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Due ricercatori del Natural History Museum hanno trovato le prove di antichi vulcani giganti nella regione Arabia Terra, simili a quelli di Yellowstone o dei Campi Flegrei. Lo studio pubblicato su Nature. La superficie di Marte sarebbe stata scolpita dalla cenere e dalla lava espulse, durante le prime fasi di vita del pianeta, da alcuni vulcani esplosivi giganti, simili a quelli che sulla Terra si trovano al di sotto al Parco Nazionale dei Yellowstone, o ai Campi Flegrei vicino a Napoli. In particolare, il cratere di uno di questi vulcani è stato individuato nell’area chiamata Arabia Terra, una regione nell’emisfero nord del Pianeta rosso che finora non era ritenuta vulcanica. Joseph Michalski e Jacob Bleacher del Natural History Museum, che hanno pubblicato oggi la loro ricerca su Nature, hanno raccolto dati da cui si evince che i crateri in quell’area di Marte sono il risultato di una grande e violenta eruzione vulcanica e conseguente collasso dell’edificio vulcanico. Secondo gli autori dello studio i materiali volatili espulsi dai diversi vulcani di questa zona potrebbero aver causato importanti cambiamenti climatici su Marte. In particolare, i ricercatori hanno studiato Eden Patera, il primo di una lunga serie di crateri irregolari della regione Arabia Terra, dove sono stati trovati grandi depositi di materiali la cui origine non è ancora stata confermata, anche se quella vulcanica è l’ipotesi più accreditata. In realtà, non sono mai state trovate prove evidenti dell’esistenza di vulcani soprattutto nella zona equatoriale, come li vediamo sulla Terra: il tempo e gli agenti atmosferici hanno ovviamente corroso gli edifici vulcanici e quello che resta oggi, soprattutto in questa regione, è un’enorme quantità di cenere e materiale di possibile origine vulcanica e molti crateri dalla forma spesso anche bizzarra. I due ricercatori hanno anche studiato i crateri Siloe Patera, Euphrates Patera, Ismenia Patera, Oxus Patera e Semeykin Crater. Eden Patera somiglia ad un cratere da impatto, ma è più probabile che sia una complessa caldera vulcanica che si è formata dal collasso in seguito al ritiro del magma, forse dopo delle eruzioni esplosive. Quando si parla di super vulcani o di vulcani giganti si deve pensare che questi possono espellere fino a 1000 chilometri cubici di materiali durante una sola eruzione, proprio come è avvenuto in passato a Yellowstone, con eruzioni ben diverse da quelle dell’Etna o dal Vesuvio. I crateri nei supervulcani si formano molto spesso a causa del collasso della caldera (il deposito sotterraneo di magma). E’ raro che si verifichi il lento accumularsi della lava sulle pareti esterne del camino che caratterizza le eruzioni “normali”. “La scoperta delle strutture dei super vulcani cambia radicalmente i nostri studi sul vulcanismo di Marte”, ha detto Michalski. “Molti vulcani marziani sono facilmente riconoscibili dalla loro struttura a forma di scudo, simile a quella che si vede alle Hawaii. Sono delle formazioni abbastanza giovani e ci siamo sempre chiesti dove fossero ubicati i vulcani più antichi. E’ possibile che i primi vulcani fossero molto più esplosivi e abbiano formato strutture simili a quelle che vediamo ora in Arabia Terra”, ha aggiunto. I ricercatori hanno ipotizzato che le prime fasi dell’evoluzione di Marte siano state caratterizzate proprio dalla presenza di molti vulcani giganti, soprattutto se si pensa che all’inizio la superficie di Marte doveva essere molto sottile e ciò avrebbe consentito al magma di salire più rapidamente, prima di rilasciare gas all’interno della crosta. Se altri studi futuri dovessero confermare queste ipotesi, cambierebbero radicalmente le teorie sul clima di Marte, su come si sia formata l’atmosfera e su quanto la superficie potesse essere abitabile. Fonte: www.media.inaf.it
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