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Bates Motel Stagione III Parlavo di Bates Motel con la voce del rimpianto. Preso così, come teen drama a tinte fosche, male non era. Come riscrittura del capolavoro di Hitchock faceva però acqua. Ci si aspettava tanto, ci si aspettava altro. Non un'ambientazione spiccatamente liceale, non il politicamente corretto, non un Norman al venticinque per cento, da dividere con un sottobosco di spacciatori e piccoli mafiosi di paese di cui, sinceramente, a nessuno fregava. Avevo visto le prime due stagioni con un po' di noia e la paura costante della cancellazione: sì, avevo paura, perché – io che eppure faccio fuori più serie tv che zanzare, d'estate – avevo fiducia per il futuro della serie e non volevo che finisse lì. Così. Con una sufficienza regalata per bontà a un tenero germoglio di maniaco omicida. Questa volta – con una misteriosa ospite che, morendo, lascia a mamma e figlio una pendrive zeppa di segreti – le sottotrame viaggiano a una velocità diversa e ci sono scarsi elementi di disturbo a separare lo spettatore dal cuore pulsante, nero, vero della serie: accanto a un nuovo giallo, infatti, solo la romantica vicinanza tra Olivia Cooke e Max Thieriot ha un'importanza rilevante. Freddie Highmore e Vera Farmiga, ottimi anche con i passati copioni, striminziti e scialbi com'erano, adesso hanno l'occhio della macchina da presa puntato addosso. Nati per il cinema e prestati al piccolo schermo, per un'operazione che solo ora si scopre promettente, sono bravissimi e lo dimostrano. Lui, con un viso innocente che ti ispira sberle; lei, mamma coraggiosa che è nata tra i guai e, inconsapevolmente, ne ha messo al mondo un altro. Come smettere di volere bene a un figlio borderline? Come strapparlo da sé o, ancora, dalla naturale propensione a far del male? Più affiatati che mai, catturano e intimoriscono per la svolte che, a breve, la storia potrebbe imboccare: l'immagine celebre di un albergatore psicotico con lo scheletro della madre in cantina... Per adesso, a un passo dalla fine, continuano a fingersi normali; ma lui sta per diventare il Norman che tutti noi conosciamo, e infondo vogliamo – nei suoi black out indossa la vestaglia di Norma, vede il suo spettro accanto al letto nelle notti d'amore, ha pulsioni sessuali nei suoi riguardi -, e lei commuove quando cerca di avvicinarsi a un fratello rinnegato, incestuoso, che le ha reso l'infanzia sopportabile e bruttissima in un colpo solo. Con una Emmy Rossum a riposo e una Tatiana Maslany divina al solito, ma che inizia ad annoiare, la bella Vera – potentissima – non vi assicuro vincerà un Golden Globe per la sua vulnerabile e umana Norma, ma avrà un posto d'onore nella mia lista di fine anno. Orgoglioso, allora, di dire che non ho lasciato sfitta la mia stanza presso l'albergo di una delle mie famiglie televesive preferite e che, nonostante i soliti limiti, Bates Motel fa enormi passi in avanti e si fa perdonare, episodio dopo episodio, tutto il poco che è stato. (7)
New Girl Stagione IV L'estate scorsa mi sono innamorato di New Girl, con qualcosa come tre anni di ritardo. Ho recuperato nel giro di un paio di settimane le tre stagioni che mi ero perso e, nonostante la terza fosse leggermente sottotono, si era rivelato una compagnia perfetta. Contro il caldo, lo stress, la noia da esami. Ricordo gelati, ventilatori e New Girl. Pochissimo mare, purtroppo. Ho avuto un rapporto senz'altro meno intenso con questa quarta stagione, e non per colpa di qualcuno in particolare. Che Jess si sia pettinata la frangia in un altro modo e che la sigla sia cambiata d'un tratto mi hanno sì causato un piccolo shock, ma il coccolone è venuto e se ne è andato in tempi ragionevoli. Il guaio con le sit-com è che venti minuti a settimana sono pochi e vanno guardate tutte insieme: ci vogliono abbuffate, mica appuntamenti a spizzichi e bocconi. Me lo trascino dall'autunno scorso, insomma, perché o aspetto tre anni o non so aspettare e, tra pause e ritardi, il colorato mondo di Jessica Day – in cui c'è sempre ma proprio sempre il sole – mi ha incantato leggermente meno del previsto, diluito com'era. Ma resta il solito. Spassoso, leggero, a fuoco. Chi trova un coinquilino come loro cinque trova un tesoro; allora perché cambiare formazione? L'insicuro Winston è entrato in polizia; Coach – per il colpo di fulmine con una seducente violoncellista – medita di abbandonare il nido; Cece e Schmidt si amano ma non se lo dicono; Nick fa Nick – beve, mangia, si incazza: al solito – e Jess, non più parte di una coppia storica, diventa vicepreside, vede sposarsi papà e sperimenta gli amori a distanza con un bel supplente dall'accento inglese. Ma poi davvero ha importanza quel che combinano? Insieme non conosco serietà e ci fanno ridere, tra siparietti e fraintendimenti, con il loro essere amichevoli, umani e tontissimi. Resta sempre adorabile la mia amata Zoey Deschanel dai vestiti a fiori e dagli occhiali a fondo di bottiglia – e leggo che avrà a breve un bambino, ma non sono io il padre – e il finale di stagione, aperto e con la prospettiva di un lieto fine sperato e atteso, è uno dei più soddisfacenti dell'ultimo periodo. Il prossimo anno, da brava formichina, permetterò ai ventidue episodi totali di accumularsi come da proposito? (6,5)
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