Nel mio punto vendita dei gelati, a Leicester Square ero diventato un punto d’incontro e mi sentivo al centro del mondo, in modo semplice e naturale, giusto così, per amicizia, senza fare grandi cose, in realtà, ma mi sentivo importante che tanti si riferissero a me, magari solo per dirmi: “Hai visto Tizio? E’ passato Caio? Che ne è stato di Sempronio? “ e così via.
E gli amici chiamavano amici, così che presto si formò un giro dove orbitava praticamente tutto il mondo occidentale: inglesi, italiani, francesi, irlandesi, svizzeri, canadesi, australiani, nordamericani e sudamericani, sudafricani, israeliani, tutti si davano appuntamento a Leicester Square o semplicemente ai gelati e non ci si annoiava mai. Tutti uniti nel nome della madre lingua inglese da studiare, chi la sera, part-time; chi, più ricco e fortunato, la mattina o a tempo pieno, ma tutti nel nome della grande fratellanza del Movimento Rock(vera o fasulla che essa fosse), del grande sogno che non muore ma, l’eterna speranza di chi si vuole illudere che il mondo possa diventare un giorno degli umili, dei poveri, degli ultimi.
Né mancavano gli stanziali; a parte gli habituès di Londra: Michelle, Martine, Mino, un veneto simpaticissimo che era stato in Belice come volontario, ad aiutare i terremotati; Artemio, sempre più infigato e pazzo che si era messo con una svizzera nevrotica e suonata (e finalmente scopava da mane a sera, anche se sembrava non bastargli mai) ed altri ancora.
C’era anche “Mephisto”, il giornalaio, che aveva la sua postazione poco distante dalla mia, quasi in Coventry Street e che quando aveva un po’ di tempo, tra un’edizione e l’altra dell’Evening Standard si avvicinava a chiedermi se volevo una tazza di thè e mi raccontava un sacco di storie, raccolto nel suo giubbotto di jeans, curvo sulle spalle e leggermente claudicante, con quei capelli rossicci e appiccicosi, il viso eternamente scuro per il sole, lo smog e per la barba che doveva radersi una volta alla settimana e con l’eterna sigaretta tra le labbra emaciate e sottili.
E c’era Elton, un ragazzo di Liverpool che distribuiva inviti ai passanti per conto di una discoteca di Soho, con il quale stringemmo una simpatica amicizia. Tornarono inoltre Fred, il ballerino e tutti i vecchi personaggi con l’aggiunta di nuovi, quali il trio jazz band, tre simpatici vecchietti che arrotondavano i magri emolumenti della Social Security con una fisarmonica, una tromba ed il terzo con un cappello in giro per i soldi; Tod, il violinista paralitico, romantico e melodico che suonava solo la sera; Woodie, un vero blues-man, che girava per le piazze con un tamburo sulle spalle azionato con il piede destro, l’armonica fissata sul collo tramite un telaio di leggero metallo e naturalmente la chitarra.
……-continua……