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La fine dell'anno si sta per avvicinare, e con lei anche le immancabili classifiche, motivo che ti spinge a guardare indietro, molto indietro, per vedere cosa hai lasciato di irrisolto nella tua lunga lista di visioni da completare.
Quando quasi esattamente un anno fa Walter Mitty uscì in sala, le diverse opinioni che sentivo in giro unite al mio scarso entusiasmo per Ben Stiller in generale, non mi avevano fatto accorrere al cinema. L'unico giorno disponibile, lo ricordo bene, se l'è giocato con Frozen, che per l'orario migliore e la durata più sostenibile nella lunga serata vacanziera già alle spalle, ha avuto la meglio.
Passate le settimane e i mesi, un sacco di altre pellicole sono passate davanti lo schermo, e Walter se ne è rimasto lì, tranquillo, ad aspettare il suo turno, in attesa che quelle classifiche venissero iniziate, che lo sguardo si volgesse indietro, e di parecchio.
Ora che il suo turno è arrivato, l'impressione è uguale al pregiudizio: Ben Stiller non mi convince, le opinioni di chi lo aveva esaltato e di chi lo aveva bocciato sono entrambe capibili.
Walter Mitty è un road movie, è un dramma con una spruzzata di commedia su un uomo solitario, è l'ennesima parabola sul cambiamento che porta un inetto e sognatore a svegliarsi e abbracciare la vita.
Fin qui nulla di nuovo.
Come un J.D. molto più stralunato e malinconico, Walter si incanta, o si incarta, iniziando a sognare ad occhi aperti fantasie quanto mai poco realizzabili in cui diventa un eroe, un superuomo che non si lascia certo abbattere dal fare prepotente del suo nuovo capo o un romantico macho che riesce a conquistare l'amore.
Walter è anche un serio lavoratore, sposato anche se solo idealmente la filosofia di Life, per cui è responsabile del reparto negativi da ben 16 anni. Ora, però, Life magazine sta per chiudere, il mercato e i costi per la realizzazione della rivista non si possono più sostenere, la rivoluzione digitale sta arrivando, e con lei anche sbruffoni che pensano di saper tutto, e di poter dirigere questo cambiamento.
Nella sua dedizione al lavoro, Walter ha instaurato un rapporto speciale con il fotografo schivo e solitario Sean O'Connell, e proprio a lui viene affidata l'ultima copertina dell'ultimo numero, rappresentando con il suo scatto migliore la quintessenza della vita.
Il negativo prescelto sembra però perduto, o mai stato consegnato, e la sua ricerca, unita al primo incontro con la donna che da più di un mese spera di poter avvicinare, portano Walter a seguire piste e indizi come in un giallo, uscendo dal suo guscio, abbracciando la vita con coraggio, come un sogno.
Come road movie Walter Mitty funziona alla grande, spostandosi dalla lavorativa New York alla fredda Groenlandia alla poetica Islanda, fino in Afganistan per poi tornare a Los Angeles, fotografando volte per volta i vari paesaggi al loro meglio, facendoceli respirare e desiderare.
Come dramma, Walter Mitty calca un po' troppo la mano sull'inettitudine del protagonista, mostrandocelo in tutta la sua pietosa figura di solitario che preferisce vivere di fantasie.
Come commedia, infine, Walter Mitty lascia spazio a troppi silenzi, a dialoghi non certo brillanti come sono invece la messa in scena delle fantasie, che quando lasciano campo alla realtà diventano fin troppo inverosimili, quasi più irrealizzabili dei sogni.
C'è infatti più di un problema logico nella logica della trama (la scalata dell'Himalaya in solitaria? il combattimento con lo squalo?) che se anche prese nel contesto fantastico del protagonista stridono.
Il viaggio che l'uomo intraprende, che è sia fisico che metaforico, sia verso il futuro sia verso il passato, è di quelli che coinvolgono, e quel finale, suggestivo e significativo, con quella foto che dà effettivamente senso al tutto, mostrandoci la quintessenza della vita, o di Life, soddisfa solo in parte un'attesa durata mesi (e parlo sia della mia, di attesa, sia di quella della realizzazione, il cui primo progetto risale addirittura al 1994).
Fortuna allora che un ironico Sean Penn, un'ironica e frizzante realizzazione unita a una colonna sonora DOC, piazzano qualche pezza e qualche pezzo cult al tutto, facendo di questi segreti una visione semplice e lineare, in cui Ben Stiller continua a non convincermi, in cui i sogni mostrati sono effettivamente la parte migliore di una vita, di un film.
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