La “performance” di Uncle Fred veniva eseguita in uno spiazzo improvvisato, proprio a due passi dalla mia postazione. L’arzillo ottuagenario posava per terra un espositore di locandine teatrali in lamiera che, opportunamente privata dell’asta di sostegno, fungeva da pedana per l’abile e veloce danza del vecchietto. Ed altrettanto abile e veloce, subito dopo la sua danza, passava col cappello per le offerte. E non mancava mai di ritirarlo colmo di monete.
Un giorno capii che “Uncle Fred” doveva agire con l’aiuto di una vedetta, perché lo vidi piantare in asso il suo folto crocicchio di estemporanei spettatori (che immancabilmente si formava richiamata dal ritmo sonoro dei suoi passi di danza), e dirigersi svelatamente verso di me, mimando con rapidi gesti della mano destra, la richiesta di una bibita.
Sollevò appena gli occhi dal bicchiere di aranciata, che gli avevo prontamente offerto, al passaggio di una ronda di bobbies che, interdetti e sospettosi, osservavano quel drappello di spettatori ondeggiante attorno a un cartello rivoltato senza senso per terra.
“Uncle Fred”, in quell’occasione, mi raccontò di come, ballerino di provincia, aveva tentato senza fortuna il grande salto nella capitale. Non essendo stato capace di leccare il culo a nessuno, era rimasto nell’anonimato. E quando mi disse la sua età, volli chiedergli il segreto della sua sorprendente agilità; mi confessò che si teneva in forma con una prima colazione a base di thè, prosciutto, toasts imburrati e uovo sodo, senza alcool né fumo.
Non feci in tempo a chiedergli altro perché si allontanò, dopo avermi dato un’affettuosa e leggera gomitata di intesa, lasciandomi con quel bicchiere vuoto in mano, a pensare a come la vita ci sballotta, tra alterne fortune, spinti da una forza inarrestabile, misteriosa e lontana.
Fine del Capitolo III……..CONTINUA………