Di Viviana de Lillo. Oggi apre i battenti la 71esima edizione della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica a Venezia. Ogni giorno, fino alla conclusione della manifestazione, Giornale Apollo proporrà un approfondimento su uno dei registi in concorso. In questo articolo vi presentiamo Saverio Costanzo.
Saverio Costanzo
Nato a Roma il 28 settembre del 1975, Saverio è il figlio del celebre conduttore televisivo Maurizio Costanzo e della giornalista Flaminia Morandi. Laureato in Sociologia della Comunicazione presso La Sapienza di Roma, inizia a lavorare come conduttore radiofonico.
Nel 1997 cura la creazione di due spot contro la droga per Fabrica (Benetton) e scrive la sceneggiatura del corto Il Numero e del telefilm Una famiglia per caso, diretto dalla sorella Camilla Costanzo e prodotto da Raiuno.
In seguito, trasferitosi a New York, inizia a lavorare dapprima come operatore per la casa di produzione GVG USA, poi come aiuto regista dello svizzero Reiro Kaduff.
Dopo aver realizzato i suoi due documentari di esordio, Caffè mille luci (2001) e Sala rossa (2002), in occasione di un viaggio in Israele, Costanzo inizia a meditare sul soggetto della sua opera prima, Private (2004). La pellicola, una toccante riflessione sul conflitto israelo–palestinese, mettendo da parte le questioni politiche di fondo, si concentra sulla quotidianità di una famiglia palestinese costretta a convivere con un gruppo di militari israeliani. Private gli valse il Pardo d’oro al Festival di Locarno nel 2004, oltre al premio come Miglior film al Cape Town World Cinema Festival in Sudafrica e il titolo di Miglior regista esordiente ai David di Donatello nel 2005. Proposto all’Academy per rappresentare l’Italia alla notte degli Oscar, la pellicola venne rifiutata perché la lingua parlata nel film non era l’italiano.
Nel 2007 Costanzo dirige In memoria di me, tratto dal romanzo Lacrime impure, pubblicato nel 1960 con il titolo Il gesuita perfetto, scritto da Furio Monicelli, fratello minore del grande regista Mario Monicelli. Presentato il medesimo anno al Festival di Berlino, il film tratta la storia di Andrea, un uomo insoddisfatto dalla vita che, sebbene costellata da successi, lo delude nel profondo, tanto da decidere di entrare in noviziato.
Nel 2010, sempre attingendo ispirazione dalla letteratura, il regista lavora alla trasposizione cinematografica del romanzo La solitudine dei numeri primi scritto da Paolo Giordano, col quale collabora alla sceneggiatura della pellicola, presentata durante la 67esima edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Sergio Castellitto (Giovanni Mari) in In Treatment
Un grande successo ha riscosso la serie televisiva In Treatment, la cui prima stagione nell’adattamento italiano è stata diretta da Costanzo. Tratta da un format israeliano, BeTipul, e con in attivo molteplici rifacimenti in svariati paesi, la serie ha come protagonista lo psicoterapeuta Giovanni Mari, nella versione italiana interpretato da Sergio Castellitto, e narra delle sedute settimanali del medico con i suoi pazienti.
L’ultimo lavoro del regista, in concorso attualmente a Venezia, si intitola Hungry Hearts. Ambientata a Brooklyn, la pellicola narra l’evoluzione del rapporto di coppia tra l’italiana Mina e il newyorkese Jude, interpretati rispettivamente da Alba Rohrwacher e Adam Driver, dalla nascita del loro amore fino al momento in cui la giovane scopre di aspettare un bambino. L’incontro con una guida spirituale convincerà Mina di avere in grembo un bambino indaco, portandola a sviluppare un’ossessione talmente morbosa nei confronti del neonato da metterà in crisi il suo rapporto con Adam.
Alba Rohrwacher (Mina) e Adam Driver (Jude) in una scena di Hungry Hearts
Tratto dal romanzo Il bambino indaco di Marco Franzoso, Hungry Hearts, il cui titolo ricorda una canzone di Bruce Springsteen, tratta un argomento caro alla subcultura New Age, vale a dire la credenza secondo cui vi sia una generazione di bambini dotati di tratti e/o di capacità speciali o soprannaturali accomunati secondo Nancy Ann Tappe, la parapsicologa che ha condotto degli studi in merito durante gli anni sessanta, dal colore indaco della loro aura.
Qui il programma di Venezia 71.