Ticchettio sommesso che arriva dal bagno. Ho messo l’orologio da comodino in bagno vicino allo specchio perché, in fin dei conti, gli orologi non mi piacciono. In bagno, vicino allo specchio, ha più senso: posso misurare quanto tempo impiego a fare quello che faccio da sempre senza aver mai avuto bisogno di quantificarlo in termini numerici. Posso vedere quanto poco tempo mi resta. Quanto troppo tempo ho speso. Ticchettio che viene dal bagno. Il primo rumore nuovo. Le case nuove sono fatte di rumori nuovi, poi di mobili, abitudini e spazi. Sono i rumori a certificare il tempo, ancora lui, che serve per dire questa è casa mia. Acqua che scorre o forse è un motore del frigorifero che carica? Sì, è il frigorifero che carica, è classe a+ (come i paesi che non hanno uno spread poco fortunato come il nostro? non lo so, continuo a non sapere un cazzo di economia e di economia domestica) carica poco e consuma poco, ha detto il padrone di casa. Sta caricando da molto tempo, quanto starà consumando?
Gridano fuori, nel cortile. A Napoli l’invenzione del citofono non fece mai breccia nei cuori delle persone. Queste voci però non le conosco. Non c’è Ari, che non ho mai visto ma di cui conosco le abitudini e i rumori delle sue eterne pulizie e per la quale ho sempre provato pena solo a sentire come veniva trattata da voci che non hanno volto; non ci sono Rosy e Mary che giocano a fare le donne di classe ma che restano sempre le vrenzole (qual è la parola in italiano che sta per vrenzola?) che sono anche se vanno sempre a fare la spesa con i tacchi alti ed escono tra donne, ridendo e barcollando, si augurano buona giornata con voce, a fatica, tendente al melodiso e baciano le figlie sulle fronti.
Il frigorifero carica ancora, sento passi fuori dalla porta. Ieri ho riconosciuto i suoi quando è tornato, ma così non vale, è troppo facile. E poi per ora sono gli unici noti. Il ticchettio è sempre forte, come si fa a dormire con un orologio così prepotente sul comodino? Sta bene lì in bagno vicino allo specchio. Ed è l’unico rumore che c’è ora. In un palazzo, in cima ad una salita che non sembra Napoli.
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