Quelli che credono di avere la verità in tasca e pensano di doverla imporre come contributo socialmente e assolutamente necessario. Sempre pronti a elargire la propria sapienza, sono convinti di sapere tutto meglio di chi hanno davanti e non si trattengono dal manifestare questa presunta superiorità con consigli non richiesti, sermoni compiaciuti, critiche salaci ed evidenziando che soltanto loro sanno che cosa è bene o male, utile o inutile, giusto o sbagliato.
"Tu sbagli, tu non capisci, non hai le capacità, non hai fatto abbastanza, non hai scelto bene, non vai bene".
Assumono posture da maestro, da capo o da padrone della situazione e ti guardano come a dirti: "Sei un inetto".
Se ci si rivolge a loro per un aiuto o uno sfogo personale, sicuramente sono accoglienti, perché non vedono l'ora di avere motivo di sfoggiare la loro immensa cultura, sono generosi di insegnamenti, ma non riescono ad evitare di criticare con tanto di predica sugli errori compiuti, è nella loro natura. Non hanno dubbi, sanno sempre com'è la situazione anche se non la conoscono nei dettagli, non si fermano per cercare di capire, ostentano le loro opinioni e non cambiano mai idea.
E i superlativi! Ah, come gli piacciono i superlativi! Per loro non esiste aggettivo che si possa esprimere senza il suffisso "issimo". E' tutto all'ennesima potenza, sennò non può essere al loro livello. Hanno vissuto grandissimi amori, esperienze grandiose, sofferenze inenarrabili, sono sempre andati "oltre".
Ma più di ogni altra cosa amano essere ascoltati, riveriti, elogiati, assecondati. Se lo si fa si può essere sicuri di essere considerati, non come pari, sia chiaro, ma come allievi bisognosi di un mentore. Se, al contrario, li si snobba o peggio, li si contesta, si apriranno cataratte di insulti, anche non consoni a quel linguaggio forbito che sono soliti usare, e sempre col superlativo naturalmente!!
Ne ho conosciuti in questo abbondante mezzo secolo di vita....e col tempo ho imparato a neutralizzarli. Non senza fatica, lo ammetto, perché, non conoscendo bene me stessa, i dubbi, le fragilità e le mancanze mi predisponevano all'inadeguatezza, al disagio e all'influenzabilità.
Poi qualcosa l'ho capito e finalmente ne posso fare a meno. Ma non li combatto, non mi metto in competizione, semplicemente li ignoro, li allontano. Perché con loro non si può impostare un dialogo, soprattutto se non si ha una dialettica mnemonica altrettanto importante.
Quindi evito accuratamente di fare domande come se fossero oracoli e spesso, anzi quasi sempre, dopo qualche inutile tentativo di selezionare un interesse in quello che dicono, li cancello dalla mia strada, che non sarà sicuramente così acculturata ma lastricata di errori, di contraddizioni, perfino di superficiale leggerezza e di poca saggezza.
Però è la mia.
E non permetto a nessuno di dirmi dove devo camminare.
Un po' di umiltà ragazzi, che fa bene alla salute!!
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