I tre caballeros. o i tre re magi, come volete

Creato il 06 gennaio 2015 da Thefreak @TheFreak_ITA

Nessuno sa esattamente cosa voglia dire “Magi”. Finché sei piccolo ti dicono “Ok, questi sono i Re Magi che arrivano da Gesù e questa è la calzetta piena di dolci” e te prendi la calzetta ma rimani perplesso perché il nesso tra tre vecchi a spasso nel deserto e una calza da 7000 calorie non lo vedi, però mentre ti stai ponendo interrogativi sei già arrivato al quarto Mars e il tuo cervello è in piena overdose di zuccheri, quindi per il momento lasci stare.
Poi da grande ci pensi ancora e allora ti dicono che Magi significa maghi
“Ma maghi tipo Mago Silvan o tipo Mago Forrest? Sono un trio tipo Aldo, Giovanni e Giacomo?”
“No no, maghi nel senso antico del termine: sono un po’ astronomi, un po’stregoni…”
“Ah son quelli che ti leggono le carte se li chiami all’899 sui canali regionali?”
“Neanche, sono tre maghi nel senso… Oh che palle! Sono i tre Re Magi che vanno a trovare Gesù! Tiè, questa è la calzetta, strafogati!”

E insomma ci sono questi tre Re Magi, che stanno viaggiando senza meta inseguendo una stella cometa (quando non si ha il navigatore satellitare si usano questi rimedi da giovani marmotte). Si chiamano Gaspare, Melchiorre e Baldassare. Tre nomi coatti come pochi, però loro non vengono dalla Garbatella, ma da paesi lontani, più lontani dell’Eur: Gaspare, bianco di carnagione, pare venga dall’Europa o dalla Turchia, che tanto tra un po’ a botte di kebab ci entra comunque nell’euro.
Melchiorre è più color cioccolata al latte e viene dalla Persia, o da un altro di quei paesi mediorientali di cui parlano sempre in tv ma non si sa mai con precisione dove si trovano. Possono bombardare l’Irak o l’Afghanistan, non cambia nulla: al telegiornale si vedono sempre solo sassi, sole e sabbia. A ‘sto punto bombardate Agrigento, tanto è uguale.
Infine c’è Baldassarre che invece è proprio nero mezzanotte, tipo Drogba. Baldassare viene dall’Etiopia, o qualcosa del genere, ma tanto, come prima, che ce frega, l’importante è che abbiano differenze cromatiche per distinguerli sul Presepe (sempre che io abbia azzeccato le accoppiate nomi-colori, perché non ne sono per nulla certo).
Gaspare, Melchiorre e Baldassarre sono lì in una notte stellata di duemila anni fa che girano a vuoto perché ancora non l’hanno capito dove li porta ‘sta cometa, e non c’è nemmeno un autogrill dove fermarsi a comprare un Toblerone o un camionista al quale chiedere indicazioni, niente! Sono tutti in ferie per Natale (i sindacati sono sempre bene informati sulle nuove festività in arrivo: il 25 aprile lo festeggiano dal 1927).
E meno male che hanno tre cammelli Toyota che consumano poco, ché quelli Fiat dell’Impero Romano camminano poco e si ribaltano alla prima curva.
Fatto sta che alla fine la benedetta cometa si ferma su un paesello da niente, un accrocco di quattro case chiamato Betlemme. È oro colato se la squadra locale gioca in Lega Pro.
I Magi si guardano tra loro perplessi: tutti ‘sti kilometri per arrivare in questo posto dimenticato da Dio?! Ci deve essere un errore. Invece no, la cometa è lì che con una bella freccia al neon che indica proprio Betlemme, è da lì che viene la Forza.
Betlemme davvero è il più piccolo capoluogo della terra di Giuda. Un po’ come se Gesù oggi decidesse di nascere a Pescara o a Campobasso. Cioè, si vede subito che ha questa simpatia per gli ultimi e per chi si sente solo.
E allora i tre tipi entrano in Betlemme e, nonostante sia sabato sera, in giro trovano poca gente. Poi giungono in un luogo affollatissimo, tipo piazza gremita per il FestivalBar, però non c’è baccano, sono tutti in armoniosa preghiera. Ci sono pastorelli, mendicanti, calzolai, arrotini, macellai, contrabbandieri di sigarette, latitanti, carabinieri, transessuali, bimbi smarriti, operai in cassa integrazione, impiegati della megaditta, pulcinella e altri sbandati e persi in loro stessi che hanno bisogno di un abbraccio.
I Re Magi si fanno avanti con devozione. Si accostano a questo Bambino e si rivolgono ai suoi genitori.
“Che è questo il Figlio di Dio?”
“Si, però all’anagrafe porterà il cognome mio”
“Ah si?! Lei è il Signor…?”
“Giuseppe Esposito, lui è nostro figlio Gesù Esposito”
“Eccellente! Abbiamo portato tre doni per il pupo: l’oro…”
“Che culo!” Esclama Giuseppe
“…L’incenso e la mirra.”
“La che..?”
“La mirra!”
“E che è…?”
“È un’erba profumata. Ci puoi fare la minestra o condirci le patate.”
“Ah.. Grazie del pensiero.”
E così nacque il natale, con i regali belli, quelli medi e quelli che fanno proprio schifo. E alla fine della storia ancora non si capisce il perché della calza piena di dolci il 6 gennaio. Bah.

Invece il Natale, quello vero, è tutta un’altra storia, ma non può essere spiegato, è una roba che senti dentro, e non deve cadere per forza a dicembre, il Natale te lo puoi sentire dentro pure il 3 di agosto mentre crepi di caldo in ufficio, basta che tu sia sereno.
Io me le sparerei le vacanze di Natale il 3 di agosto. Magari a Riccione. Ma sempre con Christian De Sica e Jerry Calà.

Di Marco Improta.

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