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I terreni di origine pliocenica del Montalbano e la potatura: l'agronomo Roberto Abate a Villa Petriolo
Da Silviamaestrelli"In questa bruma primaverile dai colori pastello, rubati ai sogni fanciulli, ho dipinto incantato un futuro per gli affetti cari, finché il sole estivo non ha scoperto che la corrente di quel ruscello non si faceva ciottolo e arso, come sale marino, un viottolo disseccato portava bianco al cammino nuovi destini. Eppure, prima del tramonto, quando all’ultima rondine regalerò lo stelo per il prossimo nido, sono certo che come un pescatore di terra tornerò per la vendemmia, a gettare le reti e raccogliere i frutti dell’età, nella speranza di trovare una conchiglia dimenticata a raccontarmi di te, come di una madre".
(tratto da Nicola Baronti, Polittico Vinciano – La Via di Caterina, 2008)
I terreni di Villa Petriolo, sul Montalbano, culla materna di Leonardo Da Vinci, risalgono al periodo pliocenico, ossia a 5 milioni di anni fa. I resti delle conchiglie che i terreni presentano – chiamate dal Genio universale i “nicchi” - talvolta sono conglomerati da carbonati di calcio, a formare vere e proprie zolle. Questi terreni risultano molto interessanti per la viticoltura. Sono aree che, in seguito al sollevamento, si sono prosciugate per ultime e quindi riportano i resti di tutti i molluschi che vivevano all’epoca nei mari.
Le caratteristiche agronomiche di questi terreni mostrano un buon rapporto tra le tre frazioni granulometriche: 30/35% di sabbia, buona presenza di limo e una piccola frazione di argilla, non così abbondante da procurare danni alle piante ma sufficiente a garantire alla vite una buona ritenzione idrica così da superare indenne periodi di siccità estiva.
Questi terreni sono particolarmente adatti a produrre vini fini, sottili, molto eleganti, con una buona concentrazione zuccherina, e quindi con una buona alcolicità naturale, mai pesanti o stucchevoli. In questi suoli l’eleganza è l’aspetto che viene maggiormente premiato nella produzione dei vini.
L’agronomo di Villa Petriolo Roberto Abate ha approfittato di questa mattinata invernale per mostrarci il metodo di potatura delle viti di Sangiovese nel vigneto delle rose, da cui cresce il Chianti DOCG Rosae MnemoSis.
In questo periodo le nostre piante sono nel pieno della fase fenologica del riposo vegetativo ed è questo dunque il momento migliore per eliminare i tralci che nell'annata scorsa hanno portato i grappoli a maturazione. La potatura, che consente di mantenere la pianta nella sua forma adatta al sistema di allevamento prescelto, è allo stesso tempo una pratica invasiva e necessaria. Invasiva perché le ferite inferte possono favorire la penetrazione all'interno dei tessuti legnosi di funghi parassitari che possono danneggiare gravemente il tronco e a volte addirittura provocarne la morte. Necessaria perché la vite, se non viene potata, non è in grado di produrre uve in quantità ed in qualità adatte alla vinificazione. Non dobbiamo dimenticarci che la vite è in sostanza una liana che lasciata libera di crescere si arrampica velocemente su tutori e produce bacche solo per la produzione di semi in grado di riprodurre altre piante.
La potatura quindi è una operazione molto delicata, fondamentale per il raggiungimento dell'equilibrio vegeto-produttiva della pianta stessa e fondamentale per il mantenimento dell'efficienza dei ceppi. Molte sono le occasioni in cui si parla di potatura dei vigneti, molte sono le forme di allevamento che cambiano da una zona viticola all'altra o da un vitigno all'altro. Per tutti però la regola principale da applicare è sempre la stessa: raggiungere gli obiettivi (cioè mantenere la forma e l'equilibrio della pianta) contenendo il più possibile i danni e limitando al minimo le dimensioni delle ferite.
Questa operazione non deve essere eseguita quando le piante non sono ancora completamente nella fase di riposo vegetativo e deve essere completata prima che le radici risvegliate dai primi tepori primaverili comincino a pompare linfa nei vasi linfatici in preparazione del germogliamento: operando con queste modalità, verranno rispettati i ritmi fisiologici della natura senza forzature.
(Roberto Abate)
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