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Scrivo questo post che ho ancora le canzoni nelle orecchie, le luci negli occhi e la tristezza nel cuore. Scrivo di Smash mentre ancora il ricordo è intenso e l'amarezza per la fine definitiva della serie è ancora viva e forte. Giunto al diciassettesimo episodio della seconda stagione, uno dei telefilm più promettenti, spettacolari e coinvolgenti del panorama internazionale ha spento i riflettori dopo un season finale a dir poco trionfale. Perfetto. Prodotto da Steven Spielberg, ricco di nomi importanti e di collaborazioni eccezionali, il telefilm ha subito visto le luci della ribalta. Presentato come un Glee per adulti, nella prima stagione aveva mostrato i retroscena degli show di Broadway e dintorni: le lotte tra prime donne, le rivalità tra produttori, i sacrifici e le passioni, il cinismo e la magia. All'inizio, nonostante i favolosi numeri musicali, non mi aveva entusiasmato. Al servizio del realismo, tante volte si perdeva un po' di sano e immancabile stupore. L'inizio della seconda stagione mi ha colto del tutto impreparato! E' stato inaspettatamente immediato, efficace, diverso. Più giovane, più fresco, più variegato. Ma destinato, purtroppo, a un corso breve. A metà della nuova stagione, il destino di Smash era già segnato: non ci sarebbe stato un seguito. Costi di produzione troppo alti, un pubblico poco entusiasta e poco participativo. Ascolti bassi. Sarebbe stato facile dirgli addio, se fosse stato un fiasco. Sarebbe stato facile non aspettare un degno seguito, se non si fosse rivelato un climax straordinario e vibrante e potente e trascinante. Invece, proseguendo, è stato una continua festa per gli occhi, per le orecchie e per i piedi che, scordinatissimi, seguivano il ritmo e battevano il tempo. E' stato come essere lì, dietro le quinte e in platea, ben consapevoli dei retroscena e dei segreti dello show. Come se, a migliaia di chilometri di distanza, seduto in pigiama sul mio divano, potessi recepire grazie al vento e a una qualche favorevole congiunzione celeste le note ben modulate e impeccabili di un'esibizione dei Tony Awards. Mi mancheranno i personaggi, le canzoni sempre più belle e più nuove, la perfetta simmetria delle coreografie, quei professionisti dal grande talento, quello che non potrò mai vedere. La prima stagione era partita col botto, aveva proseguito un po' svogliatamente, si era conclusa alla grande sulle note della bellissima Don't forget me. Era un omaggio ai musical classici, alle atmosfere dei film di Bob Fosse e a una delle figure femminili più affascinanti di sempre: Marilyn. La seconda, invece, ha seguito frequenze diverse, sintonizzandosi sulle onde sonore di Rent, Rock of Ages e fondando un capitolo a parte: quello del solo e unico Smash. Ha avuto più pezzi originali, più attori, più sfarzo e ben due musical rivali da mostrarci: Bombshell e Hit List. Due storie diverse e due dive immense a confronto: l'angelica e raffinata Karen (Katherine McPhee) e la sexy e talentuosa Ivy (Megan Hilty). Una più brava, bella e competitiva dell'altra. Per Karen è tempo anche di un amore tormentato che ha il volto dello scapestrato e brillante Jimmy (Jeremy Jordan) e di un nuovo, radicale inizio.
Per Ivy, invece, è arrivato il ruolo che attendeva di una vita ed esplodono ancora i conflitti con sua madre (la notissima Bernadette Peters) e l'attrazione per il coreografo Deker (Jack Davenport) – accento inglese, donne a non finire, scandali su scandali. Insieme a loro, ci sono Julia (l'adorabile Debra Messing) e Tom (Christian Borle), due commediografi e compositori inseparabili che, tra liti e imbarazzi, sono un po' i Will e Grace della serie TV. Protagonisti di numeri musicali esplosivi e intonatissimi, omaggiano ora Bollywood, ora il pop e il rock contemporaneo, esaltando e catturando come solo gli americani – re indiscussi del musical – sanno fare. Non è umanamente possibile avere bellezza, talento e intelligenza: poi ci sono gli americani che hanno tutto questo e anche qualche qualità aggiuntiva, alla faccia nostra! Il season finale di novanta minuti è una gioia e un piacere. L'episodio conclusivo è un trionfo. Soffre di qualche evidente taglio, vero, ma è un addio in grande stile. Si apre sulle note di una magistrale cover di Under Pressure che strizza l'occhio all'incipit di Rent, prosegue con una patinata ed emozionante premiazione, si chiude – insieme al sipario rigorosamente rosso – mentre Ivy e Karen, come la bionda e la bruna di Chicago, cantano, rivolgendosi allo spettatore, “Tu dà loro un gran finale. E chissà cosa ti riserva il prossimo anno. Anche se la storia è finita, noi continueremo a sognare...”. Vorrei proprio che la storia non fosse finita. Che l'anno nuovo ci riservasse una piccola, grande sorpresa. Chi può dirlo. Lunga vita a Smash. Intanto, come dopo la morte dei più grandi, le luci di Broadway, metaforicamente, si spengono per un'intera sera, dopo due anni vissuti intensamente insieme. E sapete che faccio? Lo inizio a vederlo tutto da capo.
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