INTRODUZIONE
Questo sarà un post bello lungo e penso che in pochi lo leggeranno o, almeno, lo leggeranno tutto. Più che altro si tratta di uno sfogo, non mi sono preparato nulla, andrò a ruota libera mettendo su foglio elettronico quello che penso e sento da un po' di tempo a questa parte. Per facilitare questa lettura disorganica, tenterò di organizzarla in paragrafi strutturati, ma solo dopo aver scritto, per non perdere di naturalezza. Se vorrete leggere e esprimere il vostro parere sull'argomento ben venga, cliccate su "continua a leggere". Altrimenti arrivederci al prossimo post "normale".
I SOCIAL NETWORK, FACEBOOK E LA REALTA' 2.0
Qualche giorno fa mi è venuta voglia di riguardarmi The Social Network, uno di quei film di David Fincher che io definisco thriller atipico, ovvero in cui la struttura del thriller viene utilizzata per tutt'altro genere. in questo caso un ibrido tra il biopic e giudiziario, dando risultati inaspettati. Eppure, riguardando questo film per la prima volta dopo molti anni (la prima è stata nel 2010, l'anno di uscita), mi sono accorto non solo di non averlo mai recensito quanto, soprattutto, di come le cose siano cambiate. Se non sbaglio è stato nella recensione di Unfriended che ho parlato della realtà 2.0 e di come reale e virtuale si stiano lentamente confondendo, amalgamando, mischiando. Di come il virtuale si stia lentamente sostituendo al reale nella vita di ogni giorno. E' stato poi in Ex Machina che ho accennato ad un futuro in cui l'artificiale prenderà lentamente il sopravvento, fenomeno che credo sia già in atto: è ormai chiaro che la realtà social si è rivelata una realtà artificiale esplosa definitivamente con il fenomeno Facebook. Specifico definitivamente perché Facebook, nonostante quel che possa pensare la gente nata tra il 2000 e i giorni nostri, non è stato il primo esempio di social network. Prima ci sono state le mailing list, i forum, le chat, i C6 e gli MSN (poi divenuto Windows) Messanger vari. Poi fu il tempo di Friendster e infine di My Space, rispettivamente il primo social vero e proprio e il primo social di massa. Una diffusione che ovviamente coincise con l'espandersi della banda larga, delle connessioni ADSL, del motto "un computer in ogni casa" e così via. In ogni caso questo modo social di vivere il web era limitato perché i social, in realtà, non venivano usati per comunicare - quello è avvenuto dopo - ma per altri scopi: farsi conoscere come artista da un pubblico più ampio, scaricare musica (chi si ricorda della chat di Napster?), partecipare a forum con argomenti ben precisi, comunicare con persone che già conoscevamo. La comunicazione per se stessa, estemporanea, tra estranei di città, paesi o mondi diversi, arriva solo dopo, anni dopo persino la nascita di Facebook, che fu creato con lo scopo di far comunicare (e scopare, ammettiamolo) gente all'interno dei vari micromondi universitari.
Eppure, dicevo, riguardando The Social Network mi sono reso conto di quanto le cose siano cambiate. Nel film una tizia recita una battuta che dice pressappoco "è così figo che vado su Facebook persino cinque volte al giorno". Una frase che adesso farebbe un gran bel ridere considerando che l'attuale utente non va più su Facebook, ma ci vive in simbiosi attraverso tablet, smartphone, app. Il social network è diventato sempre aperto, parte fondamentale del quotidiano di ognuno, a livelli diversi (certo), in modi diversi. Non siamo più noi che entriamo in Facebook ma è Facebook che entra nelle nostre vite tra notifiche, messaggi, giochi e inviti ad eventi. E nel momento stesso in cui è successa una cosa del genere, noi siamo entrati nell'era della "realtà 2.0".
I SOCIAL, YOUTUBE E LA COMUNICAZIONE SEMPLIFICATA
Ormai di social network ce ne sono un'infinità. Facebook, Twitter, Google + (che però utilizzano gli "addetti ai lavori"), ask.fm, Linkedln (che è qualcosa di leggermente diverso), Friendster, Netlog, Youtube. Solo per fare pochi nomi. La nostra vita sociale è sulla rete e, se non lo è, finisce sulla rete. I social hanno cambiato il modo di comunicare e sono cambiati in base al modo di comunicare, perché se prima la comunicazione era soprattutto scritta, "grafica", adesso è audio/video. Pensiamoci bene: all'origine c'erano gli SMS. Si scriveva per comunicare. Un tipo di scrittura che si è
IL WEB: LEGGERE E' FATICOSO
La rete è (era?) il luogo dell'informazione libera. Certo, un tipo di informazione confusionaria in un posto dove chiunque può dire la propria e che quindi ti impone una certa consapevolezza intellettuale: scremare il cioccolato dalla merda, cercare le fonti, porsi in maniera attiva nei confronti di quel post, quell'articolo, quel sito o quell'autore. Un tipo di informazione non più "generalista" ma settoriale, con quel blog sul cinema e quel canale sui fumetti, quel forum sui libri o quel sito sulla cucina thailandese. Epperò l'informazione era per lo più scritta e quindi comportava che qualcuno la scrivesse e qualcun'altro la leggesse. Inutile prendersi in giro: in questo caso è necessario che chi scrive sappia scrivere e chi legge sappia (cosa non così scontata) leggere. Poi, a un certo punto, questo sistema comunicativo è andato in crisi per i motivi di cui sopra, perché leggere è diventato troppo faticoso, chi sa scrivere si conta sulle dita di una mano e allora vai di figure e di foto, vai di voti, vai di sintesi o di PRO e CONTRO. Intanto la crisi ha portato alla ribalta un nuovo modo di comunicare, quello dei video.
YOUTUBE: YOUTUBER ERGO SUM. PERCHE'?
Youtube impera. gli youtuber sono i nuovi comunicatori. Prima sul tubo si andava per ascoltare musica, per recuperare trasmissioni televisive, vecchi film, nuovi talenti o soltanto per mettere il proprio video personale, una ripresa col cellulare, quello della prima comunione. Ora invece su Youtube si fa intrattenimento e gli youtuber sono diventati intrattenitori. Non sono contrario alla cosa, sia chiaro, penso anzi che sul tubo ci sia tanta gente di valore che comunica qualcosa, che offre servizi. Io stesso ho un canale Youtube che aggiorno ogni morte di papa e in cui non compaio personalmente ma che mi permette di fare cose che sul blog non potrei fare. Questa piattaforma offre inoltre la possibilità di crearsi un lavoro, creare guadagni, creare possibilità. Meglio della TV. Stimo personaggi che seguo come Dario Moccia, i The Pills, Frusciante, CineFollie, Claudio Di Biagio (quello di Dylan Dog - Vttima degli eventi), Scottecs, iPantellas o i The Jackal. Ci sono personaggi che stimo meno ma che hanno avuto il coraggio di farsi da se e crearsi "successo" e reddito senza il classico calcio nel culo all'italiana, gente come Yotobi insomma o Frank Matano, Dellimellow o Dexter. Persone che si preparano, girano, montano. Che devono combattere contro i temi più di moda o la pigrizia degli utente che un video di mezz'ora non lo vuole guardare. Ripeto e voglio che sia chiaro: non critico queste persone, i personaggi o il mondo di YT. Critico chi vive in questa realtà 2.0, critico amici, critico me stesso. Perché nel mondo della comunicazione semplificata dove nessuno legge e tutti voglio "tutto e subito" c'è sempre meno spazio. Perché se mi critichi quel libro, quell'autore, quel film o quel fumetto io vengo da te e ti offendo anche se ho letto solo il titolo. Perché le cose importanti - gli argomenti importanti - non contano quanto il nuovo gioco uscito. Perché la rete è libera e io ti offendo o perché non so scrivere in italiano corretto ma chissene, scrivo lo stesso. Perché tutti, armati di telefono o videocamera, si sentono in diritto di fare video senza preparazione alcuna o perché vige la regola "parlo dell'argomento che va più di moda", anche senza passione. In cui il mondo dei blogger va a puttane, Perché in Italia il "blogger" non è una professione e lo youtuber sì? Perché bisogna scrivere post non troppo lunghi "altrimenti non ti leggo"? Perché tira più una foto di un carro di buoi o perché scrittori validissimi devono auto-prodursi e farsi un mazzo così mentre il libro di Francesco Sole diventa un bestseller? Perché diventa sempre più difficile vivere delle proprie passioni?
LA MORTE DEI BLOGGER
Esistono blogger validissimi che rimangono di nicchia, che raccimolano visualizzazioni, che hanno davvero qualcosa da dire e le dicono in modo perfetto. Basta guardare i blog utili segnalati qui su Combinazione Casuale. Basta andare a farsi un giro su quello di Elvezio Sciallis, solo per fare un nome. Eppure pochi, pochissimi, forse nessuno si ritrova con centinaia di migliaia di visualizzazioni su di un post, mentre il più scarso tra gli youtuber se ne ritrova centinaia per un videoacquisti dimmerda. Alzi la mano quel blogger che sì, ha fatto della sua passione una professione (no, i fashion blogger non contano) e esponga la sua esperienza. E voglio specificare che non sto affatto parlando di me o del mio piccolo spazio, troppo piccolo e scarso per poter rientrare in quanto detto poco più su (e se pure diventassi uno youtuber non mi cagherebbe nessuno). Il mondo del blogging è morto come è morta l'editoria italiana. I tempi cambiano, è evidente, ma i corsi e ricorsi storici ci permettono di riflettere su questi cambiamenti. Tanti anni fa, quando la realtà dei blog espose, si poteva fare un discorso simile paragonando il fenomeno allo status quo dell'editoria, della critica e dell'intrattenimento "tradizionale".
CONCLUSIONE: LA MIA PAURA
Quel che mi preoccupa veramente però è altro. Quel che mi preoccupa davvero è che questa comunicazione semplificata sta ingolosendo il sistema, che la rete libera, con tutte le sue potenzialità, sta attirando gente che con i suoi progetti creati a tavolino cerca di imporsi lì dove ad avere successo è chi si fa la sua gavetta, a volte scendendo a compromessi ma senza "spinte". La mia paura è che questi tentativi di limitare la libertà del web portino all'instaurarsi di un'oligarchia telematica. A quel punto nella realtà 2.0 si instaurerebbe una dittatura invisibile e subdola. E sarebbero veramente guai. Altro che Matrix.