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I Ronin del self publishing

Creato il 13 gennaio 2014 da Mcnab75

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Autori autopubblicati (o autoprodotti, o indipendenti, chiamateli come volete): hanno il superpotere di stare sulle palle a tutti.
Tranne che a quei lettori che li scoprono per caso e che imparano ad apprezzarli.
Sì, parlo di “caso” perché gli eccellentissimi portali, siti e forum italiani che si occupano di letteratura “non tengono in considerazione lavori di autori autopubblicati“. Quest’ultima è una citazione quasi testuale della classica risposta che molti di noi si son sentiti dare dai direttori di suddetti portali.
Tradotto in lingua comune: “Sei un pezzente senza editore, non ti consideriamo nemmeno degno di rivolgerti parola. Sparisci. Anzi, fai di più: muori“.
Che poi, per carità, oltre l’80% degli scrittori autopubblicati scrivono vero e proprio ciarpame. Spazzatura, immondizia, roba da tema di prima media (a essere generosi). Tuttavia non si può generalizzare. Anche perché, a voler ben vedere, la media dei libri che infestano gli scaffali della Feltrinelli non mi paiono a loro volta degli inarrivabili capolavori.

Dunque ha senso un tale comportamento classista e spocchioso, da parte dei siti italiani che parlano di libri (cartacei e digitali)?
Per me no.
Avrebbe senso una certa selezione all’ingresso. I diktat, invece, sono ripugnanti.
Innanzitutto perché moltissimi di questi siti apparentemente indipendenti sono house organ di questa o quella casa editrice. Quindi tirano l’acqua al loro mulino, spesso senza nemmeno farlo apertamente. E, in quest’ottica, alcuni scrittori autopubblicati rappresentano la concorrenza.
Quindi buona parte del problema è il conflitto d’interesse. In Italia va di moda, no?

Il secondo motivo per cui reputo non professionale lo snobismo tutto italiano verso gli autoprodotti è da ricondursi a una cecità ostentata e reiterata. Chiudere gli occhi e far finta che una crescente parte delle vendite di ebook sia a favore degli scrittori senza editore non serve certo a metterli al riparo da questo scenario. E’ come pretendere di chiudere la falla di una diga con un rotolo di carta assorbente.
Così come è inutile negare che una piccola percentuale di questi scrittori (tra il 5 e il 10%) godono oramai di team creativi assai migliori di quelli offerti da editori stanchi e scoraggiati. Sicché il risultato finale è spesso migliore del previsto.

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Le cose cambieranno? Ci sarà un’apertura di considerazione da parte dei suddetti siti nei confronti degli autori italiani indipendenti?
Non credo. Non a breve.
Al massimo ci dovremo sorbire le iniziative bislacche (anche se animate – credo – da buona volontà), come quella di Wired Italia, ben descritta dal collega Davide Mana. Questa inchiesta ha dei pregi, ma parte da un presupposto sbagliato: secondo gli autori di Wired gli scrittori autoprodotti fanno questa scelta nel tentativo di attirare le attenzioni dell’editoria tradizionale.
Sbagliato! Almeno per quel che mi riguarda. La mia è una decisione primaria e consapevole, non un ripiego o altro.

Sicché ci dovremo arrangiare in altro modo, per spiegare come lavoriamo.
Applicare le strategie di guerrilla marketing. Stringere alleanze e collaborazioni, dettate però dalla stima e da passioni comuni. Cercare di sopperire alla mancanza di “padroni” potenti, ma spesso inetti.
La situazione è fluida, nulla è scritto.

Continueremo a fare i ronin.

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Alex Girola – follow me on Twitter


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