Guidavo ma ero ancora avvelenata per il giorno trascorso , sentivo il lucido sulla pelle e l’odore delle parti cave – l’inguine, le piccole conchiglie delle ascelle – salire a seconda dei movimenti nell’abitacolo. La macchina sapeva di giornali e foglie impastate di terra, allora per simpatia sono scesa perché non potevo sopportare di stare dell’altro seduta e ho scelto nel bosco una collana di foglie. Un capriolo ha fiutato l’odore forse malato della gente rinchiusa, ha volteggiato sulle unghie e tremato nell’aria finché non è rimasto un velo e una breve sensazione di umido e menta, come di rugiade, poi ha guadagnato il ciglio ed è scomparso.
Ho continuato a guidare fino a casa ma poi non so cosa è successo, la sera è arrivata subito e avevo già alle calcagna il giorno venturo e ho avuto paura, ho preso la corda dal chiodo conficcato vicino alla porta , ho legato il cane e l’ho portato nel bosco.
Ogni passo sollevava un odore leggero di erbe e di orina. I noccioli, gli sterpi, i rami biondi delle robinie tremavano al passaggio di molti corpi, di gruppi di tante piccole zampe. Slanciandosi verso le prede il cane mi tagliava la strada, le dita scricchiolavano nella stretta del guinzaglio ma eravamo entrambe concentrate e in silenzio finché siamo arrivate alla radura, l’aria era tiepida e vidi qualcosa che non mi era mai capitato.
Una lingua azzurra si levava dall’erba imperlata. Sono rimasta davanti alla spira di luce mentre saliva , lunghe plaghe di nuvole veleggiavano intorno e le stelle erano calme mentre nasceva e impennava un’altra volta sulla terra un altro dei loro misteriosi sentieri celesti. E ho pensato ai molti fuochi, alle danze, alle tuniche sacre e ai giochi dei corpi che hanno acceso o bagnato la terra, tutti gli occhi che forse hanno visto le stesse cose senza capire o che, terrorizzati, si sono convinti di aver visto solo alberi e animali dove invece scorreva la torrentizia presenza di qualcos’altro. Poi ho sentito umido e molto caldo mi sono accorta che le mani erano del tutto spaccate dal guinzaglio e il cane si lanciava verso i crepacci e gli sterpi. Allora mi sono trascinata vicino la luce e ho toccato un sasso. Una striscia di sangue violetto è fiorita sulla roccia chiara, la mia mente diurna ha pensato di averlo sporcato, ma subito dopo questo pensiero si è accartocciato come una sfoglia e mi sono accorta che avevo paura così ho corso più che potevo, strattonando il cane, tenendo il guinzaglio ormai viscido. E desiderando casa.