Penny Dreadful
Stagione II
Se
ne stava ai margini del bosco di una favola dei Grimm, che mi tentava
con le sue delizie. Irresistibili, le sue caramelle ingannatrici.
Come quella Londra vittoriana, in cui pioveva notte e giorno e, in
mezzo alle nebbie sul Tamigi, si muovevano creature spaventose e
magnifiche. Nel lungo romanzo gotico con il marchio Showtime, potevi
vedere – dalle vetrine di un elegante caffè, in una biblioteca
proibita ai profani – i personaggi di Stoker interagire con quelli
di Shelley o Wilde. Tutti corollario, però, del fiore Vanessa Ives:
bellissima dama a lutto, corteggiata dal Male e minacciata dai suoi
emissari. In sincerità, non sapevo se fossi rimasto più affascinato
dai giochi delle trame o dagli occhi di quella Eva Green come non
l'avevamo mai vista. Inspiegabilmente ignorata alla stagione dei
premi – come le colleghe Maslany e Rossum – su questo blog
aveva guadagnato scettro e corona. Aspettavo lei – e le sue metà
oscure - per una seconda stagione: ha avuto due episodi aggiuntivi,
il nuovo Penny Dreadful, ma mi è sembrato che avesse una
durata ridotta; che lasciasse di meno. Leggo che, altrove, ha
convinto gli scettici e non posso che esserne contento: merito loro
il rinnovo. Da parte mia, questa volta, l'accoglienza intipiedita di
turno. Mi ha appassionato meno che in precedenza. Ethan Chandler
aveva rivelato nel season finale la sua natura di licantropo; Sir
Marcolm trova l'amore di una donna di mezza età con un brutto
segreto; Victor Frankenstein – mentre la sua Creatura viene assunta
in un museo delle cere – dà nuova vita alla sfortunata Brona, e se
ne innamora; Dorian Gray, da Parigi, ha portato con sé un amante en
travesti che potrebbe scoprire l'enigma della sua eterna
giovinezza; Vanessa è spinta sempre di più verso il baratro da
congreghe di aristocratiche streghe che l'hanno promessa a Lucifero.
Non si può certo dire che gli sceneggiatori, artefici di alcuni dei
dialoghi più precisi a cui abbia prestato di recente ascolto, siano
rimasti con le mani in mano. Quel che manca, e che invece è elemento
fondamentale in serie come Sense8, è la coesione: il
serial conserva la sua natura quasi antologica, dando in un episodio
risalto a una vicenda, in un altro episodio risalto ad un'altra. Una
scelta accurata (e comunque poco saggia) o un montaggio che non ha la giusta
fluidità? Penny Dreadful è una giostra che tocca
il cielo quando c'è la Green in scena e la terra quando,
escludendola del tutto da una puntata, ci si concentra sui
comprimari. E si rischia, così, che la curiosità si eclissi. Colpa,
in particolare, di un Josh Hartnett legnoso e di Reeve Carney, un
Dorian imberbe che mi aveva reso dubbioso già in passato e che
adesso, complice una scrittura che ha cura soltanto del poco che fa a
letto, sembra ancora più acerbo. Una parola in più andrà spesa per
una superba Billie Piper che, sboccata e coraggiosa, si ribella alle
pretese del suo creatore. Tra le cose belle, e non si fa fatica a
ricordarle, una pioggia di sangue durante una cena di gala, il valzer
di Dorian e Lily crivellati dai proiettile, il bacio delicato dato al
più assenanto dei mostri e la visione di una Green splendida,
sorridente, di bianco vestita. (7)
Vicious
Stagione II
Ho
dovuto aspettare poco per trovarli dove li
avevo lasciati. Sul divano, tra la porta d'ingresso, la cucina in cui
sonnecchia il loro cane invisibile, le scale. Sono stato fortunato: in realtà, coloro che hanno
scoperto questo Vicious nel 2013 hanno dovuto
aspettare due anni, per ridere di altri sei episodi. Non sapevo fosse nemmeno ripartito, finché
non mi sono trovato i faccioni di Stuart e Freddie – con uno sfondo
blu alle spalle – su uno dei soliti siti di streaming: agli inizi
di giugno, la strana coppia che – sul finire dell'anno vecchio –
mi aveva regalato le risate più intelligenti e cattive, era tornata
a far danni. Confermato il cast e quello scenario
da sitcom tradizionale – che ha bisogno di un salotto e di grandi
attori per funzionare: poco? - che questa volta si
amplia un po', seguendo gli arzilli protagonisti all'esterno. Stuart
e Freddie – gli scortesi innamorati che avevano fatto outing
intorno ai settanta, gioia e tormento dei loro amici intimi –
si iscrivono in palestra, vanno a scuola di ballo e, per un paio di episodi, prendono strade separate. Scoprono il fuori e la crisi del
cinquantesimo anno. Ad aprire loro nuovi orizzonti e, come sempre, ad
unirli, il fandom più caloroso che pensano di avere – dico pensano
perché non hanno visto noi quando bene vogliamo a entrambi: il fratello Mason, la smemorata Penelope e, soprattutto, i personaggi interpretati da colei
che fu la ragazza di Hagrid – un'irresistibile Frances de la Tour –
e dal premuroso Iwan Rheon, che so essere cattivissimo (e bravissimo)
in Games of Thrones. Mattatori, quel Derek
Jacobi dalla carriera iniziata quando nessuno di noi, o dei nostri
genitori, era al mondo e soprattutto Ian McEllen, che in comune
con Rheon e la giunonica Frances ha tempi comici prodigiosi e
la partecipazione memorabile a serie fantastiche. Qui sarà un
altro anello la causa di un altro viaggio – nel passato della
coppia, verso alternative che non soddisfano perché il cuore, e
le battutacce sferzanti, hanno una casa sola. Le risate e gli sketch funzionali non si contano, in una
produzione brevissima che ha tre cose che mi piacciono tanto: accento
inglese, anziani più vitali di me, umorismo fulminante. Il difetto, lo stesso dell'anno scorso – o di
due anni fa, okay. I soli centoventi minuti complessivi: ci vuole
tanto per averli qualche giorno in più come ospiti? Così è
iniziato e così è finito: un giorno mi trovo
davanti il primo episodio, infatti, e un giorno l'ultimo. Ma perdoniamo volentieri la fretta, grazie
ai nuovi inizi celebrati
nell'ultimo episodio e alla scena conclusiva, che è tenera come non
ci saremmo mai e poi mai aspettati da queste due carogne. (7,5)
Dr. Horrible's Sing-Along Blog
(mini)webserie
Come
si passa da amorevole vicino di casa a genio del male? Come si
diventa un supercattivo dei fumetti? Lunga
la strada da fare. Ma qui, in quel Dr. Horrible's Sing-Along Blog
che mio fratello mi propina da anni, le tappe salienti ci
vengono riassunte in tre atti, per un totale di quaranta minuti. Mio secondo approccio, questo, dopo What Lives
Inside, col mondo delle webseries. Continuerò forse a non capire il senso di
questi esperimenti – perché prendere bravi attori, e in questo
caso un autore culto, e realizzare prodotti così brevi? - ma
questa volta è andata meglio. E, nonostante l'ottimo
Daredevil targato
Netflix, il cinecomic continuerò a non tollerarlo, ma Dr. Horrible –
tascabile, visto dalla prospettiva dell'antagonista, intonato – è un
ragionevole compromesso: si parla – e si canta – delle
disavventure di un aspirante villain, innamorato della
ragazza sbagliata e infastidito da un supereroe vanesio e fanfarone
che vorrebbe salvare tutto e tutti, e soprattutto essere sommerso di
attenzioni. Inevitabilmente, anche di quelle della Mary Jane di
turno, conosciuta dal protagonista in lavanderia – come in una
perfetta commedia indie – e vittima del fascino
portentoso di Captain Hammer. Dottor Horrible – Billy, per gli amici –
riuscirà mai a entrare nella squadra dei cattivi e a
conquistare Penny? Come in Galavant,
si prende un genere tutto azione e lo si personalizza a suon di
canzoni e, orecchiabili e tutto, gli inserti da musical, qui, sono
anche bellissimi. Non a caso questi quaranta minuti, per gli
appassionati, sono un tormentone e si sono guadagnati, al tempo, un Emmy. Ma sarebbe meglio dire che Galavant
è come Dr. Horrible's,
uscito nel 2008, fortunatissimo e scritto e diretto da uno che non ha
bisogno di pubblicità: Joss Whedon, geniale soprattutto – e non me
ne volete – quando è lontano dagli Avangers.
Simpatia, originalità e attori presi dal piccolo schermo, così noti che verrebbe da chiedersi come mai le confessioni di questa pecora
nera non siano state sviluppate in altro modo, magari a mo' di
telefilm vero e proprio. Il protagonista, infatti, è un Neil Patrick
Harris che già ci ha stupito altrove con la sua duttilità; il
Nathan Fillion di Castle, piacione
e intonato; la carinissima Felicia Day, che ricordo per un ruolo
secondario in Supernatural.
Come aiutante, inoltre, il genio del male ha Simon Helberg, che
in The Big Bang Theory è quel
tipo sospetto dai maglioncini a collo alto e dalle camicie a rombi:
non mi piace il cinecomic, non mi piace Big Bang,
quindi non mi prendo la briga di cercare il nome. Ma mi è piaciuto
Dr. Horrible's Sing-Along Blog,
che è una discreta figata, anche se il suo formato ridotto mi
confonderà a vita. (7,5)