Ieri ho avuto una piacevolissima conversazione con una mia cara amica (psicoterapeuta e counselor per l’infanzia e l’adolescenza), su quelli che lei chiama “segnali di fumo dei bambini”. Conversazione convalidata da un suo articolo, pubblicato sul mensile Obiettivo Salute - Vicenza & Provincia del mese di marzo 2013. In quest’epoca, in cui qualsiasi dolore o disturbo vengono trattati come problemi da “risolvere” farmacologicamente, tendiamo a dare poca importanza all’origine di esso, perdendoci nell’immediatezza e cioè, facendo uso di sostanze e medicinali che, il più velocemente possibile, ne neutralizzino l’effetto. Spesso queste direttive comportamentali ci vengono consigliate dal medico stesso e dal pediatra, professionisti che raramente analizzano la malattia come un armoniosa integrazione tra condizione fisica, mentale e sociale, cadendo quindi sul mero trattamento farmacologico. Tuttavia ci sono determinati disturbi o malattie, risultato di una concausa di manifestazioni, da tempo espresse ma mai realmente prese in considerazione, da parte di bambini che, a volte, ancora non parlano o non si spiegano bene, oppure da parte di ragazzini, che non parlano di proposito, soffocati dal loro stato evolutivo di negazione, apatia e depressione chiamato adolescenza. Non accorgersi che c’è qualcosa che non va è pericoloso non solo per loro, ma anche per la famiglia stessa ed è una responsabilità evolutiva che un genitore si deve prendere. Anche per questo, è necessario accompagnare, il più possibile, i nostri figli nei vari stadi evolutivi e condividerne gioie e dolori attraverso il meraviglioso potere dell’ascolto e della pazienza.
Di seguito riporto quanto scritto nell’articolo:
- Racconta bugie: le bugie servono per un bimbo piccolo (fino ai 5-6 anni) per allontanare il bimbo cattivo che è stato, tornando ad essere il bambino buono che vorrebbe essere per la mamma. Possiamo parlare di vere e proprie bugie a partire circa dai 6 anni. Solo allora divengono intenzionali con lo scopo di ingannare. Spesso sono, dopo i 6 anni, la sperimentazione della propria capacità e potenza intellettuale.
- Ruba: prima dei 5-6 anni il bambino prende oggetti, in particolare dalla madre o dalle persone o luoghi che sente materni cioè che pensa siano anche suoi. Poi diviene più consapevole. Nel furto infantile troviamo rabbia, risentimento, come se dovesse risarcirsi da solo di qualcosa che manca.
- Fatica a parlare: dopo aver verificato eventuali complicanze organiche, bisogna sapere che il linguaggio è uno strumento di indipendenza e separazione dalla mamma. Il bambino deve essere sostenuto nella sua autonomia e nella sua possibilità di sentirsi sicuro anche senza la costante vicinanza e sostegno della mamma per sperimentare le parole e il linguaggio. Le balbuzie sono generalmente un sintomo passeggero entro i primi anni di vita
- Tic, vizi, piccole manie: molto comuni, soprattutto, in età scolare, sono disturbi transitori che compaiono nei periodi di maggior tensione e servono per scaricare l’ansia. Nascosti sotto i tic ci sono motivazioni psicologiche profonde che parlano, ad esempio, di aggressività, ansia repressa, insicurezza, bisogno di consolazione, bisogno di controllo
- Aggressività: è una forza necessaria che ci permette di alzarci dal letto, studiare, lavorare, nutrirci, insomma di vivere. Inizialmente il bambino riversa aggressività nei confronti di chi ama di più (sin dai primi momenti di vita cerca e si attacca istintivamente alla mamma) o sul suo giocattolo preferito. Solo quando il bambino ha la consapevolezza di fare del male con i suoi attacchi compare il senso di colpa (24-36 mesi). E’ grazie al senso di colpa che il bambino deve imparare a conoscere, che emerge il desiderio di riparazione e la spinta a trasformare le energie aggressive in forza vitale per costruire anziché distruggere
- Non sta mai fermo: non riesce a divertirsi con un gioco o in un’attività: deve continuamente cambiarla, passando di gioco in gioco senza fermarsi e senza svagarsi fino in fondo con ciò che sta facendo. Si stanca presto. Ha reazioni aggressive e violente quando deve esprimere un’emozione o un disappunto. Non riesce a controllare i suoi impulsi
- Fa la pipì a letto: di giorno è un bambino vivace e tranquillo, senza problemi. Di notte fa ancora la pipì a letto. Per lui è un segreto vergognoso che contrasta con le sue virtù pubbliche. Per i genitori è fonte di preoccupazione. L’enuresi (così si chiama), avvenendo di notte, è come i sogni. E’ un modo che il corpo ha di far emergere messaggi intimi e profondi che il bambino non riesce ad elaborare mentalmente come avviene per i sogni. E quindi involontariamente non è in grado di decidere se trattenere o rilasciare la pipì.
- Fatica a dormire: molte possono essere le cause dei disturbi del sonno. Ne elenco alcune. Una volta intervenute su queste il sonno diventa più tranquillo e sereno: alterazione dei ritmi di vita genitori e famigliari (cambio del lavoro, separazioni, conflitti, inclusione in casa di parenti per prolungati periodi, ..) oppure cambiamenti di situazioni personali (traslochi, ferie, cambio di scuola, ..) oppure rifiuto della scuola (ma il disturbo scompare durante la vacanza) e una lieve depressione
- Problemi di pelle: si cerca di proteggere la pelle dagli agenti esterni con creme e lozioni e ci si riesce. Non si riesce però a proteggerla da agenti interni: stati d’ansia, malessere, inquietudine a cui il bambino non riesce ancora a dare parola. Il corpo parla per il bambino come del resto avviene in adolescenza e anche da adulti. Spesso il bambino esprime disagi e angosce attraverso la sua pelle
- Succhia il dito/ciucco è uno strumento di soddisfazione e consolazione. E’ un piacere occasionale a cui ricorrere per consolarsi nei momenti difficili della giornata quando viene rimproverato, quando si fa male, quando ha bisogno di coccole, quando è il momento dell’addormentamento.
- Non guarda mai negli occhi: lo sguardo è relazione. La difficoltà di guardare le persone negli occhi esprime una fatica nel creare e mantenere relazioni significative, dei legami importanti e stabili necessari per vivere.