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I Tenenbaum: Conflitti e Risate

Creato il 22 febbraio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il febbraio 22, 2012 | CINEMA | Autore: Beatrice Denaro

I Tenenbaum: Conflitti e RisatePersonaggi eccentrici e variopinti, fotografia dai colori pastello, voce narrante: non è Il favoloso mondo di Amélie (2003), ma un film di Wes Anderson, I Tenenbaum (2001) precisamente. Scritto con l’amico di sempre Owen Wilson, oltre ad autore anche interprete privilegiato, questa pellicola ha una serie di ingredienti che miscelati per bene la rendono un piccolo capolavoro. Per prima cosa è una saga familiare. Al cinema come in letteratura lo stratagemma di incentrare il racconto su una famiglia facoltosa o strampalata, o entrambe le cose, ha sempre avuto fortuna (vedi La famiglia Addams). I personaggi sono definiti in ogni sfumatura, dal carattere a ciò che indossano, cosa che li rende immediatamente riconoscibili e quindi simpatici o antipatici. L’intromissione della voce narrante, usata del resto in modo equilibrato e non soverchiante, è giustificata dal fatto di accedere da subito alla storia come se si stesse intraprendendo la lettura di un romanzo (con tanto di immagini corredate) sulla famiglia eponima, diviso in capitoli, ognuno dedicato a un componente o a qualcuno di strettamente legato ad essa. C’è dunque un perfetto parallelismo tra cinema e letteratura, un gioco di specchi e rimandi, che ci fa credere possibile scrivere un film come se fosse un libro e scrivere un libro come se fosse un film.

I Tenenbaum: Conflitti e Risate

Una vivace ironia pervade poi intimamente il modo in cui ogni personaggio e ogni evento è rappresentato, in maniera da trasformare una storia che raccontata in qualunque altro modo risulterebbe drammatica, in un colorato affresco surreale. Ingannare e depistare lo spettatore, facendogli condividere da una parte il punto di vista dei personaggi, ma fornendogli dall’altra una visuale privilegiata da cui poter vedere la verità, è infine un altro punto di forza. È un modo per strizzare l’occhio al pubblico, ulteriore elemento che lo accomuna al lungometraggio di Jean-Pierre Jeunet.

I Tenenbaum: Conflitti e Risate

I film di Wes Anderson sono dotati indubbiamente di una personale e riconoscibile cifra stilistica. Due effetti di solito considerati invadenti, fin troppo scoperti e persino rudimentali, sono adoperati puntualmente e strategicamente in ogni suo lavoro: lo zoom e il rallenti. E mai come in quest’opera trovano la giusta collocazione. È di un’assoluta perfezione la piccola traversata di Margot al rallentatore in contrasto con l’immobilità di Richie, che l’attende seduto dall’altra parte, inondato di luce, e che, nonostante lo sguardo perennemente coperto dagli occhiali da sole e il volto impassibile, trasmette tutta la sua gioia nel rivederla.

I Tenenbaum: Conflitti e Risate

Lo straordinario cast di attori, alcuni dei quali tornano ripetutamente nella filmografia del regista, dà vita a figure memorabili: piene di vizi, debolezze e fissazioni, eppure troppo stravaganti per suscitare un severo giudizio, sono più una stratificazione di archetipi. Non sono dei personaggi complessi, dai toni chiaroscurali, tuttavia nella loro chiarezza brillano di più sfaccettature. Quelle di una vita segnata da strepitosi successi e terribili fallimenti, segreti, manie, incomprensioni e rancori covati e scaturiti dal conflittuale ambito familiare. Il loro microcosmo è la famiglia Tenenbaum, alla quale essi sono profondamente ancorati sebbene fonte di ogni male.

I Tenenbaum: Conflitti e Risate

Nelle pellicole di Wes Anderson i personaggi si stagliano nettamente su uno scenario che si rivela il loro habitat ideale. In Rushmore (1998) si trattava della prestigiosa scuola del titolo, in Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004) della nave Belafonte dal singolare equipaggio, in Il treno per il Darjeeling (2007) dell’India primitiva e mistica e nella saga dei Tenenbaum, ovviamente, della casa di famiglia, sotto il cui tetto ognuno trova protezione o qualcosa che aveva dimenticato o nascosto di sé. Perché quello che conta di più non è riconciliarsi col nucleo familiare quanto con sé stessi.

I Tenenbaum: Conflitti e Risate



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