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I ♥ Telefilm: True Blood, New Girl, Please like me e un po' di pilot(²)
Creato il 11 settembre 2014 da Mik_94True Blood VII (e ultima) Stagione Se me l'avessero chiesto anni fa, in uno di quei tag su Facebook che tanto girano adesso, avrei risposto che, tra le mie serie preferite, c'era True Blood. Questo è stato sei anni, sette serie, ottanta episodi fa. Le cose belle finiscono e finiscono anche quelle brutte. Così è finito True Blood, che da qualche tempo fa parte della seconda, nutrita categoria: quella dei serial brutti. Il piccante e sanguinoso prodotto HBO, uscito dalla penna di Charlaine Harris, ha subito un'involuzione estenuante, lunga, infelice, durata svariati palinsesti. E a me piaceva; poi lo schifo ha seppellito il resto. E' notorio: io amo il trash. Ma True Blood – quello degli ultimi anni, almeno – mi ha messo a dura prova. Sul blog non ho mai trovato la voglia di parlarne, ma all'indomani dell'episodio conclusivo, eccomi. Mi sarebbe piaciuto, alla commemorazione, dire qualche parolina positiva, com'è giusto per le cose morte e sepolte. Invece quel finale – a cui sono giunto con una certa forza d'animo: naaah, ho saltato la bellezza di sei episodi, che ho immaginato noiosi e superflui come il resto – si è aggiunto al cassonetto fumante e fetido di atrocità gratutitamente distribuite. Concentriamoci, allora, su quello che True Blood ci ha dato: avrà avuto i suoi bei lati positivi, giusto? Il sesso. Malizioso, spinto, nudo e crudo, almeno una volta ha messo a nudo il cast in gran completo. Per gli spettatori: la Anna Paquin che, con uno dei personaggi più irritanti del mondo, concede le sue grazie alle telecamere, e ai lupi, e ai vampiri, e ai camionisti; l'incantevole uragano rosso Deborah Ann Woll, che però è sempre troppo vestita; l'inutile Rutina Wesley e l'epica Kristin Bauer che pomiciano. Per le spettatrici: chiappe di marmo, addominali e muscolacci che manco in Magic Mike, la rivelazione Alexander Skarsgard e il disinibito Ryan Kwanten che – in un tripudio di insensatezza – ci danno dentro focosamente. Le ragazze ci vanno meglio, e ci va meglio pure la Paquin che, nonostante la sua naturale “odiosità”, si è sì bruciata una carriera avviata da bebè con Lezioni di piano, ma ha anche trovato un marito: Stephen Moyer. La settima stagione è la più imbarazzante, anche se non è umanamente possibile. Il resto cos'era, allora? Di un imbarazzante... disumano. La protagonista che spara fatate onde energetiche, il matrimonio e il funerale, la tavolata felice alla Settimo cielo, con gli intrecci lasciati al creatore, i comprimari dimenticati e il diabete che avanza fanno cadere in ordine sparso: 1. mascella, 2. braccia, 3. palle. Da quando True Blood sembra essere finito nelle mani di un'undicenne analfabeta che scrive fan-fiction vampiresche le buone intenzioni iniziali – mie e dei produttori – si sono fatte melma al sole. Rimembriamo tutti un insensato sogno erotico a tinte queer, con candele tremolanti e musica argentina di sottofondo, per esempio. Potreste dirmi: era il desiderio delle fan. Il mio desiderio di fan era che Sookie morisse tra atroci sofferenze e torture, eppure nell'ultimo episodio è vivissima. E incinta. Ops, spoiler! Ho smesso di ridere di ciò recentemente – non è vero neanche questo, perché rido ancora. In questo. Esatto. Momento. (4)
New Girl II e III Stagione Partiamo dal presupposto che Zoey Deschanel è una delle più adorabili abitatrici della Terra. Cioè, l'avete vista? Io l'ho scoperta qualche anno fa in 500 giorni insieme e la amo da allora, all'incirca. In quel film, io ero un altro Tom e lei mi aveva spappolato il cuore. Agli uomini piacciono le stronze. Ma lei era troppo, troppo carina per essere crudele: quindi niente. Cuore rotto o meno, la guardavo e le mandavo piccioni viaggiatori con l'invito alle nostre nozze, o simili. Le passioni della ragazza nerd, in un corpo da Barbie alternativa. Non ragazza nerd sono-troppo-presa-dai-videogiochi-per-lavarmi-i-denti, ma il tipo da sogno che ascoltava vecchie canzoni, indossa vecchi vestiti a fiori, può permettersi la frangia senza il rischio di sembrare un panciuto pechinese. E quello sguardo blu che ti farebbe fare incidenti d'auto a ripetizione... Un guaio. Come questo post, che si sia trasformato nella posta del cuore. Insomma: ho iniziato a vedere New Girl e, insoddisfatto dei venti miseri minuti a settimana, l'ho messo in pausa. Per due anni e mezzo. Che devo dirvi: la cosa mi è sfuggita un tantino di mano. Ho recuperato le ultime due stagione questa estate. Se estate volete chiamarla. La depressione per la sessione autunnale, un esame che non si vuole preparare, la pioggia senza fine e le schiarite improvvise, il vento, la noia, la fame, la noia riempita con gelati o biscotti che colmano anche la precedente voce della mia lamentosa lista. Questi tre mesi, insomma, a me sono sembrati la brutta parodia della già brutta pubblicità Sammontana. New Girl – carino, infinitamente – è stato un toccasana per il mio umore nei momenti in cui stavo nero nero – di animo, non di carnagione: sono andato troppo poco al mare per permettermi l'abbronzatura da surfista californiano. Sono stato in fissa con il simpatico, stupido e romantico mondo di Jessica Day e, accompagnato ineditamente da mio fratello, mi sono dato a vere proprie maratone serali e notturne sul divano. Il top del top. E c'era – e c'è – la preoccupazione per l'appartamento nuovo, in cui andrò a vivere dal primo ottobre: come saranno i coinquilini? La convivenza è sempre un rischio, come un appuntamento al buio. Guardando New Girl, però, ho sperato di ritrovarmi anch'io in uno scenario e in una compagnia da sit com e, ansiosissimo, ho scoperto la serenità. Insieme a Jess - che rende i pigiamoni imbottiti il massimo del sexy, che dopo una rottura ascolta Taylor Swift a tutto volume, che balla e canta come una dolcissima demente – ci sono il mitico Schmidt (e ogni serie di successo ha uno Schmidt cult: Barney, Sheldon, Stifler); il saggio Winston; la bellissima modella Cece (che vive nell'appartamento saltuariamente, un po' a scrocco; amica di Jess e amica di letto di Schmidt); e poi Nick, burbero e scontroso. Dio, io sono Nick: sputato. Gli stessi borbottii indistinti, lo stesso broncio, lo stesso fisico sformato. Manca solo l'amore della Deschanel – hai detto niente - per renderci la stessa persona. Prima e seconda stagione: uno spasso. Si perde qualcosa nella terza, quando Cupido scocca uno dei suoi imprevedibili dardi e sboccia del tenero. Nasce una coppia bellissima e male assortita che turba gli equilibri della convivenza. Tira e molla, gelosie, bizzarri dissapori. Tanto, nella terza stagione, viene a noia e il ritmo scema. Ma, tranquilli, niente di irreparabile. Chissà cosa ci riserverà la prossima. Io sono fiducioso: dopotutto, “it's Jess”. Non vi basta? (7,5) (6+)
Please Like Me Stagione I Josh è un tipo fuori posto. Sfacciatamente fortunato, ma fuori posto. Non esattamente una bellezza, con quella sua faccia da neonato centenario: glielo ricordano i suoi familiari e i suoi amici, che gli vogliono un bene dell'anima e lo tormentano a giorni alterni. Non si sa bene cosa faccia. Non si sa bene cosa gli piaccia. Non si sa bene come si sia accaparrato prima la bellissima Caitlin Stasey di Reign, poi un esemplare altrettanto bello ma di un genere altro di nome Geoffrey. Sappiamo che, senza troppi drammi, prima era etero e poi ha smesso. Ha una ex che è diventata così sua amica per la pelle e un ragazzo romantico e palestrato che per essere il suo primo in assoluto malaccio non è. Josh vive la sua sessualità con serenità estrema, dal momento che prima del colpo di fulmine con Geoffrey già ci avevano pensato le sue bizzarre passioni a metterlo saggiamente in guardia: gli orologi a cucù, il balletto classico, le mini-crostate fatte in casa, le camicie a fantasia, i pantaloni a tubo dai colori pastello. Ma quando tuo padre con la crisi di mezza età sta mettendo su famiglia in Thailandia, tua madre tenta il suicidio ingurgitando aspirine e Baileys, la tua zia preferita ha un piede nella fossa e una patente da rinnovare, l'amore che guaio sarà mai? Che sorpresina che è questo Please like me. Me lo ritrovavo spesso tra i piedi, ci inciampavo vicino: sapevo che c'era una seconda stagione in corso e poco altro. I suoi sei episodi introduttivi, di venticinque minuti ciascuno, li ho visti in un giorno, perché alle coincidenze ci credo e se internet me lo metteva ogni due secondi sulla Home una buona causa doveva esserci. Mi sono divertito tanto, stupendomi della lucidità del tutto e dell'irresistibile ironia del resto. Please like me è una serie australiana scritta e pensata dal talentuoso Josh Thomas – autore, protagonista: idiota. I cenni autobiografici si sprecano e le situazioni, anche se spesso già viste, funzionano. Thomas sa recitare il ruolo di un ventenne sempre confuso che porta male i suoi anni e sa scrivere, soprattutto, dialoghi brillanti e trame veritiere. Non ricerca la risata grassa; non insegue una morale forzata e buonista che, in gioventù, nessuno vuole. Comprimari spassosi – il coinquilino occhialuto e nerd, i genitori stralunati, la prozia commovente ed arzilla - e battute genialoidi fanno del suo esperimento un qualcosa di colorato, frizzante e universale a metà tra Looking e Friends, con una penna che ricalca al meglio la calligrafia e le nevrosi di Woody Allen, ma con note autoriali del tutto personali. Un racconto di formazione a puntate sulle eredità, la convivenza, i ragazzi e le ragazze, i cani a pelo lungo e le tortine da infornare. (8)
I pilot. - Perfetto il pilot di Red Band Society, remake statunitense del nostro Braccialetti Rossi e dello spagnolo Polseres Vermelles. Quaranta minuti belli pieni che si chiudono con i Coldplay. Divertente, emozionante, sincero, con quel tocco di politicamente scorretto che mi fa impazzire da sempre. Produce la Amblin di Spielberg e nel cast, tra dottori bellocci e facce nuove e giovani, l'ottima Octavia Spencer direttamente da The Help. Il solo Braccialetti Rossi che mi concederò mai, deciso. - Selfie è l'ennesima rilettura di My Fair Lady, solo al tempo dei Social e delle foto “fai da te”. Guardabile, discreto, non troppo entusiasmante. Un primo episodio simpatico e tutto, ma bho. Presto per giudicare. Per gridare odio o amore. - Bene A to Z: una commedia romantica su un lui e una lei; una relazione analizzata dall'inizio alla fine. Mi ha colpito la voce narrante, che mi ha ricordato belle cosine - Pushing Daisies e 500 Giorni insieme, ad esempio.
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