felici sul prato mentre i genitori discutono amabilmente con gli amici davanti al barbecue. Poi, un giorno, è nato Tonino e da lì tutto è stato più semplice. Avevo il protagonista, anzi due. Che mi guardavano.
Non mi era mai capitato, no. Spero che la prossima sia il mare, una barca e una donna bellissima. Magari Tonino esce all’improvviso dalla cabina. Chi lo sa.
Stimolante, senza alcun dubbio. Costruisci una storia con ingredienti che non hai scelto personalmente. E se ti capita un tizio bicefalo con gli occhi spiritati, un mattatoio sanguinolento e una signora con busta, che si guarda allo specchio, puoi considerarti fortunato. La prima domanda che ti fai è: “Che vuole dire? Perché ha disegnato questo?”. Poi lasci che la tua fantasia faccia il resto.

Ha avuto modo di confrontarsi con l’illustratore, prima o durante la scrittura?
No e non ne ho sentito il bisogno. Ho preferito così. Magari Diego Knore ha tutta un’altra storia in mente. Meglio così.

L’essere miez’ e miez’ di Tonino ha un senso profondo che possiamo solo immaginare. Ce ne vorrebbe svelare la sua interpretazione?
Tonino è un bipolare, tutto quello che dice è per metà vero e per metà no. Fondamentalmente è solo, della moglie ci sarebbero i resti (ma non si sa). I tatuaggi stessi forse non sono quelli che lui avrebbe voluto, perché chi glieli fa non si attiene alle sue indicazioni. Tonino è un disegno che gli è stato cucito addosso, come la sua storia. Che poi sia la sua memoria o puro vezzo, non lo sappiamo, non ci interessa. Rimane il fatto che quel suo corpo, tozzo, è una carta, a disposizione di chiunque voglia tirargli fuori un’anima. Io sono partito da lì, da un cuore tatuato e delle lacrime nere.

Quale sarà il suo prossimo appuntamento con la scrittura?
Un quadro familiare allegramente disastroso. Una sorta di base airport  (senza alcuna password) dove ogni tanto qualcuno si collega. Ma, ripeto: ogni tanto.

Qui la recensione di Tonino miez’ e miez’.


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