Di Giuseppe T. Chiaramonte. È cominciata lo scorso 27 agosto, la 71esima edizione della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia. Ogni giorno, fino alla conclusione della manifestazione, Giornale Apollo proporrà un approfondimento su uno dei registi in concorso. In questo articolo vi presentiamo Shinya Tsukamoto.
Shinya Tsukamoto nasce a Tokyo il 1 gennaio del 1960. Si diploma in arte alla Nihon University, dopodichè si dedica alla produzione di pubblicità per qualche tempo mentre produce alcuni cortometraggi in Super 8. Dopo il folgorante cortometraggio Le avventure del ragazzo del palo elettrico, Tsukamoto riesce a ottenere dei fondi per produrre il suo primo lungometraggio, in realtà poco più lungo di un mediometraggio, Tetsuo – the iron man in cui rielabora i temi della trasformazione e del rapporto tra il corpo umano e gli oggetti, specialmente metallici.
Il regista è uno dei massimi esponenti di un movimento cinematografico nato alla fine degli anni Ottanta, frutto di un passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova generazione. Grazie a produttori come Takenori Sento, nasce quindi il Nuovo Cinema Giapponese che prende il posto della Nuberu Bagu ( la Nouvelle Vague giapponese ) ed è caratterizzato da una grande produzione a bassissimo costo, ma con la libertà totale di sperimentare da parte dei cineasti.
La messa in scena di incubi e paure colpisce lo stomaco e il cervello per l’audacia nelle scelte registiche ed estetiche con le quali l’autore non teme minimamente di sporcarsi le mani. Per il pubblico occidentale è certamente un autore difficile da capire e soprattutto da digerire, ma è innegabile riconoscere la padronanza del mestiere che ha Tsukamoto in ogni suo film. Non mancano certamente i fan da questa parte del globo e in Italia, un ruolo di spicco lo ricopre il critico Enrico Ghezzi che ha collaborato alla diffusione della filmografia del regista attraverso la trasmissione dei film nel programma Fuori Orario e la realizzazione di una collana home video insieme a Raro Video.
In questo articolo, percorriamo la carriera dell’autore giapponese attraverso i titoli più significativi.
Tetsuo esce nel 1989 e racconta la storia di un uomo che a causa di un incidente in cui investe un ragazzo subisce una trasformazione in un uomo di metallo. Il film ha chiaramente delle connotazioni sovrannaturali e il destino del protagonista è legato all’abitudine della vittima di automutilarsi con degli oggetti di metallo.
Già da questo primo titolo, riconosciuto come il suo capolavoro, si vedono alcuni degli elementi ricorrenti del cinema di Tsukamoto: l’iperviolenza che esplode in fiumi di sangue che scorrono dalle ferite dei protagonisti, l’utilizzo della violenza come arma di redenzione inflitta o autoinflitta, un montaggio frenetico, l’utilizzo della stop motion o della “pixillation” ( tecnicamente, una stop motion realizzata con attori in carne e ossa ), l’utilizzo della camera a spalla e l’interpretazione dello stesso regista in ruoli chiave per trasmettere il messaggio voluto.
Tetsuo ha due sequel: Tetsuo 2: Body Hammer, del 1992, e Tetsuo – the bullet man, del 2009.
Nel 1991, Tsukamoto realizza Hiruko the Goblin, film in cui i due protagonisti risvegliano un demone che assume la forma di un ragno gigante che comincia a uccidere uomini e donne, staccando la testa alle sue vittime. Il film è stato girato per la casa di produzione Shochiku, per ottenere fondi per i progetti futuri del regista.
Abbandonata momentaneamente la natura sovrannaturale delle sue storie, il 1997 è l’anno di Tokyo Fist. Il film è ambientato a Tokyo e racconta la vicenda di un impiegato sposato, la cui vita piatta e senza stimoli viene scossa dal ritorno di un suo vecchio amico che fa la corte alla moglie. L’amico è un lottatore di box, anch’esso un fallito, ma il suo ritorno fa scaturire un’ondata di violenza attraverso la quale i protagonisti cambieranno la loro vita. Assieme alla violenza, Tsukamoto inserisce il tema dell’alienazione della vita cittadina, altro argomento che tornerà nei suoi futuri lavori. Tokyo Fist è un piccolo cult e in qualche modo anticipa un film decisamente più conosciuto: Fight Club di David Fincher.
Il film successivo è Bullet Ballet ( 1998 ), in cui le tematiche affrontate in Tokyo Fist ritornano in una trama che vede il protagonista Goda alla ricerca di vendetta nei confronti dei soprusi di alcuni bulli, dopo che la sua fidanzata si è suicidata. Nel 1999, esce Gemini, unico film in costume del regista, fino a oggi. La trama segue la vicenda di un uomo, Yukio, che vive una vita apparentemente perfetta, finché non spunta il fratello gemello, Sutekichi, ripudiato alla nascita a causa di una voglia a forma di serpente e il quale si appropria della vita di Yukio. Anche qui avviene una doppia trasformazione: mentre Sutekichi apprende a poco poco i modi di una vita benestante, dopo aver vissuto come ladro nei bassifondi, Yukio regredisce ad un carattere violento e animalesco.
Vital: autopsia di un amore ( 2004 ), affronta il tema della perdita. Hiroshi riprende gli studi di medicina dopo aver perso la fidanzata Ryoko in un brutto incidente. Mentre lavora su un cadavere che sta dissezionando, si perde nei ricordi fino a quando non si accorge di stare lavorando proprio sul corpo della sua ex. Comincia così un viaggio perverso attraverso l’interno del corpo esanime della ragazza e nei violenti sogni erotici del protagonista, finché Hiroshi non supera la perdita della sua amata.
Dopo Vital, segue l’allucinato Haze – Il muro, nel 2005. Il mediometraggio di Tsukamoto mette in scena i suoi incubi peggiori, in un film che lascia storditi dall’inizio alla fine.
La produzione successiva è un progetto che ha avuto diverse metamorfosi col tempo. Pensato come episodio pilota di una serie televisiva, sulla falsa riga di Twin Peaks, poi come una sorta di remake di un film americano, Nightmare Detective ( 2006 ), diventa una storia originale pregna dell’estetica di Tsukamoto. Ritornato al sovrannaturale, il regista realizza un film di indagine poliziesca attraverso il viaggio nei sogni delle vittime. Nightmare Detective ha avuto un sequel nel 2008.
L’ultimo film risale al 2011, Kotoko col quale partecipa al Festival del cinema di Venezia e vince la sezione Orizzonti. Ancora una volta, Tsukamoto mette in scena una violenza difficile da digerire per il pubblico occidentale, ma sempre rappresentativa dell’unico modo di affrontare la realtà. In questo caso, la protagonista si autoinfligge delle profonde ferite perché è l’unico modo in cui si sente viva e non soffre di un disturbo paranoico. Ovviamente, la discesa verso l’oblio da parte della donna è inevitabile fino alle conseguenze più estreme dell’essere madre.
Quest’anno, Shinya Tsukamoto è presente alla Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia con un film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale: Nobi ( Fires on the plain ). La proiezione del film è avvenuta martedì 2 agosto.
Qui il programma completo del Festival.