I ♥ Telefilm: The Enfield Haunting, Younger, Finding Carter II
Creato il 20 giugno 2015 da Mik_94
The Enfield Haunting
miniserie tv
Gli
anni '70, la Londra provinciale, una povera casa infestata. Sarà
vero oppure no quel che giura la famiglia Hodson – letti che
tremano, vasi che scoppiano, lividi che non si rimarginano, rumori
improvvisi quand'è notte? Chiamato ad indagare, un anziano ispettore
del paranormale con un lutto incancellabile e un matrimonio in crisi
e, a mettergli inizialmente i bastoni tra le ruote, un giovane
spavaldo che vorrebbe smascherare quella storia di spettri; dichiararla tutto un falso. Ma quando la piccola di casa, Janet,
inizierà a essere in pericolo e a prestare il suo corpicino a
fantasmi in cerca di vita nuova, come negare l'evidenza? A Enfield
c'è una casa maledetta. The Enfield Haunting,
miniserie in tre puntate andata in onda di recente su Sky Living, mi
era stata consigliata da alcuni dei miei suggeritori di fiducia –
questa volta, tra gli entusiasti, anche mio padre. Leggevo commenti
convinti, volavano otto e nove, sentivo l'esigenza di un doveroso
recupero. Purtroppo, un po' come era accaduto all'inizio dell'anno
con Remember Me –
sempre inglese fino al midollo, sempre capitanata da un vecchio e
valido mattatore -, il mio coinvolgimento è stato parziale.
Non mi è parsa imprescindibile. Ben
realizzata, recitata alla perfezione, agghindata con scenografie di
tutto rispetto e regali accenti britannici, ma fredda, distante,
tanto tradizionale da risultare già vista. Non ci
si stupisce davanti alla resa all'avanguardia: ormai, la tivù ha
assi nella manica maggiori del cinema stesso. Non impressionano le
voci demoniache, le anime in cerca di pace, i piccoli esorcismi
domestici: quel rigore di cui vi parlavo, per forza di cose, insieme
a una durata che si aggira intorno alle tre ore, dilata i tempi e la tensione. Qualche salto dalla
poltrona c'è, ma c'è soprattutto un epilogo addolcito che si intuisce sin dall'inizio. Degno di nota, accanto alla cura
formale e a una sceneggiatura che sarà pure tratta da fatti
realmente accaduti, ma non conquista granchè, il cast. Con Timothy
Spall, bravissimo, premiato lo scorso anno a Cannes per il suo amato
e odiato Mr. Turner; Matthew
Macfadyen – il Darcy di Joe Wright, ora sui piccoli schermi anche
con Ripper Street –
che ha un fascino per me incomprensibile che le lettrici più
eloquenti, chissà, un giorno vorranno spiegarmi e quei modi da
manuale che me lo fanno trovare sempre insipido; su tutti, ottima la tredicenne Eleanor Wothington-Cox. Bambina
bellissima e carica di potenziale, che mi ha ricordato la Emma Watson
dei primi Harry Potter e
una versione in miniatura della Ryder, ai tempi di Burton. Per il resto,
impeccabile produzione d'oltremanica in cui tutto è al posto giusto,
ma che la mancanza di un preciso taglio stilistico e la trama
copia-incolla non mi ha reso del tutto gradita. Ghost story tipica che l'essere vera non rende purtroppo più originale. (7)
Younger
Stagione I
Liza
Miller ha quarant'anni, una figlia in Erasmus in India, un marito
traditore che l'ha lasciata sola e piena di debiti. Dicendo addio
alla sua villetta di lusso e al suo buon vicinato, si trasferisce a
Brooklyn, con una vecchia amica del liceo, in un appartamento che può
andare bene solo se si è giovani, sognatori, disoccupati. E Lisa è
tutto, meno che giovane. Cosa che, nella ricerca di un lavoro fisso,
pesa eccome. Finché, per la professione dei suoi desideri, stagista
in una casa editrice più alla moda degli uffici di Il diavolo
veste Prada, non mente sulla sua età. Quindici anni: un
dettaglio minuscolo. La nuova lei – che si veste e si atteggia come
una ventiseienne – riparte dunque da una sonora bugia. E, da quella
bugia, trova il riscatto sperato e l'amore di un aitante tatuatore
che, anagraficamente, potrebbe essere suo figlio. Riuscirà a
convivere con la sua doppia identità o, seguendo un proverbio che
dice che la verità rende liberi, farà outing sulla sua seconda
ritrovata gioventù? Younger – tratto da un omonimo romanzo
di prossima pubblicazione per la Piemme e portato sul piccolo schermo
dal creatore di Sex & The City – è una dinamica
commedia romantica in dodici episodi, giunta a marzo ma più che
consigliata per quest'estate che è alle porte. Carina, simpatica,
scorrevole. Il formato della sit-com e le disavventure impossibili
degli chic lit che tanto piacciono a Hollywood. La memorabilità non
vive da queste parti, ma – per ritmi, cast e situazioni paradossali
– Younger è molto meglio
delle previsioni. Un appuntamento settimanale per concedersi un
sorriso e, se si è nel mezzo del cammin di nostra vita, qualche
piccola fantasticheria che non fa mai male. Chi non vorrebbe mettere
un punto e andare a capo, al tempo degli amori di una notte, delle
amicizie alcoliche, delle feste folli? Sutton Foster lo vuole e può: quarantenne (in ottimo stato di conservazione) figlia degli anni ottanta, già vista nello
sfortunato Bunheands – A passo di danza,
è una convincente padrona di casa e, questa volta, la serie di cui è
la stella principale non avrà, a quanto pare, vita breve. Dopo pochi
episodi, e nonostante uno zuccheroso lieto fine, Younger è
stato confermato per una seconda stagione. Merito anche dei
comprimari – la riesumata Hilary Duff, sempre più bionda, e il bel
Nico Tortorella del primo The Following
– e del mondo editoriale statunitense che offre, con le sue fan
fiction che diventano bestseller e i suoi scandalosi tentativi di
plagio, qualche spunto originale e uno sfondo cangiante. (6,5)
Finding Carter
Stagione II
Si
era persa, Carter, e si era ritrovata, la scorsa estate, in una serie
MTV carinissima, che aveva il suo nome di battesimo e gli elementi
dei teen drama di una volta: amore, segreti, liceo, famiglia. Finding
Carter, la storia di una sedicenne che aveva passato la vita
accanto alla sua rapitrice, convinta fosse la sua madre biologica, e
del suo successivo ritorno all'ovile, mi aveva strappato un sette
pienissimo e un certo consenso. Non la serie dell'anno, okay, ma
quanto era piacevole? Parecchio. E aveva saputo fermarsi al momento
giusto – o sbagliato, a seconda dei punti di vista – davanti a un
twist finale che, nel momento di un quasi certo lieto fine, aveva
stravolto tutto e tutti. La ragazza rapita – quella sui cartoni del
latte, sulle foto affisse ai pali del telefono, dell'esistenza tutta
in forse – era stata rapita ancora. Passato un anno, io ero ancora
lì, seduto al computer, ad aspettarla. Questa piccola serie – nel
suo piccolo ancora più piccolo – non mi avrebbe deluso. Come
poteva, se già una volta aveva usato i clichè a suo piacimento, con
estrema scioltezza? Invece non solo il nuovo Finding Carter
delude le attese, ma risulta superfluo, noioso, inverisimile per la
maggior parte dei suoi dodici episodi. Consiglio sulle puntate: se
proprio volete, guardate la prima e le ultime due. Il resto non vi
piacerebbe. Per gli inciuci inutili, i personaggi che subiscono
cambiamenti radicali, le raffiche di colpi di scena che non
sortiscono effetto alcuno. Succede fin troppo, e più che un teen
drama alla The O.C sembra una soap – e più impossibile di
Jane The Virgin, che compensa all'inverosimiglianza con un mare
burrascoso di risate. Qui tutti sono seri, saggi e piangono a dirotto.
Ma chi ci crede che prendono sul serio le scappatelle dei coniugi
Wilson, la redenzione dello scapestrato Crash, le conquiste di una
Taylor tramutatasi in baldraccone, i piagnistei di una Carter che, se
non fosse così bellina, avrei già rispedito al creatore? Gli unici che si tollerano, su un set di prime donne che
non hanno però la stoffa dei mattatori, Grant – adorabile fratello
minore interpretato dal piccolo Zac Pullam, che tempo un'estate
diventerà un gigante – e Max, coi capelli di Rapunzel e la
brillantezza di Channing Tatum, per nominarne uno a caso nei cui
occhi vedi rotolare le balle di fieno, di cui perdoni gli scivoloni
perché è proprio pollo per copione. Immancabile il finale sospeso – al
momento di un atteso processo che è tra i pochi eventi importanti di
un lungo brodo scaldato – e l'aria scettica. Tutti i lo seguo ancora oppure no?
che si scioglieranno
tra più di qualche mese. Quando la noia e la curiosità faranno la
loro parte. (5)
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