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I ♥ Telefilm: Scream Queens, Jessica Jones, London Spy

Creato il 12 dicembre 2015 da Mik_94
I ♥ Telefilm: Scream Queens, Jessica Jones, London SpyScream Queens
Stagione I
Riti di iniziazione, giuramenti di sangue, prove del fuoco. Sei abbastanza testardo per superare indenne la loro selezione? Sei abbastanza alla moda per fare parte del loro mondo di debuttanti assatanate e figli di papà senza arte né parte? Un college americano come tanti e come nessuno è il regno indiscusso di Chanel Oberlin, l'avvente e capricciosa regina delle Kappa Kappa Tau. Bionda ossigenata ma naturalmente cattiva, ha la cieca fedeltà delle sue consorelle – minions ingioiellate con un nome proprio sacrificato alla causa – e quella, assai meno cieca però, di Chad Radwell, presidente dei Tirati a Lucido e impenitente dongiovanni. Insieme, sono ai vertici di una dittatura di griffe e terrore, finché il decano Munsch – donna tutt'altro che candida, ma acerrima nemica dello strapotere dei rampolli – non decide di aprire le porte delle confraternite a tutti. Le sorelle Kappa, strette nelle loro pellicce prima per il disgusto, poi per la paura, dovranno imparare a convivere con le nuove studentesse – povere, trasandate e, a volte, con la lingua decisamente lunga – e a dormire con un occhio aperto e uno chiuso. Nel campus si aggira, infatti, un serial killer vestito come la mascotte della Wallace, Red Devil, e spinto da un immortale desiderio di vendetta – chi era la ragazza morta, vent'anni prima, in quella casa e cosa ne è stato del bambino che aveva dato alla luce? - farà in mille pezzi quell'impero di privilegi e i loro antipatici, ma indispensabili membri. Scream Queens, nello stesso anno in cui il soprendente The Final Girls arriva al cinema per ricordarci, con una risata spontanea e uno spruzzo di sangue, i cliché a fantasia e la poetica spiccia dello slasher vecchio stile, fa il suo debutto su Fox – un debutto che, tra l'altro, non ottiene gli ascolti sperati, ma che infiamma gli animi di chi ama l'horror e la teen comedy – con lo stresso scopo. Omaggiare divertendo. O è forse parodiare, il compito di un Ryan Murphy gaio e intelligente quantomai, che dà ottimi segni di ripresa, dopo la stancante deriva delle ultime stagioni di Glee e di American Horror Story? Aria colorata, anni novanta, e caricaturali reminescenze d'autore che hanno dell'epico, quasi: i drughi che marciano a ritmo dei Backstreet Boys, un Haloween con il labirinto ghiacciato di Shining in giardino, la doccia di Jamie Lee Curtis – autoironica, affascinante, senza paura di mostrare la sua età – con un altro Psycho al di là della tendina. Il cast è di belli e pop, con passate conoscenze telefilmiche – Diego Boneta, Skyler Samuels e una sorprendente Lea Michele, non più la Rachel Berry che conosciamo - e ex bambini prodigio – Abigail Breslin, Nick Jonas, Keke Palmer e Ariana Grande; la peggiore attrice dell'anno, ques'ultima, e al centro di una esilarante scena di morte. A urlare più forte di tutti, però, la superba Emma Roberts. La nipote di zia Julia, a lungo ragazza della porta accanto in film per famiglie, così bella e detestabile non si era davvero mai vista. Scream Queens è spassoso, violento, verso il trash infinito e oltre. Idiota con cura, semiserio con ironia. La parodia di un genere che ha detto tutto e adesso sa finalmente prendersi per i fondelli. Ma è troppo gore per gli schizzinosi, troppo all'acqua di rose per gli amanti del thriller nudo e crudo e, nella seppure piacevole chiusa, poteva esserci più azione e qualche spiegone in meno. Per me, che ho sempre sognato un Mean Girls o un Ragazze a Beverly Hills sul piede di guerra, è stato comunque solo bene. (7,5)
I ♥ Telefilm: Scream Queens, Jessica Jones, London SpyJessica Jones
Stagione I
In quella New York che, dopo l'avvento distruttivo degli Avengers, non è stata più la stessa, si muovono fan calorosi, ombre minacciose e tanti nuovi, aspiranti eroi. Tra questi, anche una lei. Cosa nota, però, la mia indifferenza verso il cinecomic. L'arrivo in città degli Avengers l'ho scoperto solo qui, unendo i puntini, e non faccio propriamente parte della folla che, davanti alle insegne della Marvel, scalpita con l'entusiasmo dei bambini. Però mi piacciono le storie di eroi post Cavaliere Oscuro e, soprattutto, quelle prodotte dall'insostituibile Netflix. Quando sono nuove conoscenze, poi, amo lasciarmi il beneficio del dubbio e provarci. Convinceranno anche me, spettatore scettico? Quest'anno ho già detto di sì, meravigliato, davanti allo straordinario Daredevil. Non totalmente nuovo, in quel caso – c'era già stato il dimenticabile film con Ben Affleck –, ma sorprendente. Le interpretazioni memorabili, la regia elaborata, le tinte dark. L'eroe cieco, che di giorno lavorava in tribunale e di notte perseguitava i suoi nemici nei vicoli di Hell's Kitchen, mi aveva convinto senza riserve. Era ed è tra le migliori serie dell'anno. Jessica Jones figurava tra i titoli di richiamo della Netflix - finalmente giunta anche da noi, e in pompa magna - e sembrava essere abbastanza forte da potere combattere i miei classici pregiudizi. Tredici abbondanti episodi per conoscersi e, in fine, giudicare. L'introduzione di una nuova figura dei fumetti – una giovane donna sarcastica, istintiva e un po' romantica, che fa l'investigatrice privata e prova a gestire come può la sua forza fuori dal comune – e della sua inseparabile nemesi. Kilgrave è un diavolo tentatore che, con una parola, può indurti a fare qualsiasi cosa. Uccidere, seminare il caos e, se sei una testarda eroina che si è ribellata alle sue manipolazioni, indurti ad amarlo. La causa: folli esperimenti in laboratorio e un accento inglese che, già di suo, fa abbastanza. La riscrittura moderna della Bella e la Bestia, l'ennesima, fa da cornice a pochi casi – un'adolescente che, soggiogata, ha ucciso i suoi familiari a colpi di pistola, ad esempio – e a tanti comprimari con la loro da dire – i simpatici e umani vicini di casa, una spietata avvocatessa rampante, la sorella adottiva famosa e Luke Cage, amico, amante e altro supereroe in cerca di spin-off. Jessica Jones non dispiace, né pesa in alcun modo, ma non è ciò a cui la Netflix, sempre di alti livelli, ci ha abituato. Un passo indietro. Siamo più dalle parti di Arrow o The Flash, questa volta. Regia anonima, sceneggiatura senza guizzi personali – anche se dalla creatrice di Twilight e Step Up potevamo aspettarci il peggio -, atmosfere da The CW. Di buono c'è l'inizio e la fine. Al centro, puntate mediocri, che non annoiano – i ritmi sono oggettivamente meno lenti e le battute spiritose portano quella leggerezza che non guasta – e niente che, essenzialmente, vorrò tenere a mente. Eccezione fatta, ovvio, per Krysten Ritter – irresistibile, lei, con quel fascino da mancata musa di Tim Burton e una misantropia molto nelle mie corde – e per David Tennant, gran maestro di carisma. Una Veronica Mars noir, con ancora pochi clienti e poteri dall'utilità assai discutibile, per una produzione che si limita a essere carina o giù di lì. Le recensioni d'oltreoceano, molto positive, e un lancio in grande mi avevano fatto sperare, però, in un en plein, dopo il colpo di fulmine con Daredevil. Colpa mia, suppongo. Pensiero azzardato? (6,5)
I ♥ Telefilm: Scream Queens, Jessica Jones, London SpyLondon Spy miniserie tv Danny, stordito dalla musica alta, esce dalla solita discoteca mentre fuori albeggia e Londra si sveglia. Pensa agli errori di una gioventù vissuta nella promiscuità e s'intristisce. Finché un passante in tenuta da jogging non gli domanda se è tutto okay. Il ragazzo sul ponte di chiama Alex e qualche volta, quando siede solo e pensieroso, desidererebbe la compagnia di qualcuno – uomo o donna non importa. Ex bambino prodigio, dotato di grande talento per i numeri e i codici, si è iscritto all'università a quindici anni e, da allora, si sente costantemente fuori posto. Si piacciono a prima vista, anche se così diversi, e Danny insegna ad Alex – che conosce poco il sesso e ancora meno l'affetto - a seguire la propria natura. Ma Alex scompare nel nulla. Danny, nella soffitta del compagno, trova un armadio pieno di strumenti erotici e un baule chiuso a chiave. All'interno, un cadavere nudo. Chi era il ragazzo che, al primo incontro, aveva capito tutto di lui, pur rimanendo un'incognita? Cosa c'era di vero tra i due, se Alex vestiva per tutto il tempo un'identità fittizia? Il primo episodio di London Spy, con i dialoghi realistici e quell'intimità quasi spiata, mi aveva subito rubato uno spassionato consenso. Probabilmente, avevo visto il pilot più bello dell'anno. Esemplare ed elegantissimo, con la timidezza dei suoi ottimi protagonisti, il mistero fitto, quel finale che si chiudeva con la scoperta del lutto e della bugia. Sullo sfondo, una Inghilterra vagamente indie, con le luci baluginanti, il cielo uggioso, lo sguardo malinconico. Le puntate successive dell'inconsueta miniserie BBC – originale perché non scritta con il pilota automatico, cosa che spesso rimprovero agli inglesi, e per la sessualità della spia protagonista in absentia, tra notizie e articoli in cui, in futuro, si ipotizzava un Bond omosessuale – hanno però ritmi lenti, più domande che risposte. Alex, un Alan Turing in erba, aveva messo in allerta le principali compagnie governative con il suo ultimo progetto. Unica soluzione: colpirlo dove faceva più male. Colpire Danny, che fragile e spaesato, eppure testardo, cerca la verità, scomodando figure nell'ombra – un anziano agente segreto, l'imperturbabile suocera – e procurandosi, a ogni passo, mortali inimicizie. Peggio delle minacce, le congetture della stampa; il volere trasformare una cosa bella in una cosa brutta, gettando fango su ciò che c'è stato tra loro, anche se per pochissimo. E ancora meglio della parentesi spionistica, un giallo che in definitiva non soddisfa abbastanza, quel senso di struggimento che perdura. L'impressione che London Spy, se solo ci fossero state più scene – e più tempo – per loro, non avrebbe avuto grossi difetti. Scrive Tom Rob Smith, l'autore di Bambino 44, e attori di prima scelta fanno il resto. Il caratterista Broadbent, la glaciale Rampling, l'esordiente Edward Holcroft e perfino il nostro Riccardo Scamarcio, nel breve ruolo di un gigolò doppiogiochista. Nota a parte per un magistrale Ben Whishaw – già indispensabile aiutante in Skyfall e presto Freddie Mercury, nell'atteso biopic – che, nella staziante scena in cui si scopre sieropositivo, per dirne una, dà il meglio di sé; forse addirittura il meglio dell'anno. London Spy, tra Weekend e Orphan Black, è tante cose. Spesso troppe, con il rischio di risultare tutto e niente. Poco a fuoco. Mostra, però, monito per gli spettatori più omofobi del cosmo, che c'è qualcosa di indescribile quando lui incontra lei, nei boy meets girl di ogni dove, ma che quando un lui incontra un altro lui – nella storia della spia e dell'uomo che la amò, ad esempio – la magia è la stessa. (7)

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