Archeologia e storia nei mari di Sicilia da poco in libreria è opera di Sebastiano Tusa, sessantenne archeologo di lungo corso con un notevole palmares, scorrendo il suo curriculum ce ne se rende conto. È autore, tra l’altro, di oltre settecento tra saggi e monografie scientifiche divulgative sull’archeologia mediterranea e orientale. È “figlio d’arte”, il padre, il grande archeologo Vincenzo Tusa scomparso nel 2009 è stato docente di Antichità Puniche all’Università di Palermo, soprintendente di Palermo e Trapani e Accademico del Lincei.
S. Tusa
Laureato in paleontologia, Tusa figlio, si specializza in archeologia orientale e tra il ‘72 e l’85 effettua scavi in Pakistan, Iran e India, fino al ’93 è ricercatore universitario presso le facoltà di Lettere di Roma prima e di Palermo poi. Nel 2004 il grande salto, grazie all’appoggio di politici intelligenti che dopo il grande clamore suscitato dal recupero del famoso Satiro Danzante, permettono la creazione a Palermo, unica in Italia, della prima e vera Soprintendenza del Mare, una struttura che risponde alle esigenze di coordinare la ricerca archeologica subacquea in Sicilia, per la difesa paesaggistica, delle tradizioni e dei mestieri legati al mare.
Questa sua ultima fatica ripercorre la storia della moderna archeologia subacquea italiana nata nel secondo dopoguerra a partire dal famoso recupero subacqueo del relitto della nave romana di Albenga ad opera del pioniere Antonino Lamboglia, che utilizzò i mitici palombari dell’Artiglio, quando gli autorespiratori erano ancora oggetti misteriosi.
Capitolo dopo capitolo Tusa illustra con esemplare semplicità, con l’aiuto di un importante apparato iconografico, la storia, i relitti, la cantieristica antica, i porti, le grandi battaglie navali, le attività marinare, le ricerche in alto fondale, le nuove tecnologie e le metodologie, la conservazione e l’esposizione dei reperti.

E per finire ricordiamo l’introduzione al libro è di George F. Bass, considerato il padre dell’archeologia subacquea, fondatore della “Texas A&M Universty”, che scrive: “Se non fosse per la Sicilia, non sarei un archeologo marino. Se non fosse per la Sicilia, non sarei nemmeno un archeologo”.






