- Io gli Etruschi me li attacco al cazzo. I russi ci porto, altro che gli Etruschi.
E' così che è cominciata.
Originale, curioso, indignato il giusto, a volte divertente, generalmente scritto bene, un po' confuso nella storia e con qualche tassello che sul finire non va al posto giusto, ma tant'è, Come ho perso la guerra (Fandango Libri) di Filippo Bologna, si fa leggere e leggere con piacere.
Storia che arriva dalla Toscana di altri tempi, quando esistevano paesi tagliati fuori da tutto, acque termali senza turisti, fattorie lontani anni luce dall'epoca dell'agriturismo con piscina e massaggi, scodelle di ribollita che si servivano come piatto di contadini, mica come specialità da grand gourmet.
Storia che comincia prima che tutto davvero cominci, con un pezzo di campagna prelevato da un racconto di Fucini e trapianto negli anni della globalizzazione, quando i soldi girano a palate, i russi comprano tutto e la finanza si giustifica con la finanza, mica per come tratta un territorio o un passato.
E poi lo chiamano sviluppo?,domanda che è già un'asserzione, un controcanto, accompagna tutta lo storia raccontata da Bologna. Inventata, ma fino a un certo punto. Inverosimile, ma fino a un certo punto. Forse più digeribile con qualche trovata in meno: ma insomma, si sa, succedono cose dell'altro mondo, ai tempi della globalizzazione. Che ci sia crisi o meno.