Ma so per certo che c'è una fascia, quella dei preadolescenti, che ne fa un uso massiccio. E altrettanto per certo so che gli adulti (tranne quelli che ci giocano, ma credo siano una minoranza) non ne conoscono e non ne parlano abbastanza.
Per questo motivo ero andata a sentire durante il Wired Next Fest (http://nextfest.wired.it/) l'intervento di Marco Mazzaglia, manager della Milestone, impresa italiana di sviluppo di videogiochi per console e pc (http://www.milestone.it/IT-it/company.htm).
Un momento della presentazione di Marco Mazzaglia al Wired Next Fest
Il gioco consiste nel colpire dei terroristi allo scopo di eliminarli. Se ho ben capito l'elemento fondamentale che contraddistingue un "serious game" è il contenuto. E in questo caso il contenuto era dato dal fatto che, più terroristi venivano eliminati, più ne nascevano di nuovi. Insomma, "violenza chiama violenza", potrebbe essere il messaggio che il game intende veicolare.
Il sottofondo dei lamenti delle madri dei terroristi colpiti avrebbe dovuto farlo intuire.
Sinceramente non so quanti l'avessero capito, prima che Mazzaglia fornisse la spiegazione.
Sono uscita con un sacco di interrogativi che ancora mi frullano per la testa: i videogiochi devono "educare"? O non devono limitarsi a "far divertire"?
E se invece potessero essere sfruttati per acquisire/allenare abilità?
Come "Guitar Hero", un game che simula l'uso di una chitarra elettrica e che, secondo quanto riferito da Mazzaglia, è stato utilizzato anche per la riabilitazione da post-ictus e post-trauma cranico.
Non ne so molto di videogiochi, vorrei saperne di più. Vorrei che i genitori e gli insegnanti di preadolescenti ne sapessero di più e non si limitassero a dire ai propri figli/alunni "basta, smettila di giocare, devi studiare!", restando quasi sempre inascoltati.
Non ne so molto di videogiochi. Ma così, a intuito, preferisco quelli che aiutano a sviluppare potenzialità, piuttosto che quelli che si sforzano di educare (ma ci riusciranno poi?).
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