Gli uomini si misurano dalla capacità di essere all’altezza dei propri errori. Ma questo non pare che accada nel ridotto della politica italiana dove salvatori presunti, notabili vibranti e fautori della tecnica siedono pallidi di fronte al disastro: non si spiegano il fallimento delle ricette e nemmeno la ragione per la quale ci hanno creduto. Anzi non riescono più a vedere i confini tra l’inganno e l’autoinganno. Così l’unica strada che hanno è quella di far finta di avere ancora fede e barattare l’inferno presente con un paradiso futuro, secondo la mitopoietica brevettata dell’Fmi. Nemmeno il tentativo di immaginare qualcosa di diverso.
Ma che sia una disperata finzione è evidente, che si perdano nei meandri di quella teologia economica a cui si sono arresi, arrivando a bestemmiarla, potrebbe essere tema di un’amara ironia. Così si rimane stupefatti quando Bersani in una sorta di improprio e peraltro inutile sfogo dice che chi porta soldi all’estero e “un poco di buono, vigliacco e traditore del tuo Paese”. Davvero strano quando si massacrano i diritti per compiacere la speculazione, quando ci si inchina ai cosiddetti mercati, quando si fa dell’Europa un feticcio e quando si invocano investimenti stranieri, cioè di traditori dei loro Paesi. E’ vigliacco chi investe i propri soldi dove più gli conviene quando si esalta la logica del profitto e si umilia la socialità? Senza parlare del tappeto rosso che è stato srotolato davanti a un ideologismo ottuso e confusionario dandogli modo di massacrare l’economia reale e seccando le opportunità di investimento.
Ma la frase al di la del suo non senso all’interno del paradigma nel quale agiscono il governo e i suoi fautori, è anche la spia del livello di disperazione di ciò che resta della politica. Il traditore è la tipica figura che si invoca quando le guerre sono perdute, i regimi si sfasciano, quando il presente rischia di diventare innominabile passato nel giro di un istante. I traditori sono l’archetipo che accompagna ogni crollo, gli infallibili compagni del crepuscolo degli dei. La loro esistenza è censurata nel momento del consenso, come fossero una contraddizione, ma diventa essenziale per dare un qualche senso al fallimento. Eccoli dunque comparire in anteprima in questo dramma del non segretario di un non partito, ma è soltanto un anticipo, un antipasto: fra un po’ ce ne sarà una vera folla. E del resto nessuno odia di più i traditori di chi ha tradito se stesso.