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I romani se so' rotti er cazzo! e lo hanno dimostrato in grande stile, mettendo in scena il requiem della politica cafona

Creato il 28 maggio 2013 da Riprendiamociroma
I ROMANI SE SO' ROTTI ER CAZZO! E LO HANNO DIMOSTRATO IN GRANDE STILE, METTENDO IN SCENA IL REQUIEM DELLA POLITICA CAFONA
Dobbiamo ammetterlo, questa volta i romani ci hanno stupito in positivo. Per la prima volta nella storia hanno votato in massa il partito giusto, quello dell'astensione, mettendo in scena il requiem definitivo dell'intera classe politica romana. Un sonante uppercut che anche il più idiota degli idioti non può fingere di non aver sentito.
Il quinquennio alemannico che si appresta a concludersi doveva segnare una nuova linea di ordine, decoro e sicurezza, sull'onda della tanto sbandierata "tolleranza zero" e del fantomatico pugno de fero. Abbiamo assistito invece a una lunghissima fiera della farsa in cui le uniche parole d'ordine sono state "ora si può" e "c'è posto per tutti".
Con un salto nel buio di oltre vent'anni siamo tornati alla Roma anni '90. Alla città immobile, polverosa e cafona regolata dall'anarchica ferina, un po' balera, un po' centro-anziani, con rutto libero e insulti da bar per sfogare istinti primordiali generati dalla assenza di prospettive future.
Ordinanze anti-lavavetri (nate a Natale e morte a Santo Stefano), fuori i rom dalle palle, via le prostitute dalle strade. Questo il massimo che l'amministrazione ha saputo partorire. Mancava solo il ritorno dei B-movies anni '70 e delle sputacchiere nei salottini dei barbieri, a completare un programma di rara mediocrità e bassezza.
Si stenta a ricordare un progetto avviato che sia uno, mentre si fa la conta di quelli bloccati, definanziati, annullati. Tutti i cantieri sono fermi, abbiamo perso investimenti e ci siamo giocati la metro D. In compenso abbiamo seriamente rischiato di veder nascere il Gran Premio dell'EUR (sic).
Perso ormai definitivamente il treno europeo, siamo regrediti ulteriormente dalla politica provinciale a quella condominiale, attenta solo a non pestare piedi e a ingrassare panze di pittoreschi figuri e lobbyne (o presunte tali). Pezzenti ripuliti col piattino in mano, chi in cerca di fortuna, chi di qualche spicciolo, chi di un rancio di minestra.
Ne ha fatto le spese la città, di nuovo incarognita a livelli selvaggi, di nuovo tornata ad essere l'Eterna addormentata, che assiste senza forze alla dissoluzione di se stessa. Una città esanime, vecchia, rugosa, imbruttita e con le calze rotte, sopra la quale danzano e banchettano, in un'orgia incontrollata, i moderni Trimalcioni della malavita borgatara.
In questi cinque anni Roma è stata presa, impacchettata e regalata a cricchette amiche, costretta a subire il più imponente "stupro di gruppo" mai perpetrato ai suoi danni. Una sterminata processione di cartelloni, volgari spaventapasseri privi di qualsiasi senso, hanno invaso ogni angolo di Roma, degradando ogni strada, ogni piazza, ogni giardino, in un crescendo di orrore, coattume e impunità. Mercatini improvvisati, suq mediorientali, marocchinerie, cineserie, napoletanate, si sono moltiplicati esponenzialmente, arrivando a oscurare i monumenti e facendo ridere di noi il mondo intero.
Ma è il proliferare della sosta selvatica, ormai più che tollerata, l'indice inequivocabile del livello di regressione allo stato brado della nostra società. Per la prima volta, da vent'anni a questa parte, sono più le aree pedonali scomparse di quelle create. Il neonato bike sharing, è morto nell'indifferenza generale, le biciclette rubate, gli stalli trasformati in parcheggi per motorini. E ancora le preferenziali smantellate, i piloni anti-sosta sconocchiati, la ZTL aperta a cani e porci al primo sgrullo di pioggia. Una città che cessa di essere a misura di pedone (ossia di ESSERE UMANO) è una città in declino, civile e morale.
Di fronte a questo sfacelo, l'opposizione si è presentata con una pochezza di idee disarmante. Incapace non dico di presentare un programma valido, ma anche solo di inchiodare la giunta uscente alle proprie responsabilità. La buona performance di Marino, per certi versi inattesa, è più frutto di inerzia che non di convinzione. Marchini ha incomprensibilmente accettato di vivere nell'ombra del suo alter ego simpatico "Arfio", mentre De Vito non è stato in grado di intercettare i voti degli scontenti (allucinati dalla follia suicida dei parlamentari eletti che si scannano per due scontrini). In un contesto simile, il 52% di affluenza alle urne è già un miracolo. Perché i romani SI SONO ROTTI IL CAZZO, molto più di quanto il dato dell'astensione non racconti.
Chiudiamo con la perfetta sintesi data da Roberto D'Agostino: "L'elezione del sindaco di Roma non è un fatto locale, è da sempre un fatto politico. Ed è esattamente questo il motivo per il quale non sono andato a votare, ma ho preferito fare una passeggiata col mio cagnolino, un labrador che si chiama Zen perché, a differenza di tanti nostri politici, ha una visione orientale dell'esistenza".

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