Nonostante l'idea di partire sabato mattina, i preparativi si sono protratti un pò più a lungo del previsto e abbiamo lasciato allegramente Melbourne solo verso l'una del pomeriggio (!!).
L'itinerario previsto (e rispettato) è stato il seguente:
- sabato - arrivo a Halls Gap (cuore dei Grampians, la catena montuosa a 3h30 a ovest di Melbourne), sistemazione, cena e pernottamento (uhh che professional che sembro! hihi - mi sto divertendo un mondo, sarà che il mio sogno nel cassetto è di fare la guida turistica:-p)
- domenica - Hollow Mountain bouldering, visita al Gulgun Manja Shelter, ritorno a Halls Gap
- lunedì - Partenza per Port Fairy sulla costa, Great Ocean Road 1° tratto, Port Campbell
- martedì - Great Ocean Road 2° tratto, rientro a Melbourne
Pronti a venire con noi in un tour fotografico che ripercorre quasi 1000km?? :-)
L'arrivo a Halls Gap è stato tranquillo, dopo 3h di una Western Highway drittissima e scorrevolessima, un susseguirsi di paesaggi ampi, dove per lunghi tratti la fanno da padrone bovini al pascolo, alberi di eucalipto che paiono fantasmi nella debole luce di un pomeriggio invernale e cartelli che indicano paesini di due case in croce più stazione di servizio dismessa da chissà quando dai nomi incredibili quali 'Burrumbeet' o 'Trawalla'.
Troviamo subito il nostro camping (non avevamo prenotato, nonostante l'affluenza turistica di questi giorni e siamo arrivati pochi minuti prima della chiusura della reception alle 5! Dicesi fortuna sfacciata..), trattasi dell'Halls Gap Caravan & Tourist Park, situato proprio di fronte all'Ufficio Turistico. La signora alla reception ci dà un caloroso benvenuto, lei è lì da solo un mese e noi siamo i primi italiani del campeggio.Le piazzole dotate di corrente si trovano in una bella posizione, vicine ai bagni, al boschetto da cui -sorpresa!- escono canguri in esplorazione e alla casupola dotata di caminetto, tavoli e panche oltre a fornelli e lavello a disposizione di tutti i campeggiatori. Il costo? 35$ a notte, non malissimo. La cosa che abbiamo scoperto troppo tardi purtroppo è che c'erano pure piazzole con tanto di braciere per il fuoco! E vista l'aria freschetta della sera non sarebbe stato male...
Leggerissime gocce di pioggia danzano nell'aria tiepida del mattino..
Per la cena abbiamo acquistato appositamente il primo pacco di pasta italiana da quando siamo qui. Perchè dove c'è B. c'è casa.... E no, non mi riferisco al Berlusca:-p
Come vi dicevo prima poi, la cosa più bella forse di questo campeggio è la vicinanza alla boscaglia in cui oltre a uccelli che fischiano come se stessero complimentando una bella ragazza (sì avete capito bene)vi gironzolano, anzi, saltellano curiosi e beati tantissimi 'wallabies' (la versione mignon dei canguri). Zero paura dei campeggiatori che il più delle volte li ignorarno (essendo per la maggior parte australiani ben abituati a vederli). Noi invece ci siamo fatti prendere dall'entusiasmo e abbiamo scattato decine di foto, girato diversi video e più in generale abbiamo perso tutta la cognizione spazio-temporale, dimenticandoci che il furgone era aperto con tutti i nostri (piuttosto miseri veramente) averi e che il tempo stringeva.. A furia di star vicino a questo qua delle foto però, gli siamo diventati un pò amici credo e ci ha lasciati accarezzarlo senza problemi, dopo la dovuta fetta di pane, ovviamente.
Prima l'avvicinamento:
Poi la fetta di pane...
Giustamente malfidante, il nostro nuovo amico prima annusa...
Poi se la pappa!
Dopo una buona mezz'ora di moine alla bestia, ci raccapezziamo e ripartiamo. Direzione nord, lungo una strada sterrata tutta curve e dossi, verso Hollow Mountain, famosa per i massi disseminati lungo la sua base e gioia dei boulderisti locali, ma non solo. Si può seguire infatti il sentiero che porta fino in cima (per escursionisti mediamente esperti - ci sono tratti piuttosto esposti e qualche 'fosso da saltare' oltre che una pendenza piuttosto ripida) oppure quello che porta al Gulgurn Manja Shelter, un sito protetto dove poter osservare esempi di arte aborigena.
Noi abbiamo iniziato dai boulder, dotati di guida comprata all'ultimo minuto presso l'edicolante di Halls Gap, abbiamo trovato facilmente i massi di arenaria. Ci sono boulder per tutti i gusti e livelli, basta avere tempo e ...non aver paura di qualche ragnazzo di troppo! Spostando una pietra vacillante, abbiamo incontrato una colonia di 5 o 6 huntsman che sono scappati in mille direzioni! (la foto ve la risparmio) Io che ho una forte intolleranza verso la specie, ho desistito dall'arrampicare quasi fino all'ultimo, quando, senza nemmeno rendermene conto, sono finita col fare la foto proprio sopra la pietrazza incriminata!!! Ma si può??? Sono ancora viva però;-)
L'uomo si è sfogato portandosi a casa un V4, io un 'tentato' V0' hihihi
Questa qui sotto invece è la pietrazza di cui sopra:-/
Esempi di flora locale (non sembra inverno, vero? c'erano fiori ovunque!)
Questo sopra dovrebbe essere un 'Bottlebrush' (così chiamato per via della forma cilindrica che ricorda appunto una spazzola per lavare le bottiglie), una pianta molto comune che si trova in una varietà di colori, principalmente rosso, ma anche bianco, arancio e giallo. A me piace moltissimo, fa un pò albero di natale..fuori stagione! :-))
Persino bicolore! (o forse alcuni erano secchi?! chi può dirlo..)
Prima di tornarcene ad Halls Gap, abbiamo approfittato delle ultime due orette di sole per visitare il sito di arte aborigena di Gulgurn Manja Shelter. Una camminata di 20min. lungo un sentiero facilmente accessibile e molto piacevole, ci ha portati sulla sommità di un monticciolo su cui, gruppi di aborigeni Jarwadjali, erano soliti riunirsi per contemplare l'orizzonte e per vedere da lassù eventuali fuochi di altri accampamenti o creare 'attrezzi' in pietra rimuovendo gli spuntoni dalle pareti della caverna in cui si riparavano. Il luogo è sacro e una volta giunti alla grotta (da cui la parola 'shelter'= riparo) si capisce molto bene perchè.
Gulgurn Manja significa 'le mani dei bambini' ed infatti quello che colpisce sono le numerose impronte di manine infantili (sempre la destra, curiosamente), assieme a impronte di emu e linee di cui non si conosce bene il significato. Il colore usato era l'ocra rossa, mista ad acqua o albume. Non si sa con esattezza quale sia l'età di queste pitture rupestri, ma è certo che gli Aborigeni trovassero riparo in queste caverne già 22000 anni fa (e popolavano il Victoria ben 40000 anni fa.). Vengono i brividi a pensare a quante generazioni potrebbero essere trascorse dacchè quelle manine impiastricciate di ocra si posavano sulle pareti di questa caverna...
Ancora una volta, viene da chiedersi perchè l'uomo bianco abbia sempre portato con sè morte e distruzione. Una naturale predisposizione alla violenza e alla prevaricazione? Una caratteristica acquisita nel corso dei millenni per la famosa lotta alla sopravvivenza?Possibile che ciò fosse necessario persino in Australia, vasta com'è? La curiosità degli esploratori ha portato la sete di potere dei conquistatori fin quaggiù... e in un batter d'occhi, una civiltà di migliaia di anni è stata praticamente cancellata. Sembra quasi di sentire la terra, le piante che si lamentano di tanta distruzione. Gli Aborigeni non sfruttavano la propria terra ma vivevano in armonia con essa. La terra donava loro cibo e riparo e loro, in cambio, la rispettavano e si adattavano alle sue leggi.La nostra civiltà invece si è evoluta e continua ad 'evolversi' in modo opposto: sfruttando cioè la terra e cercando di adattarla ai propri bisogni. La prova che questo modo di agire è errato, ce l'abbiamo tutti i giorni, quando mangiamo cibi, respiriamo aria, viviamo vite che ci avvelenano.Quelle dolci manine sono un pò uno schiaffo morale al turista di passaggio. Un 'perchè l'hai fatto?' e 'perchè distruggi i tuoi fratelli e la terra che ti ha creato?' Ma anche un monito forse... un 'siete ancora in tempo per cambiare strada...'o come ha detto un'anziano della tribù locale:
"We have always been part of this place...always were and always will be.We leave our mark to remind you"
Ancora un pò di luce per ammirare estatici il panorama: una vista che per i nostri antenati in genere era abituale. Per noi, uomini e donne moderni, una rarità quasi..
Un'ultima provocazione... perchè non ridare il nome originario di ogni luogo invece del corrispettivo inglese? Troppo difficile da pronunciare? O da ricordare? I Grampians comunque, in aborigeno, si chiamano 'Gariwerd' :-)