Riceviamo in redazione una lettera firmata dal signor Antonio Santoro, sull’annosa discussione di quel che accade dopo una separazione o un divorzio.
“Andando oggi in giro per le città è facile vedere come il mondo sia socialmente cambiato. Le donne lavorano. E molto. Sono il 75% delle impiegate pubbliche. E anche nel privato, in qualunque ufficio o negozio è facile vederne in maggioranza. E’ normale anche che in una coppia o famiglia oggi lavorino entrambi i partner o sia lei sola a lavorare, o comunque a guadagnare più di lui. Tutto ciò è molto normale e avviene in un qualunque paese democratico.
Cio che è strano però è cosa accade nei tribunali: ogni giorno nelle circa 500 separazioni (quasi duecentomila/anno) una buona fetta di uomini che si trova a separarsi è disoccupato, o guadagna molto meno della compagna. Dovrebbe dunque scattare la ovvia solidarietà famigliare e quindi la maturazione di un assegno per l’uomo, che in 2 separazioni su 3 oltre che ex.compagno d’amore è anche padre di uno o più figli.
Ma questo non avviene. Se andiamo a vedere l’ISTAT sugli assegni divorzili leggiamo che i giudici obbligano a pagare solo gli uomini (95,5% del totale), e mai o quasi le donne (1,5%). Modalità lontane dalla realtà e dallo stato dei fatti.
Se è una donna o madre disoccupata l’uomo è obbligato a mantenerla con assegni (spesso per decenni, vitalizi) se è un uomo o padre disoccupato la donna non è obbligata, e nei rari davvero rarissimi casi in cui eroga un assegno appaiono in sentenza espressioni bizzarre come il “mantenimento a tempo” (6 mesi, poi ti arrangi..), talvolta addirittura umilianti rimarcando come sia “disdicevole” tale situazione e che per “dignità” il signor uomo o padre ricevente dovrà quanto prima adoperarsi.
E la solidarietà? La parità? E la Costituzione che prevede trattamento uguale tra uomini e donne? Ma non basta, mentre ciò accade nei tribunali, in politica tra ideologie e classe dirigente si sentono girare affermazioni del tipo “i soldi della donna”, “indipendenza della donna”, ??, cioè un po’ come a dire guai a chi tocca i guadagni, i capitali femminili.
Insomma quando i soldi li portava il padre erano “della famiglia”, ora che li porta la madre sono “della donna”. E poi ci chiediamo perchè oggi viviamo in un mondo individualista…”
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