Articolo di Pierluigi Gerbino. Abbiamo
assistito ad alcune settimane di violente oscillazioni, con i
mercati in preda al nervosismo di chi deve ogni giorno decidere
se credere a quel che vede oppure affidarsi alle promesse di chi
può cambiare il corso delle cose.
Quel che ora si vede, dal punto di vista macroeconomico, è
la lenta marcia delle economie occidentali verso la recessione.
Una recessione, tuttavia, che ancora non si è manifestata
appieno. Gli indicatori di sentiment dei manager (indici ISM e
PMI) stanno fornendo l'impressione dell'appiattimento delle attese
proprio sul confine tra la crescita e la recessione. L'unico dato
abbastanza chiaro è che tra l'Europa e gli USA, la recessione
sembra più vicina qui che là. Qualche barlume di
maggior convinzione in America ultimamente si sta vedendo. I dati
usciti finora nel mese di ottobre si sono rivelati quasi tutti
migliori delle attese, come non si vedeva da mesi. L'evento non
serve certo a ribaltare la situazione stagnante dell'economia
USA, ma riesce almeno a frenare la marcia recessiva che i continui
peggioramenti di tutti gli indicatori in estate ci hanno manifestato.
In Europa invece si continua speditamente a viaggiare verso la
recessione. Può darsi che l'appuntamento con segno meno
per il PIL dell'eurozona si verifichi nel primo trimestre 2012,
anche se non mi stupirei di vederlo già nei dati ufficiali
che riguarderanno il trimestre appena iniziato, che verranno pubblicati
a febbraio.
La situazione si è poi decisamente aggravata sul fronte
delle banche. Tutti i timori di fallimenti imminenti, causati
dalla sovraesposizione al debito ormai tossico della Grecia ed
a quello poco in salute degli altri PIGS, che hanno trascinato
giù l'intero settore bancario in estate e sono stati la
causa scatenante del panico di agosto e settembre sui mercati
azionari, hanno trovato piena realizzazione nell'affondamento
di Dexia, che ha dovuto ricorrere al salvataggio statale franco-belga.
Sono stati proprio i belgi a dover fare la parte del leone nel
digerire lo "spezzatino" in cui è stata divisa
la banca in crisi, accollandosi una spesa di 4 miliardi per l'acquisto
della divisione belga e 54 miliardi di garanzie per la banca monnezza
in cui confluiranno tutte le attività tossiche. Il Belgio
si appresta quindi ad entrare nel club dei paesi troppo indebitati,
che ora potremmo identificare con l'acronimo BIPIGS (Belgio, Italia,
Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna).
Il precipitare della situazione di Dexia ha acceso i riflettori
anche su altri colossi francesi e tedeschi, evidenziandone le
precarie condizioni di solvibilità, e ha causato un ulteriore
rallentamento dell'attività interbancaria, dove si preferisce
depositare la liquidità sul conto quasi infruttifero della
BCE piuttosto che rischiare di finanziare qualche prossimo fallito.
La negatività della situazione bancaria europea ha paradossalmente
fatto salire le borse e le quotazioni del settore bancario, poiché
ha imposto ai big europei Merkel e Sarkozy di smettere di discutere
sul risanamento dei bilanci pubblici degli altri e di pensare
ai bilanci delle banche di casa propria. Si è allora materializzato
l'evento che nei giorni precedenti veniva sdegnosamente negato
e considerato una voce della speculazione per attaccare l'euro:
la necessità di salvare le banche europee (loro usano il
termine politically correct "ricapitalizzare").
L'incontro bilaterale, che nel week-end i due padroni d'Eurolandia
hanno avuto, ha proprio voluto rassicurare i mercati che loro
"stanno lavorando per noi" e proporranno entro un mese
"una risposta globale, durevole e rapida alla crisi".
Ovviamente quel che pensano gli altri 15 partner di Eurolandia
è un fastidioso impiccio burocratico, come ha fatto trasparire
Sarkozy per motivare la mancanza di indicazioni più precise
ed il ritardo nella definizione concreta delle misure.
Quel che conta, d'altra parte, è la "piena sintonia
di vedute" tra i due padroni d'Europa. La servitù
si adeguerà nei tempi scanditi dalla burocrazia europea.
Sta di fatto comunque che nessuna proposta concreta è stata
anticipata, ma solo tante parole (ancora…) per rassicurare.
I mercati, che la scorsa settimana hanno rimbalzato sulle voci
di un allargamento del fondo ESFS e di una sua metamorfosi per
salvare anche le banche oltre gli stati, ora debbono decidere
se continuare a credere alle promesse oppure prendere atto in
modo devastante che il sistema bancario europeo è in gran
parte insolvente.
Delle due ipotesi sembra si stia affermando la prima, anche perché
l'occasione per capitolare il mercato l'ha già avuta sulla
notizia del fallimento di Dexia e non l'ha voluta cogliere. Anzi,
la scorsa settimana proprio Dexia è servita a rivelare
un certo cambiamento di sentiment. Infatti quando i mercati in
trend ribassista non accentuano i cali sulle cattive notizie è
segno che c'è voglia di correggere gli eccessi ribassisti
e recuperare almeno parte dei cali. Non mi stupirei pertanto se
il volo delle banche iniziato la scorsa settimana dovesse proseguire
proprio con il susseguirsi di notizie su problemi e crisi di liquidità
per i grossi nomi del credito che dovessero arrivare nei prossimi
giorni.
E' il classico tanto peggio, tanto meglio, che abbiamo già
visto dopo il crack di Lehman, quando gli stati accorsero in soccorso
delle banche in pieno credit crunch. Già allora la profusione
di garanzie e salvataggi riuscì a fornire un vestito nuovo
all'imperatore, a spese della collettività e portando al
massacro gli stati meno virtuosi. Però le banche vennero
rivestite e poterono tranquillamente ricominciare a riempirsi
di cartaccia, fino a quando quest'anno non si ritrovarono nuovamente
in mutande. Ma intanto per quasi due anni il sistema recuperò
credibilità. Ora si ritenta lo stesso trucco, sperando
che riesca come l'altra volta e nel frattempo garantisca la rielezione
dei politici "salvatori del sistema". Ho l'impressione
che questa volta dovremo attendere meno tempo per vedere il ragazzino
della celebre fiaba di Andersen urlare "il re è nudo".
Ma intanto occupiamoci tutti di magnificare la foggia del nuovo
vestito per l'imperatore, confezionato dai sarti Merkel e Sarkozy
in un week-end di inizio autunno del 2011.
Fine articolo di Pierluigi Gerbino