In Svizzera hanno democraticamente sfrattato il fantasma dei super bonus.
Non è solo la crisi ad imporre un esame di coscienza ma soprattutto una questione di meritocrazia, tanto invocata e mai praticata.
Secondo Frontis governance il monte stipendi complessivo incassato dalle posizioni apicali nella passata stagione ammontava a oltre 364 milioni di euro.
“Non bisogna tanto domandarsi se siano troppi — dice Sergio Carbonara, fondatore di Frontis —. Ma piuttosto se gli stipendi di chi decide siano efficacemente collegati alle specifiche realtà aziendali e al quadro economico”.
Nel 2011 in media i ceo italiani dell’Ftse Mib (le società più capitalizzate) hanno guadagnato 2,4 milioni (European House Ambrosetti, 2012) mentre le quotazioni delle imprese da loro guidate, nonostante il corroborante effetto dei dividendi, crollavano del 19,5%.
L’Europa e gli Stati Uniti sono attraversati dal dibattito tra liberisti (il mercato si auto regola. Punto) e sostenitori del “mettiamoci un freno”.
La miglior proposta finora emersa dal puzzle internazionale fatto di moral suasion (poco incisiva), tetti massimi (l’Unione europea vorrebbe metterne per i banchieri) e inasprimenti fiscali, è quella uscita dalle urne della Svizzera: Il referendum del 3 marzo ha spostato la competenza delle decisioni sulle buste paga dei leader verso il basso.
Non ci sono limiti prestabiliti per i bonus, quelli che fanno inorridire gli inglesi e i paladini del self control. Semplicemente il cda non basta più: la parola decisiva verrà dall’assemblea degli azionisti.
Gli svizzeri, però, hanno anche votato per l’eliminazione delle buone uscite e delle buone entrate di chi si ferma in vetta troppo poco.
Un argomento cruciale pure in Italia, dove si aprono “paracaduti d’oro” confezionati in gran fretta prima del salto di fine mandato, spesso indipendentemente dai risultati. E qui sta il punto.
A tutte le latitudini strapagare chi non produce valore dovrebbe essere inaccettabile.
E se invece il lavoro del gran capo fosse eccellente, qual è la forza di gravità con cui deve misurarsi il suo stipendio?
Le performance di Borsa non bastano. Bisogna parlare di margini ma anche di innovazione, e, perché no, di abilità nel salvare posti di lavoro in tempo di recessione.
Negli anni Ottanta un top manager guadagnava 40 volte più del suo fattorino.
Oggi secondo l’Institute for policy studies, il rapporto è in orbita a 325 volte la paga dei dipendenti.
Quelli che, in molti Paesi europei, rischiano la disoccupazione: Houston abbiamo un problema.