Juan Julián, parroco di San Ildefonso, a Valladolid, frequentava il carcere "las Cocheras de Tranvias", per catechizzare con le buone o con le cattive chi si trovava lì detenuto, per quanto si dichiarasse ateo, agnostico o protestante. Assisteva agli arresti, volendo essere visto dagli arrestati, i quali, vista la sua presenza, intuivano che ci sarebbe stato un omicidio. Insieme a due o tre preti filippini, era solito accompagnare le pattuglie falangiste nel corso delle loro azioni. Indossavano camicie azzurre e giravano armati. Arrivò ad essere ben conosciuto, e lo si riconosceva dalla sua tonsura e dalle sue medaglie. Inoltre, erano incaricati di catechizzare i nuovi detenuti de Las Cocheras. Si chiamavano padre Tirso e padre Baladròn. Le sue omelie erano minacciose. Una frase che ripeteva continuamente e che restava impressa nella memoria dei detenuti era: «Siete passati attraverso un setaccio largo; ora passerete per un altro più stretto, e alla fine non ne rimarrà nessuno.» C'erano persone che ne avevano paura, e prendevano la comunione, pensando che così i preti avrebbero fatto delle buone segnalazioni e avrebbero potuto uscire, però si sbagliavano di grosso, perché quei preti volevano davvero che non rimanesse nessuno.
(Testimonianza di J.P.R., detenuto a Las Cocheras)
Padre Cid, aggregato al Cárcel Nueva, celebrava la messa obbligatoria, infamava e umiliava i detenuti e li obbligava a ricevere i sacramenti quando stavano per fucilarli. Più tardi fondò un Padronato per i minori, dove finirono molti figli di quegli stessi fucilati, che lui intendeva "rieducare". Quel luogo, «Cristo Rey», venne finanziato con il lavoro schiavistico dei detenuti.
Rufino Caldevilla, parroco de La Magdalena e nipote del canonico Valero Caldevilla, partecipò in un attacco di patriottismo alla presa dell' Alto del León, secondo la testimonianza di J.L. Galindo, un falangista che stava lì insieme a lui; girava armato. Era un allegro chierico ... me lo immagino mentre spara fucilate e l'immagine non mi sconvolge ... Quando tornò a Valladolid e riprese a farsi carico della parrocchia, denunciò i vicini che dal suo punto di vista erano "indesiderabili". Già prima si era mostrato belligerante contro i settori della sinistra, e quando ci fu il golpe collaborò efficacemente: denunciò personalmente la famiglia di Heraclio Conde, che venne fucilato insieme ai suoi due figli.
(Testimonianza di Conde Conde)
Eladio Tejedor Torcida, parroco di Barcial de la Loma en 1936, era contro la gente di sinistra dopo l'avvento della Repubblica. Quando ci fu il golpe, il sindaco imposto dai golpisti fu Vicente Vázquez de Prada, che era un favorevole a che quelli di sinistra venissero arrestati e consegnati, ma che era contrario a che venissero ammazzati. Il prete insistette sulla necessità di «ripulire il villaggio, come si sta facendo in tutti i villaggi qui intorno», e alla fine si fece così. Questo prete, dopo aver indotto all'omicidio del sindaco eletto, Modesto Rodriguez, obbligò la vedova a battezzare il figlio di questi e di cambiargli il nome che il padre gli aveva imposto (Besteiro). Un'altra azione di questo prete fu quella di sposare, in extremis, Florencio Sinde, distrutto per le torture che aveva ricevuto, con le braccia e le gambe spezzate, e incosciente nei sotterranei del municipio di Barcial; l'uomo si era sposato col rito civile, e prima che morisse, chiese che venisse portata lì la moglie e li sposò con il rito religioso.
(Testimonianza della moglie)
Florentino, curato di Bocigas, accompagnava le pattuglie di assassini, secondo lui per confessare le vittime.
Lorenzo Pérez González «Lucilina», è stato uno dei massimi responsabili dei fatti di sangue avvenuti nel villaggio di Villabáñez. Aveva un confronto diretto con gli abitanti che avevano idee di sinistra e con la Corporazione Municipale; interveniva nelle questioni politiche e sui temi economici, come la gestione del patrimonio comunale; diede vita ad un sindacato cattolico, con il quale interveniva alla Casa del Popolo ... Il suo arcivescovo, Gandásegui, arrivò a dire che «aveva avvelenato il popolo». Nel 1936 denunciò le vittime e non mosse un dito per fermare la repressione scatenata contro gli abitanti del villaggio, sebbene salvasse coloro che gli sembrava opportuno, dimostrando che avrebbe avuto il potere di fermare il massacro.
José de Rojas Martín, esercitava come parroco a Castrillo Tejeriego, dove firmò la lista di quelli che dovevano essere eliminati. La madre di questo prete andava dicendo per il villaggio che «bisognava fucilare i figli dei detenuti, perché avrebbero preso la stessa strada dei loro padri».
Sergio Martín Martín, originario di Medina de Rioseco, dove collaborò a stilare le liste di quelli che dovevano morire, era parroco a Castromonte. Nel luglio del 1936 andò nelle Asturie, da dove ritornò a metà del mese di settembre, e fu allora che si scatenò la repressione a Castromonte. Molti testimoni gli attribuiscono responsabilità diretta nelle morti avvenute a Rioseco e nella zona di Santa Espina, oltre a quelle verificatesi a Castromonte.
Ictinio, parroco di Tiedra, aiutò a stilare le liste delle vittime; collaborò con i falangisti della cittadina, e fu direttamente responsabile dell'assassinio di David Criado, un suo concittadino che era tornato a casa dopo la guerra.
Bibiano di Campo Mucientes, originario di Villalba de los Alcores. Era parroco a Wamba, al momento del golpe. Collaborò, stilando liste, ed anche materialmente: portando le corde per legare i prigionieri.
Pablo Rojo era parroco a Mojados. Nei locali del municipio si trovavano detenuti una cinquantina di abitanti. Il 25 luglio, i falangisti decisero di ammazzare molti di loro. Il prete si recò nella prigione e cercò di confessarli con inganno e minacce. Nonostante gli appelli dei familiari, di fronte alla prospettiva di un gran numero di orfani, e nonostante il fatto che il prete sapesse che erano tutti innocenti e che gli omicidi sarebbero avvenuti senza giudizio e senza nessuna difesa legale; Pablo Rojo collaborò con gli assassini finché l'ultimo detenuto non salì sui camion. Poi vennero portati al ponte che segnava il confine della cittadina, e lì vennero fucilati. Qualcuno non morì e cadde nel fiume ancora vivo. Ma venivano finiti. Uno di loro, J.N., arrivò ancora ferito, trasportato dalla corrente, a Coto del Cardel, dove una guardia del campo lo finì con il suo fucile.
Andrés del Amo, di Saelices. Fu il mandante principale dei crimini commessi a Villacarralón, dove era parroco, dove segnavala i concittadini che secondo lui erano pericolosi. Anni dopo la guerra, arrivò in città il nuovo prete. Uno dei figli di Petra Cimas, assassinata da una pattuglia proveniente da altri villaggi davanti agli occhi dei suoi due figli, lo riconobbe come membro della pattuglia. Il prete si chiamava Jesús Ceinos Casero, e venne riconosciuto da altri abitanti del villaggio come uno degli uomini che andavano a prendere la gente nelle loro case nell'estate del 1936, vestito di azzurro e armato di fucile.
Teodosio era il nome del parroco di Quintanilla de Abajo. Quando venne chiesto l'indulto per i condannati a morte, disse, davanti alla porta della chiesa davanti a molti abitanti, che se fosse stata commutata la pena, avrebbe bruciato la sua tonaca.