![Gelato Italiano, with two tower-shaped biscuits. Gelato Italiano, with two tower-shaped biscuits.](http://m2.paperblog.com/i/39/396590/i-scream-you-scream-we-all-scream-for-italian-L-xEHW39.jpeg)
Image via Wikipedia
L’estate è alle porte e il desiderio di gustare un buon gelato diventa sempre più un’esigenza per contrastare il caldo e la secchezza delle fauci. Il gelato è un dessert diffuso in tutto il mondo e affonda le sue origini addirittura nel periodo medioevale, anche se non è difficile immaginare che anche prima qualcuno, miscelando neve, latte e frutta, abbia “inventato” un sistema efficace per conservare i prodotti freschi, scoprendo allo stesso tempo una dolce e succulenta alternativa al solito pasto.
Nella moltitudine di varianti note e meno note, sorbetti, granite, semifreddi, e chipiùnehapiùneaggiunga, si rende necessaria una precisazione: gelato e ice cream sono due prodotti molto diversi, una distinzione certificata dalla presenza delle rispettive voci nella wikipedia anglofona, ma soprattutto da uno studio condotto da alcuni ricercatori della Kansas State University e pubblicato sul Journal of Sensory Studies.
La similitudine tra gelato e ice cream è solo apparente, e le differenze riscontrate dagli esaminatori tra i due prodotti risultano decisamente marcate. In questa ricerca sono stati confrontati gelati alla frutta, alla vaniglia e al cioccolato, provenienti da rivenditori statunitensi e italiani (fiorentini per essere precisi), costruendo una serie di valutazioni che hanno richiesto lo sviluppo di un lessico dedicato per l’espressione delle sensazioni provate dagli assaggiatori, in modo da rendere il giudizio il più accurato possibile.
In questo lessico sono stati individuati ben 42 termini fra descrittori e definizioni. Ad esempio sono stati considerate la viscosità, la densità, la copertura del palato, la longevità del gusto, l’impatto, le proprietà di fusione e molti altri attributi gustativi percepibili durante la consumazione e utilizzati da un panel di assaggiatori professionisti dal Sensory Analysis Center che hanno partecipato allo studio.
In generale è stato possibile attestare che il gelato italiano è risultato più gradevole per la maggior parte dei suoi aspetti qualitativi, sia per quanto riguarda il sapore che per la pienezza del gusto rispetto ai gelati americani. In particolare, i gelati alla frutta italiani risultano meno amarognoli e aciduli, ma anche meno dolci. Al contrario i gelati al gusto di vaniglia e cioccolato sono risultati più dolci e associati ad una maggiore sensazione di densità, inoltre è necessaria una minore forza per comprimere il boccone tra lingua e palato.
![I scream; you scream; we all scream for … italian gelato! I scream; you scream; we all scream for … italian gelato!](http://m2.paperblog.com/i/39/396590/i-scream-you-scream-we-all-scream-for-italian-L-HIQG8j.jpeg)
Secondo H. Douglas Goff, esperto “gelatologo” e professore di scienza dell’alimentazione della University of Guelph, Ontario, in effetti non ci sono vere e proprie reazioni chimiche quando si prepara un gelato, ciò tuttavia non significa che esso non sia pieno di chimica!
Da una prospettiva meramente chimico-fisica, il gelato possiede la struttura di un colloide, una via di mezzo tra una soluzione omogenea e un miscuglio eterogeneo. Piccolissime bollicine di gas e minuscoli cristalli di ghiaccio sono dispersi tra acqua liquida e una fitta rete di globuli di grasso, con una struttura che contribuisce largamente alla percezione finale del gusto. Inizialmente il grasso del latte esiste sotto forma di piccoli globuli, sui quali sono presenti proteine che agiscono come emulsionanti per mantenere il grasso in una dispersione destabilizzata. Questo effetto inizialmente era ottenuto tramite l’aggiunta di tuorli d’uovo, ma in seguito sono stati impiegati emulsionanti più elaborati, specialmente a base di mono- e di-gliceridi per ottenere una struttura più performante. Talvolta nelle preparazioni industriali si utilizzano esteri del sorbitano.
Nella preparazione, l’agitazione tramite apposite fruste consente l’inclusione di aria all’interno dell’impasto, agevolando un fenomeno chiamato coalescenza, che consente l’ulteriore stabilizzazione del sistema complesso formato da aria, grasso e acqua.
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Fondamentale, come già detto, è anche la dimensione dei cristalli di ghiaccio, che conferiscono una consistenza morbida e dipende dalla velocità con cui si raffredda l’impasto cremoso. Un raffreddamento lento produce pochi cristalli di grandi dimensioni, mentre un repentino congelamento provoca la formazione di un elevato numero di siti di nucleazione, e di conseguenza un gran numero di piccoli cristalli. Purtroppo per i gelati industriali, o quelli freschi non consumati immediatamente, la perdita della catena del freddo provoca la fusione e la successiva riformazione dei cristalli di ghiaccio in dimensioni maggiori, che compromette largamente la qualità finale del prodotto. Questo inconveniente viene in parte limitato con l’aggiunta di stabilizzanti, come la gomma di guar o la carragenina, che prevengono anche il collasso delle bolle d’aria e consentono un buon rilascio del gusto anche dopo un lieve shock termico.
I gelatai di solito sviluppano le proprie ricette attraverso numerose prove ed altrettanti errori, e la chimica spesso risulta importantissima per il conseguimento di un prodotto di successo. Ad esempio il bilanciamento di aromi liposolubili con quelli idrosolubili può portare a differenze sostanziali nel prodotto finale, un processo che non può essere alla portata di una piccola gelateria artigianale, ma che può migliorare di gran lunga con la ricerca e lo studio di produzioni esistenti con indubbi benefici anche per i piccoli artigiani. Le formulazioni per un gelato di successo sono in continua evoluzione.
![Cats scream for ice cream! I scream; you scream; we all scream for … italian gelato!](http://m2.paperblog.com/i/39/396590/i-scream-you-scream-we-all-scream-for-italian-L-hJZV12.jpeg)
Fonti:
THOMPSON, K., CHAMBERS, D., & CHAMBERS IV, E. (2009). SENSORY CHARACTERISTICS OF ICE CREAM PRODUCED IN THE U.S.A. AND ITALY Journal of Sensory Studies, 24 (3), 396-414 DOI: 10.1111/j.1745-459X.2009.00217.x