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I turisti proclamano l'Umbria regina dei legumi

Da Berenice @beneagnese

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Cosa comprano i turisti quando visitano le città italiane? Quali prodotti scelgono per portare a casa il ricordo di una vacanza, per continuare a gustarne il sapore e il piacevole profumo?

Secondo un'indagine ISNART (l'Istituto nazionale che si occupa di ricerche turistiche per conto delle Camere di Commercio) l'attenzione dei viaggiatori è oggi attratta per la maggior parte dai prodotti gastronomici della tipicità locale.

Formaggi, vini, insaccati e carni bovine diventano i migliori souvenir dei posti visitati; così graditi da essere oggetto di scorte personali o utili omaggi da riportare a chi è rimasto in casa.

L'abitudine è talmente consolidata che l'acquisto di articoli mangerecci è ormai parte integrante del budget di spesa della vacanza. Insomma non c'è viaggio che oltre al soggiorno e al divertimento non preveda l'acquisto di leccornìe varie.

Ogni regione d'Italia ha la sua specializzazione e una percentuale top di richieste.

L'Umbria, che pure è scelta per i tartufi, la norcineria, l'olio, i vini, i pecorini e il cioccolato, risulta essere al primo posto per l'acquisto dei legumi. Più facili da trasportare anche in aereo, più economici  e soprattutto veramente gustosi e sani, un tutt'uno con l'immagine di sobrietà e di natura verde. Amici della dieta controllata e semplici da cucinare come piatti caldi o freddi.

L'Umbria è la regione dove i turisti comprano più souvenir a base di legumi, seguita nella classifica nazionale da Toscana e Puglia.

Su quali tipi cade la scelta dei vacanzieri? Sulle lenticchie Igp di Castelluccio, su quelle di Colfiorito, sulla fagiolina del Trasimeno e sulle monachelle della Valnerina, sulla particolarissima roveja di Civita di Cascia riconosciuta come presidio slow food, sui ceci teneri come il burro dei campi di Sammarmo a Vallo di Nera, sulla cicerchia, piselli, fave e altri tipi di fagioli oltre a quelli già detti.

Un'offerta abbondante e varia che attrae i turisti paghi di acquistare uno o più sacchetti di saporiti semi da zuppa o da insalata, buoni anche da mischiare a cereali come l'orzo o come il farro DOP di Monteleone di Spoleto.

Secondo l'indagine ISNART la maggior parte degli acquisti sono effettati direttamente presso i produttori, in azienda o in agriturismo.

 

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Non solo i più famosi piani di Castelluccio e di Colfiorito o i campi estesi del lago Trasimeno offrono le squisite varietà, ma molte altre spianate umbre pullulano di queste coltivazioni, ottenute per lo più con criteri di agricoltura biologica. L'usanza di coltivar legumi in Umbria è diretto retaggio di un'alimentazione contadina che sopperiva al fabbisogno proteico usando i legumi al posto della carne ed è pratica agricola che consiste nella rotazione delle colture, visto che nelle radici delle leguminose c'è un batterio capace di fissare l'azoto atmosferico.

Nelle famiglie rurali umbre fino a qualche anno fa il primo pasto della mattina era a base di zuppa di legumi. Sulla tavola di inizio giornata comparivano piatti di fagioli o di fave conditi a crudo con un filo d'olio extravergine di oliva e una macinata di pepe, unitamente a due fette di pane da ammollare nel brodo di cottura.

Tanta era la comunanza con i legumi che persino alcuni dolci ne ricordavano l'aspetto. La cicerchiata, per esempio, dolce carnevalesco formato da tante palline fritte disposte una sull'altra a forma di piramide irrorata con miele, ricorda nel nome e nella forma i chicchi della squisita cicerchia.

 

cicerchiata-umbra.jpg

 

 La foto della cicerchiata è tratta da  http://esedomaniincucina.blogspot.it/2012/01/cicerchiata-umbra.html

 


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