Due a mio avviso i passaggi più importanti. Il primo, un’analisi minuziosa delle differenze tra ellinas o elleni, tutti di cultura greca anche se vivono al di fuori della Grecia; elladitis o sempre elleni, ma solo quelli che vivono in Grecia; romios o rum (in turco), i cittadini turchi di nazionalità greca chiamati “romani” perché già abitanti dell’Impero romano d’Oriente poi bizantino – quelli di Istanbul possono essere definiti politis, gli abitanti della polis per eccellenza, Costantinopolis (e da romios viene romiosini, il sentimento di ellenicità che ha preceduto quello nazionale greco). Il secondo, l’esistenza dei rum arabofoni di Antiochia – greco-ortodossi che parlano l’arabo e non il greco – che a causa dell’emigrazione si sono massicciamente trasferiti a Istanbul e che hanno non pochi problemi di integrazione e di scolarizzazione.
L’unico appunto, magari un paio di paragrafi per spiegare perché la comunità rum è ormai ridotta a 2000 persone – in gran parte anziani – avrebbe ben completato l’articolo: un perché legato a disciminazioni, al pogrom del 6-7 settembre 1955, alle espulsioni del 1964 e 1974. Altrimenti diventa difficile comprendere le difficoltà attuali a sopravvivere: anche se le discriminazioni negli ultimi anni stanno venendo gradualmente eliminate, anche se i romei di Istanbul stanno riconquistando la legittimità di cittadini a pieno titolo della Turchia del XXI secolo.