I terremoti non si potranno prevedere , ma l’ottusità invece è prevedibile al cento per cento. Così a tre anni dal terremoto de L’Aquila c’è finalmente una sentenza di condanna che nella sostanza colpisce la mancanza totale del principio di precauzione, ma si continuano a difendere le sciagurate decisioni di quei giorni dicendo che i terremoti non si possono prevedere.
E’ verissimo: non si può prevedere il momento preciso né l’intensità di un terremoto, ma proprio per questo nel corso di un evento sismico della durata di quattro mesi – come quello de L’Aquila – tra l’altro in corrispondenza con una delle faglie più attive del continente – non si può scommettere sulla pelle altrui che non ci sarà una scossa più forte e potenzialmente distruttiva per un tessuto urbano già estremamente fragile. La condanna riguarda il corto circuito che si stabilì tra i vertici scientifici della Commissione grandi rischi e la protezione civile, dentro un quadro di degrado morale e affaristico della politica: non si aveva voglia di spendere per le operazioni che un normale senso di precauzione avrebbe suggerito, ma che non avrebbero avuto un “ritorno” adeguato. Si sarebbe trattato di spese a fondo perduto senza affari da far girare.
E non fu una leggerezza: Bertolaso fece di tutto perché venissero sedati i timori della popolazione e una commissione scientifica sotto pressione politica impressionante dicesse che non c’erano rischi, cosa che non poteva affermare proprio per quella imprevedibilità dei terremoti che dopo la tragedia è paradossalmente diventata il nucleo delle giustificazioni difensive. Ma lo stesso Enzo Boschi, all’epoca del sisma presidente dell’Ingv e uno dei condannati lo fa capire benissimo quando dice: «Bertolaso ha mentito, io non posso aver escluso forti scosse in Abruzzo, sarei stato un matto. Le mie comunicazioni all’ufficio sismico della Protezione civile erano tutt’altro che tranquillizzanti».
Ecco “sarei stato un matto” eppure una lucida e assurda follia corse liberamente nei giorni precedenti la tragedia. Infatti la sentenza di condanna a sei anni pone in gioco non principi astratti, ma la domanda: vogliamo avere dei vertici scientifici completamente supini al potere politico – economico e ai galoppini del medesimo, oppure vogliamo preservarne un minimo di neutralità e di libertà? E a questo proposito stupisce in negativo l’intervento di Mario Tozzi a difesa delle decisioni di quei giorni: da essere il campione del principio di precauzione, se ne viene fuori anche lui con l’imprevedibilità dei terremoti, perché quando si deve difendere la propria casta o la propria carriera, qualsiasi cosa viene buttata alle ortiche. Abbiamo scoperto un altro ometto dentro l’opaco “sistema Italia”, che purtroppo è sempre prevedibile.
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