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I sogni dipinti di Luisa Carlà

Creato il 12 gennaio 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

Charles Baudelaire definì l’arte come la creazione di una magia suggestiva che accoglie insieme l’oggetto e il soggetto, e dietro ogni quadro e ogni opera, c’è sempre un artista, una persona fatta di carne e con la testa sopra un cielo cosparso di sogni, come pensava Dalì, e a volte solo guardando a fondo un dipinto si possono rintracciare le voluttà e l’essere di chi lo realizza, come spiegò Klimt a chi voleva saperne di più su di lui.

Accostarsi all’arte è già un esercizio di stile. Non è facile, almeno per la sottoscritta, ostentare sicurezza mentre si osserva un’opera, che non sia una fotografia o un qualcosa di intrinsecamente immediato, ma bensì provare ad andare oltre la cortina del bello, quando si sta immobili e fermi davanti all’arte che si pone di fronte.

La prima volta che ho conosciuto Luisa, ho conosciuto prima di tutto i suoi quadri, Il ricordo di quella sala di un caffè a Lecce, in cui sgorgavano colori ammaestrati da chiari-scuri nitidi, nella visione di tutte quelle facce già note, inconfondibili, eppur nuove, ancor più icone di come già si mostravano, nella realtà.

Penso ai primi piani con occhi che riempiono l’immagine, quasi a fuoriuscire dalla cornice, a mangiare l’aria intorno, vivi, seppur malinconici, fieri e fissi sull’osservatore, con dietro dei giri cromatici ad addolcire quelle tinte nere e grigie di cui quei volti sono composti.

Quadri emotivi, comunicativi, non saccenti, non pretestuosi, vivi appunto. Di quell’energia che sgorga e che è pennellata dalla sottile mano di Luisa Carlà, giovane e talentuosa pittrice salentina, leggera e timida come le più leggiadre delle farfalle che un tempo lei seguitava tra un pennello, un giallo napoli, una spalla di una donna, o una foto di bambola.

Conoscere Luisa e il mondo che si porta dietro e che diventa magia, sulle sue tele, è qualcosa che lascia una sensazione di completezza, di forte appagamento emotivo e non solo artistico, di consapevolezza a tutto tondo di cosa muove gli intenti di una pittrice, e dove va a finire l’arte e dove inizia Luisa.

Racconto di un pomeriggio trascorso nel suo laboratorio, un luogo sospeso tra tendine colorate e grandi tele che spiccano dalle pareti, pronte a parlarti, a raccontarti tutto di loro. Perché Luisa è timida, preferisce che siano le sue creature a dire di lei, a portare la voce di chi le ha concepite. Quelle opere che continuano a stupirmi, nonostante le abbia viste prendere casa per mesi nel Caffè Letterario di Lecce.

Proprio quel Caffè divenuto portatore sano dell’arte di Luisa, in cui lei ha deciso di adibire la “sua” mostra: “volevo una mostra tutta mia, volevo esplodere, ero pronta”. Quell’aprile di un anno fa, in quel posto noto e frequentato, ad attendermi nel cuore di una fresca e barocca “Lupiae”, si è tenuta la prima esposizione di Luisa, che ne ha anche decretato il successo. “Non mi aspettavo quella cosa li, la gente, tutti che si complimentavano, volevano parlare con me, io che sono in grado di emozionarmi anche se mi viene detto un semplice Brava!”.

Luisa è delicata, al pari di una farfalla che non ha a caso ha rappresentato la sua anima in fieri nei primi anni della sua crescita professionale.

“La farfalla sono io… rappresenta una necessita di voler spiccare il volo, di trovare leggerezza.. i miei primi dipinti avevano sempre come leitmotiv una piccola farfalla colorata. La farfalla è il simbolo di una liberazione, contro la repressione che esprimevo in quei dipinti.”

È un incontro intenso, in cui sgorgano dei forti battiti d’ala, dei silenzi precisi, parole che rievocano una storia non solo artistica ma soprattutto intima, in cui la pittrice Luisa a volte fa spazio alla donna Luisa, mantenendo però uno speciale equilibrio, in cui si percepisce una forte voglia di volersi raccontare ma attraverso le tele, e proprio da qui chiedo il perché della scelta dell’uso delle icone, il perché di quello stile, di quel contrasto cromatico.

“Le icone sono i miti, le persone cui noi tendiamo perché loro hanno raggiunto vette altissime, ma sono anche personaggi a cui noi in potenza aspiriamo, qulle icone spesso sono racchiuse tra i nostri sogni.” Le chiedo il perché del chiaroscuro del volto, del primo piano, e dello sfondo nettamente cromatico e particolare, lei chiarisce le mie curiosità e spiega che le piaceva mettere al centro, in modo così forte ed espressivo i volti, dando loro però una tonalità che sapesse di malinconia, per poi venire addolcita dalla vivacità dello sfondo, dal mix di forme e dai colori volutamente scelti, “perché prima di scegliere i colori, tendo a studiare la vita dei miei soggetti, che sia Battiato o Iggy Pop, e ogni colore che uso per ognuno di loro è fortemente legato all’interpretazione che io ho dato delle loro vite e biografie.”

“Battiato, Twiggy, Tom York, David Bowie, Audrey, Patty Smith, fissati al centro del quadro con occhi grandi che tengono la scena. Per me sono importanti gli occhi, sono il vero filtro dell’anima, da lì parte la comunicazione emotiva, e i miei quadri devono emozionare. Non mi basta sapere che sono belli ma vuoti, come magari delle fotografie. Si deve scorgere qualcosa in più, perché solo l’emozione rende un’opera vera, e solo chi riesce a rendere le emozioni, attraverso la pittura, è il vero artista.”

“Io devo ricevere un messaggio da chi si accosta ai miei quadri, devo sapere cosa sentono, cosa riesco a trasmettere ai loro occhi, ho bisogno di conoscere cosa pensano, le sensazioni che provano quando guardano un mio dipinto”.

E a proposito di messaggi, di segnali, uno su tutti, forse il più inaspettato, certamente il più desiderato è giunto dal “maestro”, da Franco Battiato, quel Battiato che Luisa riesce a rendere in modo molto vicino alla perfezione emotiva nei suoi dipinti, quel Battiato che un giorno l’ha cercata.

“Un ragazzo che ha lavorato al sito del Maestro ha visto il quadro esposto al Caffè, ne è rimasto colpito e credo ne abbia parlato proprio con lui. Quest’estate, in occasione del concerto del maestro a Ostuni, sono stata contattata, e ho appreso che Battiato voleva incontrarmi. Non potevo crederci, quella che per me è una delle icone più importanti nella mia vita, con la sua musica, la sua delicatezza e la sua arte, voleva conoscermi. Allora decisi di realizzare un quadro solo per lui. L’ho incontrato nel dietro le quinte prima del concerto, gli ho consegnato il quadro, abbiamo parlato. Ma ho dei rimorsi di quell’incontro… non sono riuscita a dire e a comunicare al Maestro tutto quello che sentivo e volevo dirgli, troppo emozionante è stato quel momento, tanto da crearmi una specie di paralisi, ero bloccata, rapita dalla sua energia quasi ipnotica..”

Le chiedo di più, consapevole del fatto che per Luisa l’incontro con il Maestro ha rappresentato un momento unico, una conferma tra le conferme che lei ostinatamente ricerca in coloro che si accostano alla sua arte. E lei va oltre, e mi rilascia il contenuto della mail che ha inoltrato al Maestro prima del loro incontro.

Se avessi la possibilità di dire qualcosa al Maestro probabilmente ammutolirei.
Mi racconta da sempre:
Da quando camminavo scalza in riva al mare e il mio lavoro era costruire case con gli aghi di pino e pedalare senza mani, la droga più bella che avessi mai provato era l’odore del pane degli angeli e tutto di quei giorni adesso è un commovente mal d’africa sbiadito dal tempo.
Quando ti accorgi che crescere è un po’ morire e cambiare è doloroso, le sue parole sono stata luce.
Quando l’odore del pane degli angeli l’ho dimenticato e non c’ero piu’,annaspavo, il Maestro era quel posto fatto di suoni e parole in cui potevo sedermi e allontanare la disperazione,perchè le nuvole non possono annientare il sole e io ci credevo.
Quando il dolore si veste di saggezza e ci rende sereni c’è stato ancora,c’è e sempre ci sarà.
Se non l’avessi ascoltato non mi sarei laureata,o avrei fatto altro,ha ispirato la mia tesi sulla fisiognomica ed ho imparato a guardare me come se fossi un’altra, per conoscermi e comprendermi.
Se potesse sapere questo potrei anche morire il giorno dopoE Luisa è in grado di emozionare, mentre continua la nostra conversazione accompagnata da un bicchiere di vino rosso e dalle fusa della suo tenera gatta, che lei chiama L’amore mio, e mi rivela la sua devozione per i piccoli felini, che abitano i suoi giorni ( ne girano diversi intorno a casa sua, che lei cura con amore e coccole), costanti compagni di viaggi del suo tempo.

E Battiato ha apprezzato quel dipinto da lei portato in omaggio, quella tela con la camicia rossa, che quasi come segno del fato, era indossata dal Maestro quel giorno, il quale ha chiesto informazioni sulla tecnica, sul tempo di realizzazione, e con la sua voce inconfondibile ha detto: “mi fa quasi paura (il quadro)”, mentre Luisa accennava il suo “anche lei mi fa paura, Maestro”.

Luisa è in grado di emozionare, mentre continua la nostra conversazione accompagnata da un bicchiere di vino rosso e dalle fusa della suo tenera gatta, che lei chiama L’amore mio, e mi rivela la sua devozione per i piccoli felini, che abitano i suoi giorni ( ne girano diversi intorno a casa sua, che lei cura con amore e coccole), costanti compagni di viaggi del suo tempo.

Mi racconta delle sue prime esposizioni, dell’esposizione collettiva organizzata con L’accademia delle belle arti di Lecce e dei suoi primissimi dipinti in cui figuravano donne nude, in tinta scura, sospese tra velata malinconia e afflati di solitudine, con la solita farfalla adagiata su quelle carni chiuse a riccio, acerbe e silenziose.

Le chiedo del progetto “Dream.pressed”, Sogni stampati, ossia l’idea di riportare le icone dei suoi quadri su magliette e borse di tela:

“ Dream.pressed è nato per caso, quando un anno fa Daniele (Pratolini, art digital director e socio insieme a Luisa del progetto Dream.pressed), mi confidò che gli sarebbe piaciuto “indossare” il mio quadro di Iggy Pop, così pensai di fargli un regalo, stampando il mio dipinto su una maglietta. Non feci in tempo allora, ma ne parlai in ogni caso con lui, il quale sembrò entusiasta di quell’idea e mi propose di realizzarla in vista della mostra di aprile al Caffè. E aveva visto giusto. L’idea ha riscosso un successo non previsto, abbiamo dovuto ristampare magliette e borse anche dopo la mostra perché abbiamo ricevuto tantissime richieste”. Si ferma Luisa, e io le chiedo che valenza abbia Dream.pressed rispetto a quello che lei fa, e cioè dipingere. “è un qualcosa che si aggiunge, è un modo per diffondere un concetto, per usare il marketing e sponsorizzare le mie opere, ma non è il fine, bensì il mezzo. Il fine è la pittura, è la mia vera priorità, è quello verso cui tendo…. se non dipingo mi sento in colpa, provo malessere,perché ho capito che quella è  la parte di me che si estrinseca e diventa corpo e anima.”

Dream.pressed è un progetto che a breve è pronto a ripartire, cambieranno i soggetti, perché Luisa è già in movimento, pensa alle sue prossime opere, a quelle che saranno le future creature del suo pennello. Me ne parla con un sorriso pieno di sole e tinte accese, mi fa vedere e mi racconta dei suoi ultimi quadri, questa volta fatti su commissione, e precisa: “Dipingo per me, ma se mi chiedono di realizzare una tela io lo faccio a patto che mi sia data la libertà di scegliere come realizzarla, mi sia data carta bianca, la possibilità cioè di ideare io il quadro, al netto del soggetto.”

Alla fine di questo racconto speciale, pieno di appagamento reciproco, di moti gioviali, rilassanti, in quel posto misto pop-surreale, in mezzo all’odore di pittura, saluto Luisa e le chiedo che fine abbia fatto la farfalla dei suoi esordi e lei, con occhi grandi, in nitida vista, come la più bella Audrey da lei dipinta, mi sussurra, “Non c’è stato più bisogno…ora mi sento davvero in uno stato di grazia, oltre ogni chiusura o repressione, ora mi sento davvero me stessa.”

Per info:

Luisa Carlà, mail: [email protected]

https://www.facebook.com/pages/DREAMPRESSED/141934312541409?sk=info

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