Gli aspetti esposti si concretizzano non solo nell'intenzione di festeggiare ma anche nelle differenti valenze simboliche, sociali e culturali assunte. Moltissimi sono gli scrittori che in modi diversi hanno documentato ed evocato il Natale, un esempio su tutti è "Cantico di Natale" di Charles Dickens, racconto molto conosciuto e immagine non solo dei tanti volti del Natale, ma soprattutto, critica della società e della sua assenza di valori.
(Illustrazione natalizia ne "La Domenica del
Corriere", anno 57 n 52)
Il caso esposto non è isolato, sono molti i casi dell'utilizzo del mondo alimentare come mezzo per denunciare l'assenza di valori e richiamare l'attenzione verso determinate tematiche sociali. Luigi Arnaldo Vassallo (Gandolin), a tal proposito, in "La famiglia De Tappetti" descrive e scimmiotta i preparativi per il pranzo di Natale di una tipica famiglia borghese italiana, evidenziando così attraverso gestualità vuote e prive di significati l'assenza dei veri componenti che dovrebbero animare i festeggiamenti natalizi.
Ma il cibo è portatore di significati anche nella sua assenza; questo è particolarmente verificabile nella narrativa di Dostoevskij e nello stretto rapporto tra mancanza di risorse alimentari e povertà, connubio che caratterizza le feste delle persone povere del passato e del presente, generando così (in misura e modi diversi) una continuità.
L'assenza di cibo può essere determinata anche dalla distanza dal luogo in cui si vive, un esempio su tutti è l'importanza sociale e psicologica che assume nei ricordi scritti dei soldati al fronte o prigionieri di guerra, non solo nostalgia, ma soprattutto ricordo, coesione sociale e culturale e forte senso identitario. Bonaventura Tecchi, scrittore italiano del Novecento, nei ricordi da prigioniero di guerra evoca i cenoni natalizi dallo zio Raffaele Cristofori, a cui era invitato ad andare quando era bambino.
" (...) i maccheroni con le noci, era l'inizio della cena di Natale, come una carezza un poco ruvida, ma deliziosa, e proseguiva con il fritto di pesce, quello di lago e quello di mare, e poi con le triglie, cefali e le anguille nulla da invidiare alle cotolette di persico, saporose e degne di essere accompagnate dallo champagne (...) e non mancano le cipolline in umido, i polpi di mare, la trota di fiume e i grandi lucci (...)".
(Natività, acquaforte, biblioteca
comunale di Imola)
Il cibo nelle festività natalizie emerge anche da scritti privati, resoconti economici o lettere, tesori preziosi che documentano stili di vita, abitudini private, gusti e pratiche gastronomiche di grandi personalità della cultura italiana ed internazionale. Sono due gli esempi che desidero proporre in questo articolo: Verdi e Monet.
Del primo è possibile, attraverso alcuni libri, consultare i diari contabili che testimoniano le forniture di derrate alimentari delle fattorie alle dipendenze della villa del famoso compositore italiano. Vi emergono, ad esempio, i capponi grassi e gustosi ed altri prodotti che dovevano essere portati in villa in occasione della fine dell'anno agricolo (festa di San Martino) e del Natale.
Nel ricettario di famiglia di casa Monet, invece, è possibile leggere il menù dei pranzi di Natale.
E' proprio con quest'ultima perla culturale e gastronomica che voglio farvi i miei più sinceri auguri di Buone Feste!.
" Aprono il menu uova strapazzate ai tartufi o la rana pescatrice all'americana, come vuole la tradizione, il foie gras tartufato in crosta arrivato da Strasburgo, seguito dai capponi tartufati e farciti su un letto di marroni e di tartufi del Périgord, serviti con una purea anch'essa di marroni. Un'allegra insalata valeriana novella rompe la solennità di questi piatti, seguita da gorgonzola o Roquefort. Arriva infine il momento che, per i bambini, racchiude la vera magia del Natale: Paul chiude le imposte e porta in tavola il Christmas Pudding intorno al quale è stato versato generosamente il rum e lo fiammeggia tra le grida di ammirazione di tutti; il cristallo delle caraffe del vino e dello champagne, spesso Veuve Cliquot, si accende in un lampo improvviso. A conclusione del banchetto, arriva il gelato alla banana preparato nella vecchia, gloriosa sorbettiera di casa, che sembra zucchero filato. Come sempre, il caffè viene servito nel salone-atelier, seguito dal rituale dell'acquavite, della grappa e dei liquori delle isole " *
* (Claire Joyes; Alla tavola di Monet. L'autentico ricettario di famiglia del Maestro di Giverny; Guido Tommasi Editore)