Com’era la nostra vita prima di Netflix? Al momento non lo ricordiamo, perché è un po’ come quando ci si innamora… La vita prima sembra vuota e triste e ci chiediamo come abbiamo fatto a farne a meno fino a quel momento. E anche questo weekend l’abbiamo trascorso con il nostro nuovo “fidanzato” e con Kyle “Coach Taylor” Chandler.
Sì, perché ci siamo impegnati nel binge watching di Bloodline solo per la presenza del solo coach che c’ha rubato il cuore e che tutti vorremmo come mentore. E Bloodline non ha tradito le nostre (alte) aspettative. Perché è un continuo ribaltamento. Un continuo cambio di prospettiva fino all’ultimo episodio. E’ un thriller che riesce a mantenere alta l’attenzione e la tensione sino all’ultimo minuto.
C’è tutto in Bloodline: c’è la famiglia, croce e delizia di ognuno di noi, perché come giustamente diceva Tolstoj “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.” C’è la suspance. C’è l’odio e c’è l’amore… Che non è sempre detto siano due sentimenti distinti e opposti. C’è la vendetta. C’è il dilemma morale tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Ma chi o cosa detta le regole del bene e del male? C’è una giustificazione al male? Potrebbe esserci un’attenuante al male?Trama: I Rayburn sono una famiglia dalla reputazione impeccabile di fronte alla loro comunità, nell’arcipelago delle Florida Keys. Quando Danny, considerato la “pecora nera” della famiglia, torna in città per il 45º anniversario della locanda gestita dai genitori, minaccia di rivelare oscuri segreti. (Wikipedia)
Messa giù così, la trama di Bloodline non è nulla di nuovo e invece… E invece, noi che ci credevamo oramai scafati e disillusi, ci siamo trovati ogni due per tre a urlare WTF?! Perché in Bloodline non puoi schierarti o meglio, puoi farlo, ma non è detto che tu non possa cambiare idea, perché il disvelamento del mistero che ruota attorno ai Rayburn è talmente costruito a regola d’arte che non si può non amare i fratelli Rayburn, TUTTI i fratelli Rayburn. Ognuno a suo modo. Ognuno con il proprio passato. Ognuno con il proprio punto di vista. E nonostante la profonda voce di John Rayburn (il nostro coach) ci racconti il suo punto di vista, come precedentemente affermato anche per la prima stagione di True Detective, non è detto che quella sia la vera verità. Più verosimilmente quella è solo la narrazione. La narrazione che ognuno di noi fa a se stesso per poter spiegare ciò che spiegabile non è. Perché siamo umani e dall’alba dei tempi l’unico modo che l’umano ha di comprendere se stesso e il mondo che lo circonda è quella di raccontarsi delle storie. Raccontarsi la propria storia. Per come la si è vissuta, per come la si sarebbe voluta vivere, perché “non esistono fenomeni “morali”, ma solo interpretazioni “morali” dei fenomeni” (Nietzsche).
E poi, scusate, come si può resistere a un intro così?! Ecco, su questo Netflix se la batte alla pari con la HBO, perché questi sono piccoli capolavori! *-* Ps. Il brano si intitola The water let’s you in (mai scelta fu più azzeccata!)… Grazie ai Book of fears per la perla! <3"><3"><3