Ciao
a tutti! Rieccomi. La noia avanza e vi scrivo. Vi scrivo e voglio
parlare con voi di alcuni telefilm - in realtà sono due, il terzo è recentissimo - che seguo da tempo e che, nelle
scorse settimane, si sono conclusivi, dandomi – e dandoci –
appuntamento al prossimo anno. L'imperdibile Shameless, che
quest'anno ha raggiunto livelli altissimissimi; l'orribile e inutile Pretty Little Liars, che
mi ostino a seguire armato di non so quale pazienza; il Looking che ha bisogno ancora di tempo per essere messo bene a fuoco. Parlo del primo e sparlo del secondo per tutto il tempo, principalmente. Oggi va così. E voi? Li conoscete, li seguite,
li amate – Shameless
DOVETE amarlo – o li odiate - PLL dovete odiarlo. Un bacione e buona domenica, M.
Shameless
IV Stagione
Io
seguo un mare di serie tv. Tante. Troppe. Seguirle, a volte, può
diventare anche un peso. La verità è una, ed è bruttissima: io mi
annoio subito. Delle stesse storie, delle stesse cose, delle stesse
facce. Eppure ci sono telefilm che seguo da tempo: per abitudine, per
noia, per pura inerzia. Lascio accumulare gli episodi, per poi
guardarli tutti insieme, come fanno gli studenti modello con i
compiti in arretrato. Shameless devo
guardarlo subito. Io non posso perdere tempo. Io non posso aspettare.
Io lo adoro. Sempre, da sempre. Per me, è la serie
tv. La mia preferita in assoluto. Mi sto accorgendo che, almeno in
Italia, non siamo in molti a seguirla. Che vergogna, per il telefilm
che non ha vergogna! Se non lo conoscete, conoscetelo. Punto. Avete
quattro, meravigliose stagioni da recuperare. E non sapete quanto
cavolo v'invidio. Per i profani, dico in due parole di che parla.
Shameless è
incentrato sull'unica cosa più difficile e sfuggente dell'amore: la
famiglia. La famiglia Gallagher è l'America che non hai mai visto
nei film hollywoodiani: sudicia, marcia, esclusa dalla cara riforma
sanitaria e dalle grazie del caro Dio. Dimenticate le foto sorridenti
accanto all'albero di Natale, i saggi e accorti capifamiglia, gli
amori per sempre. Sono ormai quattro anni che il superbo John Wells
che ha diretto il recente I segreti di Osage Country
mette la firma a questo prodotto che, in silenzio, è venuto
dall'Inghilterra uggiosa e sregolata di Skins
e Misfits. Parliamo di
un remake. Parliamo di una sorta di reboot vietato ai minori di
Malcolm in The Middle;
di Un settimo cielo per
canaglie e peccatori. Il linguaggio fa male alle orecchie, ma il
resto è splendore. Incontaminato, generoso, viscerale. Uno squallido
splendore. Io voglio bene ai Gallagher, sul serio. Non chiedono
aiuto, non cercano redenzione, ma ai miei problemi aggiungerei
volentieri i loro. Ad occhi chiusi. Si fanno amare con una facilità
incredibile, si amano con una facilità incredibile. Con un papà
alcolizzato e con un piede nella fossa, un disastro di sorella
maggiore, due fratellini in preda agli ormoni, un genio travestito da
mela marcia. Li chiamo per nome, potrei parlare di loro fino allo
sfinimento. Sto zitto, e mi limito all'essenziale. Shameless
è un capolavoro del piccolo schermo e la quarta serie, forse, è una
delle più belle di sempre. Sono belli Ian e Mickey – pieni di
sangue e segreti – che si amano e fanno a botte. Personaggi
secondari, bulli omosessuali, ragazzi felici in una Chicago di
papponi scontrosi, locali notturni, escort russe. Il Mickey del
bravissimo Noel Fisher è credibile, folle, di un'umanità senza
pari. E poi, accanto al magistrale e fragile William H. Macy e a una
spumeggiante Joan Cusack, la sola e unica Emmy Rossum. La ami e la
odi. Non ha trucco, non ha un ruolo facile, ma ha un copione che
strappa da lei il meglio: sofferenza, pianto, sangue. Fiona è
cambiata e, da sorella maggiore, è diventata tutrice legale dei suoi
fratelli. Le responsabilità la rendono diversa, la rendono
sgradevole e in briciole. Potenzialmente, un'erede di Frank: tale
padre, tale figlia... Un ruolo che si scopre crudele la rende, però,
intensa come mai prima. Un Emmy ce l'ha nel nome: non candidarla,
questa volta, sarebbe una blasfemia. Nel sesto episodio –
Iron City – ti spezza, si
spezza. Il finale di stagione parla di morti che camminano e di
giovani che s'ammalano della depressione dei vecchi: poveri Lazzari
di periferia. Shameless
è il serial che non puoi perdere. (9/10)
Pretty Little Liars
IV Stagione
Le
protagoniste di Pretty Little Liars non recitano, starnazzano. Sono
galline professioniste. Vagano in boschi e cimiteri in abito da
sposa. Vanno conciate ai funerali come diciassettenni a un festino di
Capodanno. In questo serial capitano cose così. Anche l'occhio vuole
la sua parte, non c'è dubbio. E, sulla ABC come in casa The CW,
tutti sono super: super bellissimi, super popolari, superati.
Ma è una serie ABC e sono anche tutti casti e ben vestiti. Niente
scene osé: non ci sperate! Due le note positive che riesco a
trovare. Spencer e Allison. Spencer: quella che si veste da vecchia,
sì. Ah, ma forse vi confondete con Aria? No, lei è solo vintage: si
veste come una zingara/cartomante/barbona per scelta di vita. Lei è
vecchia dentro. Attiva come la Signora in giallo, lucida come
Courtney Love, ma piuttosto brava. Le altre sono dei cani proprio. La
peggiore, Ashley Benson, che pare tutti trovino la più bella. In
compenso la bambolona bionda non mi convince nemmeno sotto quel punto
di vista. Poi Allison: Allison è Allison. Non capisci un cavolo di
lei, ma è ipnotica. Bellissima, carismatica, convincente. Com'è il
finale di stagione? Inconcludente, come al solito. Prendi a vaglio
tutti i tipi loschi. Stani tutti i sospettati. Ci sei. La verità,
finalmente. E invece niente. Come quattro serie prima. E questa
quarta stagione è la più inutile, insulsa e noiosa: il che è tutto
dire, vabbè. Per correttezza, ammetto di essermi addormentato ad
ogni puntata, o quasi, e ad ogni puntata, o quasi, di aver saltato
interamente le parti di mezzo. Ma Pretty Little Liars è così
ordinato, raffinato, organico che riesci a capire tutto lo stesso,
anche in quei dieci minuti in cui ti svegli di botto sul divano? No.
In realtà ti svegli e le vedi che blaterano, scappano, si lasciano
sfuggire il colpevole, come una mosca in un pungo. Mi è piaciuto?
Noooo. Guarderò la serie successiva? Sììì. Lo so
che pensate: questo è idiota fino al midollo! Comprenderete solo
dopo aver visto questo serial.Troppo trash per essere vero. Ognuno ha
bisogno della sua dose settimanale di scemenze. I nostri palati
chiedono di dissetarsi con il trash puro. E Pretty Little Liars
è il Nestea, la Corona, la Coca Cola del trash. Dai creatori di The
Walking Dead, Peppa Pig e i Barbapapà. Che
collaborazione illustre! (3/10)
Looking
Stagione I
Looking
è la versione maschile del celebrato Girls. Così l'hanno
presentato, lo scorso gennaio. Spontaneo, vero, senza orpelli. Una
serie TV con soli uomini e uomini soli. I personaggi, a volte, mi
sono parsi veri chiché ambulanti. Ma a volte mi hanno stupito
positivamente, perché anche con i baffoni alla Village People o il
fare da primadonna, risultano autentici. Looking è targato
HBO: dove non ci sono i belli senza arte né parte della The CW. La
stessa HBO nota per i suoi telefilm da bollino rosso, ma che – in
questo caso – sa essere diretta, incisiva, coerente ma senza
eccessi. Bravissimo il Jonathan Groff della prima stagione di Glee,
nei panni del quasi assoluto
protagonista, e, tra i comprimari, resta impresso il simpatico
Russel Tovey di Him and Her. Per
le gigantesche orecchie a sventole, i videogame, l'accento british.
Soprattutto per l'accento, forse. Questa serie non vuole essere
educativa, non vuole essere importante, non vuole indurre alla
tolleranza. Scarni gli scenari, misurata la recitazione, magnetica la
fotografia. Pittoresca e malinconica questa San Francisco qui. Da
intenditori – e io non lo sono, lo premetto – la variegata
colonna sonora. Un gioiellino di regia e scrittura il quinto
episodio: il più bello. Non è una serie adatta agli spettatori più
omofobi del cosmo, Looking.
Prosegue per la sua strada – chi c'è c'è, chi non c'è non c'è.
Non si parla della confusione giovanile, dell'outing, dei dubbi, ma
del dopo. Otto episodi
adulti e di grande intimità. In cerca di un loro destino - come i
tre protagonisti allo sbando -, ma interessantissimi. Da mettere
ancora bene a fuoco. (7/10)