Magazine Cultura

I spit on your grave (remake, unrated), di Steven R. Monroe (2010)

Creato il 05 febbraio 2011 da Psichetechne
I spit on your grave (remake, unrated), di Steven R. Monroe (2010)

Jennifer, una giovane e bella scrittrice, viene violentata e torturata da un gruppo di bifolchi all'interno della sua casa di campagna in mezzo ai boschi della Lousiana. Si salva fortunosamente gettandosi in un gelido torrente, e perché viene data per morta.
Sopravviverà, e tornerà a far visita ai suoi assalitori in cerca di vendetta...


Questo "I spit on your grave" di S.R. Monroe, remake dell'omonimo film di Meir Zarchi (1978, noto in Italia col titolo di "Non violentate Jennifer"), si mostra come felice novità nel panorama cinematografico perturbante. Il sottogenere cui fa riferimento è naturalmente quello del  rape-and-revenge, nel quale Monroe è tuttavia capace di iniettare pesanti dosi di gore. Dosi da cavallo, potremmo dire, soprattutto nell'ultima mezz'ora di pellicola, dal momento che il tema della "vendetta" non è certo trattato con sottogliezza filosofica. Da questo punto di vista il film di Monroe omaggia rispettosamente l'originale, a sua volta molto violento per essere stato girato negli anni '70. La novità di questo remake sta nel calcare la mano, in modo deliberato, sulla crudeltà della vendetta di una scrittrice donna, cioè di una figura intellettuale, umiliata e torturata da un branco di villici abitanti della provincia americana. Assistiamo cioè, a una crudeltà femminile, e che potremmo definire postfemminista, verso la quale lo spettatore è subito portato a fare il tifo, tanto i caratteri del maschile risultano odiosi, in qualsiasi funzione essi siano declinati (basti pensare alla figura dello sceriffo, personaggio davvero disgustoso e assolutamente isomorfo al ruolo della banda di assalitori). "I spit on your grave" è un film crudo, diretto, molto viscerale, ma al contempo girato con cura e attenzione ai particolari, sia visivi che narrativi .  La violenta dinamica psicologica che caratterizza la relazione tra vittima e carnefice, nella prima parte del film, è inoltre rappresentata con grande acume e realismo emotivo, al punto da ricordare lo spirito darwiniano di un Sam Pekimpah. Risultano infatti molto interessanti a tale proposito, gli ampi movimenti di macchina alternanti inquadrature raso terra a primi piani sghembi. La sociopatia fallico-perversa del gruppo dei maschi è poi caratterizzata da una notevole attenzione antropologica, come da tempo non si vedeva in un film di questo tipo: la sequenza dello stupro di gruppo, nel bosco, è  ad esempio tormentosamente inquietante e supera di molto, sul piano delle poetica perturbante, altri remake di rape-and-revengefilm,come ad esempio il  craveniano di "The Last House on the Left" (2009).  La crudeltà umana nei confronti di una donna, ma in generale di una vittima inerme, nelle sequenze dello stupro, è resa ancor più tagliente dalla presenza metafilmica della videocamera digitale che uno del branco utilizza durante le scene della tortura.  Ma non abbiamo ancora parlato della protagonista femminile, Sarah Butler, cui va un plauso particolare per l'intensità di un'interpretazione di cui non sarà certo facile dimenticarsi.  Jennifer-Sarah Butler assurge cioè a figura mitica di amazzone vendicativa, come contraltare inconscio-femminile di un abuso di potere maschile cieco, ambiguo e traumatogeno. Il trauma-morte di Jennifer determina infatti la sua rinascita come figura trasfigurata e onnipotente-castrante nei confronti del potere maschile. La sceneggiatura (dello stesso regista) sottolinea con molta precisione questo elemento trasfigurante: assistiamo quindi, gradualmente, alla trasformazione di una scrittrice nerd ed intellettuale,  in cacciatrice che frequenta i boschi in cui è stata lei, cacciata per prima come vittima. Il pregio maggiore della sceneggiatura e di tutto il film sta appunto nella intensa e tragica resa narrativa di questo viraggio esiziale, che ci trasporta dal sopruso alla vendetta come esito passionale inesorabile. In questo film di Monroe (come in quello di Zarchi) non c'è infatti alcuno spazio per il perdono, cioè Monroe sembra volerci dire che abitiamo un'epoca culturalmente così regredita e anomica, da far apparire la legge biblica del taglione come un normale corollario esistenziale. Superata la soglia della "Legge del taglione", la logica della vendetta ha quindi campo libero e invade tutto come acqua che s'infiltra in ogni fessura, senza più confine: l'odio produce odio e lo fa dunque proliferare. L'uso delgorenell'ultima parte del film ha quindi la chiara funzione di sottolineare questo carattere proliferativo esponenziale dell'odio come passione caratteristica dell'umano. E si tratta di ungorepiuttosto penetrante e brutale, molto più di certi spunti ormai banali di qualche risaputo capitolo di "Saw" (si pensi  solo alla sequenza della sospensione sulla vasca da bagno nella quale Jennifer discioglie soda caustica; oppure a quella dei corvi che si nutrono del volto insanguinato di uno degli stupratori). Un goreche spiazza alquanto, soprattutto perchè arriva dopo molte sequenze relativamente distensive. "I spit on your grave", questo denso e tetragono remake del mitico film di Zarchi, merita dunque, senza dubbio, tutta la nostra attenzione.     Regia:Steven R. Monroe Sceneggiatura:Steven R. Monroe Fotografia:Neil Lisk Musica:Corey A. Jackson Interpreti:Sarah Butler, Chad Lindberg, Daniel Franzese, Rodney Eastman, Jeff Branson, Andrew Howard Nazione:USA Anno:2010

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazine