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I ♥ Telefilm: Penny Dreadful, Salem, Devious Maids, i pilot di The Flash e Constantine (però in due parole)
Creato il 18 luglio 2014 da Mik_94Penny Dreadful Stagione I Un penny per i tuoi pensieri. Un penny per una storia di paura: la tua. Una Londra vittoriana strepitosa, che non conosce il sole. L'umidità nelle ossa, la tempesta inarrestabile nella coscienza. Io ho sempre odiato l'estate e, da quando, bambino, ho letto i primi Dickens, ho sognato di camminare in un'Inghilterra così. Da posto in prima fila per la fine del mondo. Da estetica del sublime. Penny Dreadful vive lì e vive di questo. Terrore e fascino. Ti siedi in poltrona e aspetti. L'incontro e lo scontro tra i vari protagonisti, il loro corteggiarsi lentamente, i loro appuntamenti galanti in sedute spiritiche, cimiteri, serre esotiche. Mi aspettavo un Hemlock Grove in costumi ottocenteschi, esplicito e bizzarro. Invece, sin dal pilot, le mani esperte del Juan Antonio Bayona di The Orphanage hanno tracciato una storia di fili di fumo che guardi innalzarsi, diffondersi, sparire, introfularsi nelle crepe dei soffitti. La sigla: poesia tirata fuori da armadi bui, in cui si annidano serpi e scorpioni, servizi di porcellane, candele e tavole ouija. Questa Londra, scenografica e teatrale, è bianca e abita da figure nere. Alcune le conosciamo, altre le conosceremo. Pensate alla Leggenda degli uomini straordinari in chiave dark. Il risultato è un inedito libro dell'orrore, con le caratteristiche di un romanzo corale. A colpire l'attenzione dello spettatore occasionale, è la partecipazione allo show di nomi importanti. Un Timothy Dalton senza tempo, nei panni del criptico Sir Malcom Murray – ogni riferimento alla protagonista femminile di Bram Stoker non è puramente casuale; un Josh Hartnett aitante come ai tempi che furono, che torna sulla scena con il passo da cowboy e le pistole in pugno; Billie Piper, invece, sembra portare la Bohème in campo, con la storia di un amore tragico e di una prostituta innamorata e fatale. L'ho lasciata alla fine, perché questa serie è un monumento alla sua grandezza: Eva Green. Mamma mia, cos'è Eva Green. Una creatura di un'altra epoca. Sfuggente, indecifrabile, incomprensibile. Padrona della scena, dea del gioco: una testimonianza concreta della perfezione in terra, con gli occhi glaciali, le labbra che sorridono quando vogliono, la pelle di cera. Sempre sulla bocca di tutti per il suo seno – e che seno! -, generosamente esposto in The Dreamers e Camelot, tiene la sua dirompente fisicità a bada con bustini, abiti neri, pizzi e veli. L'espressione beffarda, i lineamenti affilati, il ghigno perpetuo da femme fatale. Ha una classe e un'espressività fuori dal comune. Lo dimostra il secondo episodio, in cui sfoggia tic nervosi, polmoni grossi e duttilità eccezionale durante una misteriosa seduta spiritica, che la trasforma da eterea lady a oggetto di esorcismo. Difficile tenerle testa. E' allora che emerge l'inesperienza dell'acerbo Reeve Carney: un Dorian Gray che mi è piaciuto e non mi è piaciuto. Carney – che ho scoperto essere un ottimo cantante, su YouTube - ha un bel sorriso, un suo perché. In un episodio divertentissimo e controverso, è mostrata, nell'incipit, la sua corte trasgressiva e ambigua. Il bacio con Josh Hartnett fa chiacchierare. Mostra scarso carisma, però, quando deve sedurre una Green algida e lontanissima. Risulta più piccolo dei 31 anni che ha: lei si libra a una spanna da terra. E letteralmente. Una parolina su Frankenstein: nessun mostro mi ha mai emozionato così tanto. L'amore per l'arte, uno sguardo puro sul mondo, un viso deforme che non è sinonimo di un animo buio. Avrà mai una compagna? Intanto, ha tanta umananità. La violenza scorre a fiumi, ma è vernice: velluto rosso. Il sesso non toglie nulla all'eleganza glaciale del resto. Penny Dreadful è erotico, gotico, incantatore. La seduzione degli orchi. (8)
Salem Stagione I Ha conosciuto alti e bassi questo Salem. Puntate lunghe e momenti di troppo. Dopo il ritmo sostenuto della prima puntata, le altre hanno offerto allo spettatore cose interessanti e cose non brutte... ma superflue. La serie, con tredici episodi che forse erano troppi, però non mi ha annoiato, nonostante la premessa. Salem ha cose buone. Un sapore vagamente teatrale, una messa in scena ottima, quella sigla cantata da Mailyn Manson che, spesso, è più affascinante perfino della puntata in sé. E poi ha una trama molto efficace, che intrattiene al suon di fiamme che crepitano, incantesimi neri, urla e pianti, grandi promesse per grandi amori impossibili. L'ho visto in attesa di Penny Dreadful e per superare il fastidio di Coven, l'ultima serie di American Horror Story. A ripensarci mi salgono ancora i nervi! La WGN firma una serie storica di tutto rispetto, invece, che funziona quasi sempre. Promette e non delude tirando indietro la mano tesa, come spesso capita. Volevamo l'orrore, e abbiamo sangue, boschi terrificanti pieni di cadaveri putrefatti, impiccagioni e torture. Una violenza che, raccontata, sembra brutale, ma che in realtà è ben diluita. Volevamo la rievocazione storica, e abbiamo una Salem da paura, mai apparsa così realistica e pulsante. Volevamo protagonisti intensi, e molti – soprattutto i personaggi secondari – potrebbero risultare indelebili. Pessimo, per me, Shane West, che avrebbe dovuto avere il ruolo principale. Ha due espressioni messe in croce, ridicole parrucche lunghe, la passionalità di un narcolettico. Il suo John Alden, tornato in città dopo guerre e alleanze con gli indios, ha carattere, ma non chi lo interpreta: bocciato, assolutamente! La sua controparte femminile, Mary Sibley, è validissima. Da dove è uscita questa splendida Janet Montgomery, credibile e fascinosa, a metà tra le Madeleine Stowe e Famke Janssen di vent'anni fa? Lei cattura e il suo personaggio, una strega malefica dalla doppia vita che ha venduto il suo grembo al diavolo, ma non il suo cuore di umana, spicca nel buio. Notevole la crescita e la maturazione di Seth Cabel, umano e contradditorio; bellina la Ashley Madekwe di Revenge, anche qui, come lì, alquanto infida; inquietante la piccola Elise Eberle, la Regan dell'Esorcista che, forse, non odia poi tanto la compagnia del maligno... Veritiero, fosco, torbido, splatter, Salem riporta in auge “famigli” e streghe autentiche. Cascate di sangue, riti di mezzanotte, fattucchiere che – come in Macbeth – compaiono nella brughiera, sotto le sembianze di vecchie dai volti butterati di pustole e porri. Intrigante il finale di stagione, che è una chiusa senza tregua. Mi farà piacere avere questa “sgradevole” compagnia anche il prossimo anno. (6,5)
Devious Maids Stagione II I panni sporchi si lavano in famiglia, in tivù e davanti a domestiche nelle cui mani, be', i segreti sono mal custoditi. A dir poco. Continua la mia avventura con Devious Maids, guilty pleasure dell'estate scorsa e di questa. Oggettivamente: cafone, arrangiato, semplice. Soggettivamente: sfizioso, diverte, accattivamente. L'ho scoperto con gli esami di maturità e me lo sono portato dietro, trecentosessantacinque giorni dopo, con la prima sessione estiva della mia vita. E' sempre il solito, ed il solito spasso, aggiungo. Sangue latino, temperamento focoso, battute simpatiche e intrecci che di originale hanno poco. Questa volta, le mie quattro domestiche preferite interpretano in chiave ispanica – con i loro accenti irresistibili e i loro bei fisichetti – Rebecca: La prima moglie e il thriller home invasione degli anni '80. L'intelligente e bella Ana Ortiz – non più domestica, ma gran signora – sposa un uomo con una moglie nella bara, una governante schizzata, una cassetta di sicurezza piena di soldi e di segreti. La dolce e svampita Dania Ramirez – appeso al chiodo il suo amore per "Mister Spence" – trova lavoro in una famiglia in cui aleggiano frecce velenose e dissapori, minacciata da un avvocato senza scrupoli. La provocante Roselyn Sanchez sogna la fama, il palcoscenico e pavimenti che si lavano da soli: nonostante non sia ancora una stella, ha già un viscido stalker in piena regola. La più anziana, la più professionale, Judy Reyes si divide tra una figlia innamorata del ragazzo sbagliato, un amore di chef, i capricci del suo svampito capo, un'autoironica Susan Lucci – la ricordate nei vari Dallas e La valle dei pini? Le new entries sono poche, le vecchie conoscenze funzionano alla grande - consolidate. Le trame e le sottotrame intrattengono allo stesso modo, ugualmente bene, e l'algida e maliziosa Rebecca Wisocky e il volpone Tom Irwin divertono come due libertini e fedifraghi Sandra e Raimondo. Devious Maids è scollegato dal mondo, e lo sa. Prende in giro le soap argentine e, in primis, sé stesso, con umiltà e tanto divertimento. E' un'inedita auto-parodia. Una commedia gialla con bella gente e con lo spessore di una sit-com. Solo che i minuti sono quaranta, e non venti, e le risate registrate non sono contemplate nel format. Con i personaggi di The Help che conoscono le mode dei primi Pretty Little Liars, i misteri sono sventati, i segreti volano e le case, sfortunatamente, risultano più sporche di prima. Mattonelle che luccicano e letti rifatti sono secondari, quando CSI parla spagnolo, indossa gonnellini cordinati e impugna pistole silenziate e mocio Vileda. (6,5) The Flash: Visto il primo episodio, che gira sul web da qualche giorno. E con largo anticipo. La serie TV andrà in onda, pensate un po', ad ottobre. Niente da dire: molto carino. Divertente, leggero... be', veloce! Grant Gustin - visto in Glee - mi sembra perfetto per il ruolo. Imbranato, giovane, un viso nuovo. In questo primo episodio, cameo di Arrow – che io non seguo e mai seguirò: mi sa di cafonata – e dell'attore che fu Flash, nella serie originale, nei panni del papà di Gustin. Per me è sì, per dirla alla X Factor maniera. Constantine: Non mi ha colpito il pilot. Per nulla. Tanto, al fumetto, devono i vari "Supernatural" e "Sleepy Hollow", ma il telefilm arriva un po' tardi e, almeno alla prima puntata, sembra una copia della copia con il solito protagonista sardonico, l'eroina bella e sfortunata, angeli e demoni. Il film, per le atmosfere pazzesche e una Swinton paurosa, era decisamente altro, anche se meno attinente alle idee dei creatori. Presto per dire, comunque. Aspetterò ottobre per giudicare, ma partiamo maluccio. Per me: no.
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