Ciao
a tutti, amici! Post velocissimo, questo venerdì, per parlarvi di
tre serie TV che, di recente, si sono concluse – e una
definitivamente (sigh!). Ma, insieme ai finali di stagione, in
quest'ultimo mese, anche grandi debutti: con Salem e Penny
Dreadful è già scoppiato l'amore. Grandiosi e graditi
rimpiazzi, già. Scappo a studiare. Vi auguro uno splendido weekend e
buone letture. A presto, M.
The Following
II Stagione
Partito
nel migliore dei modi, l'anno scorso, The Following si era
concluso con una prima stagione fatta di alti e bassi. Puntuale, ecco
arrivare la seconda. Senza misteri, percorre la stessa strada della
prima e, puntuale anche in questo, inciampa nelle stesse buche,
rischia di crollare a peso morto negli stessi tombini, s'incespica
per le stesse salite. Ha un motore che borbotta ed è seguita da
spettatori che borbottano, nelle loro poltrone. Come perdonare alcune
trovate? Come smettere di seguirlo? Pretty Little Liars è
brutto, non The Following. Questo è oggettivo. Mentre quelle
quattro oche, però, non destano particolari critiche, nella loro
idiozia senza fine, The Following verebbe da criticarlo a
lungo, nonostante varie e rare note positive. Era partito come un
novello Hannibal, con la storia di un detective ossessionato
da un burattinaio dietro le sbarre. Nell'attimo in cui Joe Carroll
era evaso, però, lo spunto iniziale era sfumato via. Questa, dunque,
era diventata la solita serie in cui i protagonisti si limitavano,
per una dozzina di episodi, a giocare a guardie e ladri. Chi fugge,
chi insegue, chi muore, chi resuscita. In The Following tutti
resuscitano. Hanno vite illimitate, come in un videogioco. Se muori,
puoi ripartire dal check point. Corpi crivellati di proiettili hanno
la forza per alzarsi in piedi e chiedere aiuto ad altri cattivoni,
gente caduta dal primo piano e con le ossa rotte può afferrare la
caviglia dell'uccisore – come da copione – per far sussultare lo spettatore ormai preparatissimo, tiratori scelti del FBI
possono mancare un bersaglio umano a venti centimetri. The
Following parte da un paradosso di per sé, questa volta. Da una
forzatura della sceneggiatura che salva il personaggio più
interessante da morte certa giusto per fare andare avanti la storia.
I seguaci diventano adepti, la Bibbia diventa ispirazione per
supplizi al posto del classico Edgar Allan Poe, i manipolatori
vengono manipolati. Il cast è di
serie A. L'affinità tra Bacon e Purefoy continua ad esserci, il
giovane Shawn Ashmore ha una bella grinta e, questa volta, si
aggiunge anche una femme fatale. Una bellissima Connie Nielsen (Il
Gladiatore, L'avvocato del diavolo)
che più invecchia e più acquisisce fascino: ricorda la Basinger.
Davanti ai suoi quarantanove anni magnificamente portati, potrei
anche credere all'immortalità di Carroll & co, sì. Insieme a
lei, altra new entry: il bravo Sam Underwood in un duplice ruolo.
Luke e Mark – e io pensavo veramente si trattasse di due gemelli,
ignorando chi fosse l'attore – sono due simpatici fratelli
necrofili, bipolari e imprevedibili. Belli, gioviali e sorridenti,
come gli assassini di un Funny Games mainstream.
Il tutto, francamente, si regge
anche benino, ma io ho avuto la stessa impressione, guardando il
fiacco finale di stagione, che provo davanti a The Vampire
Diaries – perché seguo anche
quello, quindi non rompete! Questo serial potrebbe proseguire fino
alla fine del mondo. Ché poi di The
Vampire Diaries ha gli stessi intrecci “fantasiosi” e la stessa
penna: dietro entrambi, Kevin Williamson. Lo stesso della saga di
Scream, con il suo
umorismo involontario, le sue idee inesauribili, sette vite jolly per
ogni personaggio. Divertente nella sua improbabilità. (6+/10)
Being Human US
IV Stagione
E'
finito. Per sempre. E quando i titoli di coda sono apparsi dal nulla,
per l'ultima volta, ho pensato che avrei potuto piangere. In caso,
sarei stato giustificato, no? Di Being Human non ho mai
parlato, eppure le occasioni non sono mancate. E' una serie molto
sottovalutata. Ma quando si parla di remake va così. Il Being
Human canadese che ho visto io,
infatti, arriva sulla scia dell'omonima versione inglese. Avrà
lanciato più di qualche attore, ma a me non convinceva: l'ho
abbandonata ai primi episodi. Tetri, spogli, strani. E' dal 2011 che
la versione US mi fa compagnia. Pian piano, mi ha aperto il cuore.
Uno scenario da sitcom: quattro pareti, un divano sfilacciato, un
soggiorno, un cucinino, un sottoscala pieno di polvere. Tre
coinquilini molto, molto speciali. Troppo. Un unico tetto, a
volte, diventa un po' poco per per contenere tre uragani come loro.
Tre creature della notte, ma nascoste dietro vite ordinarie. Non
vorresti mai trovarti da solo con loro. O forse sì? Io propendo per
il sì. Sono la più calorosa delle famiglie, gli amici che sogni di
avere. Anche con le zanne affilate, gli ululati folli, i corpi
invisibili che bucano le pareti. E' l'umanità che cercano, ma
l'hanno sempre avuta dalla loro. Parlano dell'impossibilità di amare al
giorno d'oggi, dei dissapori di una vita coniugale che fa troppo
borghese, di avere figli, di sposarsi. Eppure non sono tutti santi,
eppure non sono sempre stati persone gentili. In quest'ultima serie
sono più fragili, stanchi e piccoli che mai. La loro casa – ed è
una casa tanto cattiva – prende vita e i loro simili minacciano di
separare ciò che è diverso. Being Human è una serie sulla
diversità, sull'equilibrio pacifico tra opposti – bianco e nero,
bene e male, uomo e donna, lupo e vampiro. Si mettono da parte le
divergenze, la fame incontrollabile, la pelle che cambia, in nome
della pacifica convivenza civile. C'è chi lascia tracce delle sue
vittime sul pavimento, chi ha riempito gli scomparti del frigo con
disgustose sacche di sangue, chi perde peli in giro per casa, chi –
invisibile – entra nelle stanze altrui senza nemmeno bussare!
Discutono, meditano di tanto in tanto di uccidersi a vicenda, si
amano di un amore strano e puro. I personaggi da tre diventano il
doppio, da un trio si diventa una famiglia - stagione dopo stagione.
Il timido lupo Josh (Sam Huntington - Dylan Dog; Veronica Mars),
trova la forza di dichiararsi a una sua adorabile collega (Kristen
Hager – Valemont) e fa la domanda, da inserviente spiantato,
per diventare infermiere. Nell'ultima puntata, è sposato, è padre,
fa torte. Il centenario vampiro Aidan (Sam Witmer – Smallville,
The Mist) è coinvolto in congiure shakesperiane, passa da un
leader ad un altro, crea nuovi vampiri e miete nuovi vittime, cambia
amanti e abitudini. Nell'ultima puntata, è un eroe che sente quello
che pensava di non poter sentire più. La giovane e bella Sally
(Meaghen Rath – L'altra metà dell'amore), invece, infesta
quella casa come spettro dall'episodio pilota. Quell'appartamento,
una volta, era il suo covo d'amore. E' stata una vittima di violenza
domestica. E' morta in pigiama. Ha sbattuto la testa e si è
svegliata in oniriche dimensioni parallele. Nell'ultima puntata,
anche lei è cambiata: è morta, risorta, morta ancora. Ha scoperto
la stregoneria, la magia nera, l'amore di un vampiro che – mera
essenza com'è – non può sfiorare. La serie TV si è conclusa a
forza, ma non ci sono forzature e non c'è fretta. Il finale è
appagante, consolatorio, dolce, nostalgico. Quello stucchevole, ma
bellissimo che – da fan – avevi sempre sognato. Alla fine
dell'ultima stagione, per un po', farete come me. Li cercerete nelle
corsie di un ospedale, tra l'erba fitta, in una casa stregata. Being
Human è un paranormal
sanguinoso, ma genuino: molto meno paranormal di quel che appare. Con
toni comuni, racconta semplice semplice la vita di persone non
comuni. Assolutamente consigliato. (8/10)
Teen Wolf
III Stagione
L'anno
scorso avevo preparato un post sulla seconda stagione di Teen
Wolf. Poi il file mi aveva abbandonato, perduto nella
formattazione improvvisa di un computer che – da un giorno
all'altro – aveva deciso di dare di matto. In quel documento di
Word c'erano scritte belle cose. Teen Wolf mi piaceva proprio.
Anche con gli attori schifosamente belli, il budget basso, i trucchi
“fatti in casa”. Mi divertiva, mi sorprendeva. Dopo una prima
stagione scorrevole e ironica, con scarse novità e scarse pretese,
nella seconda c'erano stati grossi passi avanti. C'era una passione
che colmava i buchi del budget, tanto impegno. Perfino la nuova sigla
– curata, affascinante, adulta – era il sintomo di un cambiamento
generale, nei toni e nei contenuti. Nell'estate dello scorso anno, la
serie targata MTV è tornata con una terza stagione e con ben 24
episodi. Due serie al prezzo di una. Alcune cose mi sono piaciute
molte, altre per nulla. Il taglio è quasi cinematografico, le
atmosfere sono piacevolmente dark e le venature orrorifiche sono
funzionali. E' una serie d'atmosfera, realizzata anche con un certo
gusto. Giovane, leggera, pure ben recitata, se vogliamo. Ma questo
vale soprattutto per la prima parte. Con il passare del tempo, Teen
Wolf commette un errore imperdonabile: prendersi troppo sul
serio. Si complica, e male. E' pregevole la sua voglia continua di
arricchirsi e rinnovarsi, ma l'esplorazione di un nuovo apparato
mitologico mi è sembrata frettolosa, arrangiaticcia, inverosimile.
Forzata. Dall'oriente prende in prestito i mostri, i demoni, le
spade, ma non il fascino seducente. Il serial vorrebbe cambiare, ma
resta – nel bene e nel male – sempre lo stesso. C'è tensione, ma
anche generale confusione. E' forse così che si crea il mistero?
Dimenticabili alcuni dei nuovi personaggi – i “gemelli
diversi” (che a me fanno troppo
ridere!) e Kira – e piuttosto spenti alcuni dei
vecchi – Allison, Isaac, Derek. La rivelazione più grande e lo
scoprirsi gradualmente protagonista del bravo Dylan O'Brien, il
mitico Stiles. Ruba la scena alla vera star – Tyler Posey – senza
difficoltà alcuna. Simpatico, imbranato, nerd, è il novello Seth
Cohen, ma con una problematicità imprevista. Ha scene importanti,
momenti che richiedono anche una certa bravura. Negli ultimi episodi,
però, anche lui non convince: la trama lo vuole in balia della
follia e lui sfoggia una serie di smorfiette che vorrebbero ricordare
il magnetico Joker di Heath Ledger. Tentativo fallito, caro Dylan. Il
finale – costellato da tragedie e scomparse – ricorda vagamente un The OC in salsa urban fantasy e maschera (male) la
volontà di alcuni membri del cast di abbandonare prematuramente lo
show. L'ultimo Teen Wolf è deludente. Stanco morto, fiacco. Il dottor Ink
consiglia sole, riposo, un'alimentazione salutare e una sana
rispolverata. Ci rivediamo l'anno prossimo per un check up completo.
(5/10)