Il mercato del platino rischia di venir attaccato dalla speculazione, a causa dei problemi che stanno colpendo l’industria estrattiva in Sud Africa, paese leader mondiale nella produzione del prezioso metallo.
Nel 2012 la domanda di platino è rimasta abbastanza stabile, con un leggero deficit di 2,6 tonnellate per la prima volta negli ultimi sette anni. Nella pubblicazione annuale della Thomson Reuters GFMS, viene evidenziato un calo del 10% nella produzione mineraria mondiale, causato in grande misura dagli scioperi che hanno colpito l’industria mineraria sudafricana, che hanno portato ad un calo della produzione del 12%.
Ma i prezzi del platino potrebbero subire un’ulteriore crescita proprio nei prossimi mesi se, come molti osservatori si aspettano, inizierà una nuova stagione di rivendicazioni salariali insieme a nuove ristrutturazioni produttive che sono allo studio del governo sudafricano. Per le aziende minerarie del settore potrebbero esserci ripercussioni negative da questi due fattori, ma per i prezzi del platino potrebbero fornire la spinta per una crescita.
La domanda di metallo, soprattutto in Europa, rimane fragile, ma secondo Thomson Reuters GFMS i prezzi potrebbero raggiungere una media di 1.600 dollari nel corso di quest’anno (ad oggi il valore del platino è di 1.475 dollari/oncia).
Al centro delle attenzioni di tutti gli analisti, rimane la Anglo American Platinum, la più grande azienda mineraria del mondo nel settore del platino. L’azienda aveva annunciato all’inizio di quest’anno che, per mantenere livelli soddisfacienti di redditività per i propri azionisti nel lungo termine, avrebbe intrapreso azioni di ristrutturazione aziendale con il taglio di circa 14.000 posti di lavoro, la maggior parte nella zona di Rustenburg in Sud Africa. Attualmente, dopo l’intervento del governo del Sud Africa, il numero dei licenziamenti è stato abbassato a 6.000, ma i colloqui tra sindacati, governo ed azienda sono ancora in corso in queste settimane.
Il mercato non ha accolto di buon occhio la revisione del numero di licenziamenti e si domanda se il taglio di 6.000 posti di lavoro, un numero certamente non irrilevante, sarà sufficiente per riportare l’azienda a livelli di redditività ritenuti soddisfacenti.