di Andrea Terzi (*) - ateconomics.com
Rispondendo alle domande dell’ultima conferenza stampa, il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha affermato che la BCE è ‘tecnicamente pronta’ a portare i tassi di interesse sotto zero.
Mentre i trader cercano di indovinare se e quando Draghi lo farà, i cittadini europei vorrebbero probabilmente solo capire meglio gli effetti sull’economia reale di un tale provvedimento che non ha precedenti nella pur breve storia dell’euro.
Cosa sono i depositi delle banche e di quali interessi parliamo?
Le banche dell’Eurozona conservano il proprio denaro su speciali Conti di Riserva presso la BCE. Attualmente, le banche hanno complessivamente a disposizione su questi conti un totale di 268 miliardi (dati ottobre 2013). Questa massa di denaro circola continuamente da una banca all’altra, dal momento che pressoché ogni singolo pagamento che le banche eseguono per conto della propria clientela viene regolato movimentando quei conti.
Il denaro a disposizione di ciascuna banca esiste nella forma di un conto presso la BCE. Quel denaro circola esclusivamente tra banche, stati e banca centrale, ed è prelevabile soltanto nella forma di banconote. Una parte è considerata ‘obbligatoria’: è il saldo minimo, fissato dalla BCE, pari all’uno per cento dei depositi che i clienti tengono presso le banche dell’Eurozona. La quota obbligatoria è ora di 103 miliardi e su questa somma la BCE ha pagato interessi dello 0,50% in ottobre. Ora, paga lo 0,25%. Nessun interesse viene invece pagato sui fondi in eccesso rispetto alla quota obbligatoria (Fonte dei dati: BCE).
Le banche dell’Eurozona dispongono poi di un altro conto, chiamato Deposit Facility, su cui la BCE normalmente paga un interesse sull’intero saldo, e sul quale le banche possono spostare i fondi in eccesso. Da oltre un anno, tuttavia, la remunerazione sul conto Deposit Facility è pari a zero. Oggi le banche hanno ancora circa 59 miliardi in tali conti dove non guadagnano alcun interesse.
Tassi di interesse negativi: come funzionerebbero?
La BCE deve ancora annunciare come metterebbe in pratica una politica di tasso negativo, ma possiamo fare delle ipotesi ragionevoli.
Una possibilità è che la BCE abbassi il tasso sui conti Deposit Facility al di sotto dello zero. Questo significa che qualsiasi banca che detenga dei fondi su questo tipo di conto pagherebbe (invece di ricevere) interessi. Poiché le banche sono libere di spostare i propri fondi dal Deposit Facility al Conto di Riserva, esse potrebbero facilmente evitare di pagare questa ‘tassa’.
Ciò significa che per rendere la mossa in qualche modo efficace, la BCE dovrebbe abbassare sotto zero anche la remunerazione sulle riserve in eccesso sul conto di riserva. In questo modo, le banche non avrebbero via di fuga.
Tassi di interesse negativi: a che servono?
Supponiamo che le banche dell’Eurozona vengano tassate sulle loro riserve in eccesso secondo la modalita descritta sopra. Quali sarebbero gli effetti?
Quello più evidente è che calerebbero gli utili delle banche e diminuirebbe il patrimonio netto, riducendo ulteriormente l’incentivo a fare prestiti.
Inoltre, anche il tasso interbancario (quello che una banca paga ad un’altra per prendere a prestito denaro) diventerebbe negativo. Ciò significa che una banca avrà un incentivo a pagare un interesse ad un’altra banca, se quella banca è disposta a tenere le sue riserve. Se ad esempio la Banca A deve pagare la Banca B, la Banca A può tenersi le riserve ed essere pagata dalla Banca B per questo.
Si noti che le banche non sono in grado di eliminare unilateralmente le riserve in eccesso e quindi sfuggire alla tassa dell’interesse negativo, nemmeno aumentando i prestiti (il che peraltro sarebbe poco plausibile in presenza di una caduta del patrimonio netto). In altre parole, le banche non sarebbero in grado di sbarazzarsi delle riserve in eccesso: potrebbero solo passarsi da una all’altra la ‘patata bollente’.
Le riserve complessivamente in eccesso si riducono soltanto quando la BCE effettua “operazioni di assorbimento della liquidità”, non quando le banche fanno prestiti. Come ha anche ricordato il vicepresidente della BCE, e ben spiegato in una serie di articoli già citati sul Keynesblog, non sono le riserve che creano i prestiti (come vorrebbe la vecchia teoria del moltiplicatore del credito) ma sono i prestiti che creano la necessità di più riserve.
Il tasso negativo è una tassa sulle banche, che le banche tenteranno di spostare sui propri clienti, ed è quindi un’altra diminuzione di attività finanziarie a disposizione del settore privato.
Un possibile effetto è il deprezzamento dell’euro, che potrebbe incoraggiare le esportazioni dell’Eurozona, sempre a condizione che la domanda aggregata estera (che in ultima analisi è finanziata dal disavanzo pubblico dei governi stranieri) rimanga sufficientemente forte e stabile. Peraltro, è ragionevole aspettarsi che l’effetto cambio sia contenuto e passeggero. Con meno euro disponibili, il prezzo dell’euro potrebbe in realtà aumentare nel medio termine.
Conclusione
Un tasso di interesse negativo è solo un’altra tassa. Chi ritiene che a fronte di tassi negativi le banche si metterebbero a fare più prestiti sembra ignorare le considerazioni esposte sopra e trascura il fatto che le banche non prestano per alcuni buoni motivi che solo la fine dell’austerità potrebbe efficacemente contrastare: bilanci bancari troppo esposti, e clienti senza prospettive di crescita del fatturato.
Il tasso negativo è dunque soltanto una tassa sul denaro delle banche, che rischia di aggravare la deflazione.
(*) Docente di Economia, Franklin University Switzerland
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