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I ♥ Telefilm: Dracula, Sleepy Hollow, The Carrie Diaries II, AHS: Coven
Creato il 06 marzo 2014 da Mik_94Il capolavoro di Bram Stoker è, forse, più immortale ed eterno del suo stesso protagonista: Dracula. Non sono bastati i secoli per ridurlo all'oblio, non è bastato un semplice paletto di legno per condannarlo alla fine. Il suo nome è paura, leggenda, garanzia; fonte d'ispirazione continua per film, serie TV, romanzi che spaziano dall'urban fantasy, all'horror, allo young adult. In Twilight i vampiri luccicano, in Van Helsing volano e fanno coreografie nel cielo, in Dario Argento non si sa cosa facciano esattamente... Ridere o piangere? Dopo la pessima, ridicola, inutile trasposizione firmata dall'acclamato regista di casa nostra - che ormai non azzecca un film dai primissimi anni '90 - il 2013 ci ha proposto la stessa storia, in una nuova salsa. O forse no. Il serial della NBC - debuttato lo scorso 25 Ottobre in America, e a marzo finalmente da noi, su Mya - è una rilettura originale, ma rispettosa, raffinata e perfettamente consapevole del capolavoro dell'orrore di Stoker. Un reboot non indispensabile, ma che garantisce un intrattenimento pieno di charme. Ambientato in una Londra magnificamente ricostruita nei dettagli, all'alba della Belle Epoque, vede il promettente Jonathan Rhys-Meyers vestire i panni che, in passato, sono stati di Gary Oldman, Gerard Butler, Cristopher Lee... Il suo Dracula è bello, carismatico e, risvegliato dal suo lungo sonno durante il boom economico, s'inserisce immediatamente nell'alta società, tra le sottane delle dame più belle e i congressi degli industriali più spietati. Convincente, nuovo, eppur nostalgico, è una creatura oscura e romantica, con tocchi di Dorian Gray e altri del Grande Gatsby. Viene mostrato come un inventore e un pioniere, come un genio del male, come l'eroe dannato e romantico che, attraverso i secoli, ha inseguito l'amore della sua vita. Mina. Strappatale ai tempi dell'Inquisizione, secoli e secoli dopo, rivive nelle vesti di una giovane studiosa, con la passione per la medicina, un'amica inopportuna, un fidanzamento imminente con un ambitissismo scapolo. L'incantevole Jessica De Gouw, con il suo sguardo limpido e le sue labbra spesso imbronciate, è una bellissima Lady ottocentesca e un'inconsapevole calamita per i guai. L'aitante Oliver Jackson Cohen è il suo Jonathan Harker - personaggio viscido e dagli inediti lati oscuri - e la Katie McGrath di Merlin, bellissima anche in versione bionda, è una Lucy frivola, tentatrice, passionale. La sua segreta attrazione sessuale verso Mina riempie di pepe la storia, diciamolo. Stesso discorso per la sorprendente Victoria Smurfit: una sexy e spietata cacciatrice di vampiri, finita nel letto e nella rete dello sfuggente Principe delle Tenebre. Personaggio pieno di carattere, anche se intontito da una lussuria che, forse, è anche amore. Degni di nota, inoltre, gli stravolgimenti dei personaggi di Van Helsing e Renfield. Il primo, interpretato dallo stesso Thomas Kretschmann che fu Dracula per Dario Argento (povero!), è uno scienziato matto mosso da una furiosa sete di vendetta; il secondo - Nonso Anozie - è un imponente e fedele omaccione, un po' confidente, un po' bodyguard, un po' migliore amico. Dopo primi episodi che stentano a decollare, nella seconda metà, la serie si conferma alquanto valida e il finale di stagione, semplice, ma denso, vale la noia leggera del pilot. Grande cura, bei cambiamenti, cast affiatato, storia senza tempo. Nulla di memorabile, ma, nel complesso, godibile. Confido, se mai ci sarà, nella seconda stagione. (7/10)
Quando si parla di Tim Burton, difficile scegliere quale sia il film da lui diretto che preferisco. Edward di forbice è ormai un classico, Sweeney Todd è uno spettacolo per gli occhi e le orecchie, Big Fish è il suo autentico capolavoro, Il mistero di Sleepy Hollow è una grande perla dark. Proprio quest'ultimo, con la sua atmosfera fumosa e i ricchi scenari, gli abbellimenti vagamente barocchi e una violenza spesso lasciata all'immaginazione, è uno dei film più suoi. Uno dei pochi film di cui non mi stanco mai, sicuramente. Oltre al nome, la recente serie TV e il raffinato horror di Burton non hanno nulla in comune. Prendono spunto dalla stessa leggenda, dallo stesso incubo, ma percorrono strade opposte. Si capisce sin dal pilot del serial: poco violento, con atmosfere belle ma decisamente meno memorabili, avventuroso, simpatico. Sleepy Hollow, infatti, è una paranormal alla Supernatural, con indagini varie, crudeli super-cattivi e due protagonisti affiatati, convincenti, divertenti. Loro sono l'attrazione di un telefilm che si lascia seguire sempre, ma con scarso entusiasmo, alla fine dei conti. Le aspettative iniziali, dopo un po', sono andate scemando e, dopo una pausa di riflessione, ho recuperato gli episodi mancanti e ho finito di vedere la prima stagione. Carinissima, sebbene di nuovo proponga poco. Fortunatamente, gli episodi che la compongono sono ben pochi e il rischio di annoiare e di cadere in una fastidiosa monotonia di fondo non si corre mai. La parte iniziale è affascinante, quella centrale meno, ma nel finale sa stupire, con qualche piccolo colpo di scena e qualche battutina particolarmente riuscita. Come i fratelli Winchester, i protagonisti combattono mostri, fantasmi, demoniache presenze e, tra esorcisimi e case infestate, portano lo spettatore indietro nel tempo e in orrorifiche dimensioni. Ichabod Crane e la detective Abby Mills sono la strana coppia di questo più che discreto intrattenimento. Lei, con un passato traumatico alle spalle e una sorella in manicomio, scopre di essere la chiave di grandi e inquietanti misteri. Lui, con un favoloso accento inglese e i vestiti d'epoca, è una sorta di consulente sui generis, sbucato letteralmente dal passato. Sua moglie era una strega e ha mantenuto il suo corpo vivo e la sua mente vigile, affinché potesse combattere un nemico che seminava e semina morte. Un cavallo dagli occhi di fiamma, un'ascia infallibile, la precisione di un cavaliere spietato. L'amicizia tra i due protagonisti fa sorridere, come fanno sorridere i tentativi di Ichabod di inserirsi nella società odierna: non è disposto a dire addio ai suoi pantaloni attempati per un paio di fastidiossissimi jeans aderenti - sono il segno che l'Apocalisse è vicina, per lui! - ma gli Iphone lo attirano parecchio, per essere un reperto vivente da museo. (6/10)
C'erano incertezze sul ritorno nei palinsesti americani della serie TV The Carrie Diaries: io, di incertezze, non ne avevo. Leggerezza, un tocco di buonismo, zero sesso, tanto della "city". Tutto quello di cui c'è bisogno in una serie per adolescenti della The CW: come la formula produttiva del noto marchio americano prevede, inoltre, attori freschi, giovani, belli. Adolescenti senza apparecchio, senza brufoli, senza grossi conti in sospeso con madre natura. La sceneggiatura era credibile, il cast altrettanto. Cosa faceva borbottare molti spettatori? The Carrie Diaries era il prequel del notissimo Sex & The City. E qui il sesso non c'era, non c'erano le quattro amiche di New York al completo, non c'era la novella Sarah Jessica Parker che tutti aspettavano. Con un'antipatia assoluta verso la Parker e la sua faccia sempre più di plastica, del tutto ignaro dei meccanismi della famosa serie della HBO, senza criteri di paragone, avevo potuto apprezzare decisamente la prima stagione: di aspettative non ne avevo, dunque non ero stato deluso. Un'altra serie, giunta velocemente e a sorpresa, si è da poco conclusa. Come mi è sembrata? Nel bene e nel male, perfettamente in linea con la prima: romantica, ironica, alla moda, immersa nel cuore coloratissimo degli anni '80. Si aggiunge un lievissimo tocco di sensualità - la protagonista perderà la verginità, ad esempio, e gli spettatori faranno la conoscenza di una sua amica molto vispa - ma il target iniziale resta. E' un intrattenimento da bollino verde, questo, in cui con garbo si affronta un po' tutto. Forse con un po' troppo garbo, magari con un po' troppa velocità. Argomenti gravosi come l'AIDS e altri attuali come l'outing sono eccessivamente all'acqua di rose; edulcorati. Ho avuto l'impressione che avrebbero meritato maggiore attenzione questi ultimi rispetto all'iniziazione sentimentale della giovane protagonista. Protagonista che, come nella prima stagione, ha il volto, i capelli biondissimi e il sorriso da angelo dell'incantevole Anna Sophia Robb: uno splendore di ragazza, con pochissimo in comune - nulla - con la Parker. Fortuna delle fortune, aggiungerei! Accanto agli amici di sempre - impegnati con la scuola e il college, l'amore e le svolte più inattese - il solito Austin "Sebastian" Butler e una piacevole new entry, non molto new: si tratta di una giovanissima ed inedita Samantha Jones - Kim Cattrall, nella serie originale - con il volto di Lindsey Gort. La somiglianza tra le due è impressionante davvero, anche se la Samantha degli anni '80, per quanto espansiva e audace, non ha la stessa focosa passionalità di quella adulta: il lato positivo, però, è che, tutto sommato, scuote un po' il torpore da principessa in cui Carrie era solita vivere, negli episodi precedenti. Non imperdibile, ma piacevolissimo. Quaranta minuti che volano, tra le poche ombre e le tante luci dello skyline newyorkese. (6/10)
Era partito nel migliore dei modi. Alla perfezione. Un cast immenso, dialoghi pieni di umorismo nero, violenze efferate, magia per adulti. American Horror Story: Coven era una delle serie TV che avevo atteso per tutto il 2013. E le attese erano state ripagate non alla grande, di più. Dopo le case infestate e i manicomi, il geniale Ryan Murphy aveva deciso di condurci in una Hogwarts non censurata. Una villa piena di donne e cattiverie, in cui esplorare tutto il fascino seduttivo e distruttivo della stregoneria: da Salem a New Orleans, dal passato al presente. Pilotati da due grandi mattatrici del grande e del piccolo schermo - Jessica Lange e Kathy Bates - i primi episodi erano favolosi. Macabri, scorretti, intrisi di sangue e sortilegi. Dopo la pausa natalizia, tuttavia, ritornando col nuovo anno, il telefilm ha dato il peggio di sé. Personaggi che morivano e resuscitavano senza un perché, come in un episodio dell'Antico Testamento o, peggio ancora, di Beautiful, scene da musical al limite del trash, inspiegabili mattanze gratuite. Situazioni mal gestite, protagonisti pieni di crepe, trame piene di falle. Ho atteso il finale di stagione pieno di speranze, fiducioso nei soliti colpi da maestro che, nei suoi tre anni, American Horror Story ci ha saputo spesso regalare. E invece niente. Dopo i titoli di coda, ho saputo che tutto era finito e che quel tutto non mi era piaciuto. Il finale di stagione, infatti, presenta errori imperdonabili e, anziché giocarsi le carte migliori, stupisce mostrando un po' del peggio. Molte trovate, infatti, non hanno completamente senso e accentuano ancora di più l'impressione che questa stagione sia stata costellata di più buchi (narrativi) di una forma d'Emmental stagionato. Grandi personaggi liquidati così, tanto per snellire il cast. Prove che causono grotteschi effetti tragicomici - personaggi morti infilzati su un cancello, nemmeno fossero parte di uno stormo di piccioni kamikaze; altri ridotti in polvere, senza pathos alcuno; altri - potentissimi come uragani - uccisi in una stupidissima colluttazione fisica con una sorta di ameba vivente. Si ride, più che nel resto degli episodi, in una pessima conclusione per una pessima serie, ma di un ottimo e valido prodotto. Peccato immenso. Indubbiamente notevoli la consueta raffinatezza stilistica e i virtuosismi di molti membri del cast, penalizzati da copioni pieni di idiozie. Soprattutto la Bates, trasformata da sanguinaria assassina a idiota senza speranza in un episodio solo. Grande conferma Jessica Lange, ormai scoppiata la coppia Peters-Farmiga, sorprendente la giovane Emma Roberts - una delle attrici più brave della sua generazione, per un personaggio piacevolmente detestabile. Asylum resta il capolavoro, per questo Coven che oblio sia. (5/10)
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