…e così l’eremita impugnò il suo bastone e si mise per strada per andare incontro a se stesso, per andare incontro a quest’anima che lo sguardo della giustizia gli aveva mostrato grazie ad uno specchio imparziale ma pieno d’amore.
…e così l’eremita smise di cercare la propria identità nel mondo, mercé un’immagine prestabilita, per osare un’esperienza interiore senza nome, senza forma, per assaporare al proprio essere quale questi si presenta nell’immensità della notte.
… e così l’eremita trovò la luce al centro di se stesso e comprese che in realtà non c’era nulla da comprendere, ma solo da incarnare il senso della vita attraverso la vita.
“Ogni percorso è un atto danzante di sangue e di carne” ripeté a se stesso.
Tali sono le parole dell’anima.
… e così l’eremita prese il rischio d’essere interamente qui ed ora e di non conoscere nulla di quello che sarebbe venuto in seguito. I piedi nel suolo, l’esperienza nella pelle, l’apertura nel cuore, le parole gonfie di silenzio. La pelle, sì la pelle all’ascolto della vita.
… e così l’eremita prese il proprio sassofono ed improvvisò un’aria di free jazz riempiendo lo spazio di un mondo inedito e colorato.
Si sbarazzò del proprio mantello e danzò, lasciando che la ritmica del movimento tracci i propri percorsi attraverso la materia densa dell’anima per unirsi con tutti i “tempi” dell’invisibile.
Infine, posò le mani sul ventre e dopo averlo riempito del proprio soffio vitale, spinse l’aria fuori lungo la propria colonna vertebrale.
Fu così che scoprì, grazie alla vibrazione della propria voce, l’immensità dei molteplici orizzonti dell’immaginario, per lasciare il corpo disponibile al gioco della trasmutazione della materia attraverso l’imperativo del movimento e del pellegrinaggio interiore.
… e così l’eremita fece l’esperienza pura del movimento ed improvvisò la propria vita in coscienza.
… e così l’eremita spiccò il volo attraverso la luce della propria lanterna e divenne Creatore della propria via, del proprio percorso, imprevedibile, unico maestro del proprio Senso.
… e così l’eremita divenne il Matto e pose la traccia del proprio cammino
E così l’eremita divenne Zaratustra.
È ancora necessario parlare ?
È ancora necessario cercare delle risposte ? Per prima cosa si incarna, si condivide il vissuto della materia, si fa l’esperienza del Senso carpendola, toccandola nel vivo, assaporandola. Poi le parole trovano la loro espressione.
Per quello che mi compete, non mi è possibile rispondere altrimenti che appellandomi alla nozione di pellegrinaggio interiore quale la sperimento nell’incontro con me stessa.
Le domande diventano cammino, tutte le risposte si dissolvono nel passo, il sapore della vita invita l'anima nella sua danza.
Faccio l’esperienza del cammino ogni volta che incontro la condivisione con un gruppo di lavoro. Ogni incontro, un nuovo viaggio da esplorare. Ogni volta che il simbolo vivente pervade l’atmosfera della sala grazie alle esperienze vissute, in carne ed ossa, all'evidenza dei partecipanti.
In definitiva, ogni volta che gli archetipi si fanno viventi, che sono stati il veicolo di un percorso assunto in coscienza, incarnato nel cammino, esperito nel vivente.
Incamminarsi dunque !
È innanzitutto una questione di esperienza vissuta, di un’esperienza capace di tracciare la via tra l'archetipo e l’individuo.
Immancabilmente, ogni qualvolta che propongo una conferenza di presentazione del Referenziale di Nascita, la difficoltà risiede proprio nel trasmettere la nozione d’esperienza individuale. Come trasmettere il senso di un lavoro con il tarocco senza sedurre il pubblico con gli effetti speciali delle risposte miracolo preconfezionate del tipo : “se hai tale carta in tale casa nel tuo Referenziale di Nascita allora vuol dire che…..”
Il punto è di dire : “dato che hai tale carta in tale casa come fai quando la incontri nella vita di tutti i giorni, quanto la incontri nell’esperienza, quando ti confronti con quel principio simbolico sottoforma di esperienza concreta ?”
Testimoni di noi stessi, Liberi Viandanti...
Tracciare il cammino significa prendere il rischio di non aver preparato nulla, di non aver deciso nulla in via preliminare, di non aver immaginato o supposto nulla per rendersi disponibili all’imprevisto, all’inatteso.
È prendere il rischio di incontrare una persona quale questa si esprime nel attimo presente e di rispondere ai propositi che si incarnano lì, al momento dell’incontro, con lo scopo di farlo in coscienza, tutto ciò, utilizzando i simboli degli arcani presenti nel Referenziale di Nascita della persona.
Questo rischio appassionante è, per me, l’essenza stessa dell’arte dell’incontro con l’altro e con i diversi piani dell’essere che risuonano immancabilmente nel suo Referenziale di Nascita.
So fare tutto ciò solo giocando al gioco dell’imprevisto.
(liberamante tratto da Il Referenziale di Nascita)