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I turchi, San Gerardo, la iàccara, Potenza... e i catari
Creato il 01 giugno 2010 da Giuseppe Melillo @giuseppemelilloParate e rievocazioni storiche in onore del Santo Patrono della Città di Potenza
Le parate e le rievocazioni storiche del giorno 29 maggio 2010, in occasione della commemorazione di San Gerardo, patrono della città di Potenza, prevedono tre ambientazioni che vanno a rappresentare tre periodi storici ben precisi, e cioè il XIX, il XVI e il XII secolo.
Il primo ambiente fa riferimento ad una nota descrizione che Raffaele Riviello riporta in un suo libro dedicato alle tradizioni del popolo potentino: in essa, il Riviello racconta non solo il momento della parata cosiddetta dei Turchi ma anche tutto il clima di festa e di preparazione che precede la stessa parata. Per questo motivo, si è pensato di organizzare anche un quadro descrittivo di questa ambientazione che precederà temporalmente le parate e rievocazioni della serata: esso sarà messo in scena nel primo pomeriggio del giorno 29 maggio, a Piazza Matteotti, la vecchia Piazza Sedile, scena che riproporrà il popolo festante in attesa che, con travestimenti e con l’uso di trucco, si accinge a festeggiare il Santo Patrono.
Il secondo ambiente fa riferimento ad un documento storico del 1578 nel quale si descrive il popolo potentino che vestito alla turchesca e alla moresca accoglie in città il nuovo conte Alfonso de Guevara: per preparare questa quadro si è salvaguardata la tradizione della parata e si è inserita la rappresentazione di San Gerardo bambino che su una barca salva la città dall’invasione dei Turchi.
Infine, il terzo ambiente vuole rappresentare il momento di devozione verso “ u prut’tor ” e mettere in evidenza la religiosità dei potentini durante il XII secolo quando San Gerardo, dopo il suo vescovado durato dal 1111 al 1119, venne santificato vox populi divenendo Santo Patrono della città di Potenza.
Ogni quadro sarà preceduto da banditori che racconteranno agli spettatori tutte le scene con dovizia di particolari.
La parata, al contrario degli anni precedenti, seguirà un percorso inverso poiché partirà dal Campo Sportivo Viviani per giungere nel centro storico, attraverso Porta Salza e, si concluderà a Largo Duomo.
Così Raffaele Riviello, nel 1893, in Ricordi e note su costumanze, vita e pregiudizi del Popolo Potentino, descrive il rito della iàccara:
“Nella vigilia, in sull’ora del vespero, si portavano in città, a suono di pifferi, di tamburi, o di bande, le iaccare (fiaccate) , cioè grandi falò, fatti di cannucce affasciate attorno ad una trave sottile e lunghissima, per divozione di qualche bracciale possidente, di proprietario vanitoso, o per incarico dei Procuratori della festa.
Il trasporto di una iaccara formava una vera scena di brio e di festa per plebe e per monelli.
Molte coppie di contadini giovani e robusti la portano sulle spalle. Sopra vi sta uno, vestito a foggia di buffo o di pagliaccio, che tenendosi diritto ad un reticolato, o disegno di cannucce, su cui è posta tra foglie e fiori la fiura, o immagine di S. Gerardo, grida, declama, gesticola e dice a sproposito, eccitando la gente a guardare e ridere, per accrescere l’allegrezza della festa. E la gente si affolla per vedere, fa largo, e ride tutta contenta. Di tanto in tanto ì portatori si danno la voce per regolare le forze e i passi, si fermano per ripigliare un po’ di lena ed asciugarsi il sudore con una tracannata di vino; giacchè vi è sempre chi li accompagna col fiasco e li aiuta a bere, senza farli muovere di posto.
Come si giunge al luogo, ove è il fosso per situare la iaccara, la scena muta per folla dì curiosi, rozzo apparato di meccanica e timore di disgrazia. Si attaccano funi, si preparano scale ed altri puntelli; ed al comando chi si affatica di braccia e di schiena, chi adatta scale e grossi pali per leva e sostegno, e citi da finestre e da balconi tira o tien ferme le funi. E ad ogni comando si raddoppiano gli sforzi, si fa sosta e silenzio, secondo che nell’alzarsi lentamente la iaccara il lavoro procede con accordo di forze, o presenta difficoltà e pericolo.
Appena si vede alzata, prorompe un grido di gioia; tamburi e bande suonano a frastuono, e la gente con viva compiacenza guarda di quanto la iaccara supera in altezza le case vicine.
Le iaccare si innalzavano nei luoghi più larghi; in Piazza, innanzi alla Chiesa di S. Gerardo, avanti a lu Palazz’ di lu Marchese, (oggi Liceo), a Portasalza, di fronte a lu castiedd (Ospedale S. Carlo).
Per accenderle, la vigilia a sera, bisognava arrampicarsi sino alla cima, e non senza fatica.
Queste grandi fiaccole erano i fari fiammeggianti della festa per farli vedere da lontano. Ardevano tutta la notte, e illuminavano a giorno tutto il vicinato, la cui gente godeva e si divertiva a quella vista.”
Questa la parata.
Ma perchè san Gerardo e i turchi?
Forse perchè...la vulgata cittadina fa risalire la rappresentazione allegorica alla pretesa invasione di Potenza da parte di un esercito turco, il quale avrebbe risalito il fiume Basento fino a Potenza(???). I cittadini, quindi, impotenti dinanzi alla organizzazione militare degli invasori, si sarebbero rivolti al vescovo, Gerardo La Porta, e questi, invocando una schiera di angeli guerrieri, avrebbe compiuto il miracolo di liberare la città dai suoi nemici. Tuttavia, è improbabile che, in tempi geologicamente recenti, il fiume Basento fosse navigabile, inoltre non è storicamente riscontrata un'invasione turca riconducibile al periodo di S. Gerardo la Porta. Gerardo la Porta, già vescovo di Piacenza, verosimilmente ha cominciato ad essere venerato come santo protettore della città di Potenza (il protettore precedente era S. Oronzio, martire), dopo esservi stato mandato dalla Santa Sede per contrastare la diffusione dell'eresia catara. Difatti, è certo che i Catari, nei primi decenni del XII secolo, estendevano le loro ultime propaggini nell'Italia del Sud (pur avendo le loro maggiori comunità nel nord Italia e Oltralpe).
È plausibile che tali comunità spirituali, che assumevano la forma di forti ed influenti clan religiosi, abbiano incontrato la ferma opposizione da parte delle gerarchie cattoliche ortodosse, e che Gerardo la Porta, vescovo di Piacenza, abbia ingaggiato con loro uno scontro politico e teologico, fino alla neutralizzarne l'influenza presso la borghesia potentina. Da allora probabilmente la cittadinanza conservò con devozione la memoria del "liberatore", attribuendo col tempo ai "Turchi", il nemico per antonomasia delle popolazioni meridionali dei secoli successivi, il burrascoso evento e trasformandolo in una fantasiosa invasione armata.
E forse c'entra qualcosa la battaglia di Lepanto (1571) e l'arrivo del nuovo signore Guevara in città?
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