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I volti di pietra di Vicenza

Creato il 27 marzo 2015 da Blackcat80

Da questo mio weekend a Vicenza sono trascorsi ormai sei anni.
Sei anni sono tanti - sono tanti in generale, in una misura obiettiva, perché sono 72 mesi, sono 2190 giorni (e qui la smetto con le mie manie statistiche); ma sono tanti per me, perché sono più di due capitoli fa della mia vita.
Senza contare i paragrafi di cui sono composti questi capitoli, e le note a pié pagina, e le sottotrame che si sono intrecciate, a volte lente, a volte complicate, in queste pagine fittissime che sono state scritte da allora.
Eppure...
Eppure di questo weekend io ho un ricordo vividissimo.
Questo perché è stato uno di quei viaggi che non sono stati svolti solo fuori, ma anche dentro, uno di quei viaggi di cui poco importa se siano stati brevi o lunghi - perché si svolgono in primis in tua dimensione interiore, dove il tempo è gentile, si dilata, non segue le misure convenzionali ma aderisce alle curve dei tuoi pensieri, delle tue emozioni.
E' stato uno di quei viaggi che ricordi - non tanto (o non solo) per la meta, ma perché diventano pietre miliari di percorsi che fai dentro di te.
Ma la meta si fa scenografia della nuova tappa della tua anima: si ispirano a vicenda, l'interno e l'esterno, si cercano in uno scambio dialettico di segni - che i tuoi occhi cercano e che la tua anima interpreta, come risposte. O come nuove domande.
Ed è così che ricordo Vicenza, è così che ve la voglio presentare: in bianco & nero - non per privarla dei suoi colori, ma per trasmettervi, assieme alla sua, anche una sfumatura della mia anima in quel momento...

I volti di pietra di Vicenza

Ci sono geni figli di una città, e città figlie di geni.
Difficile discernere fra le due categorie: diventa un po' come decidere se sia nato prima l'uovo o la gallina. Lo scambio in dare & avere fra una città ed i suoi figli geniali è osmotico e circolare: è reciproco e speculare, e stabilire quale delle due parti l'abbia iniziato è spesso impossibile.
Ma ha sempre un punto d'inizio.
E per Vicenza il punto d'inizio è la nascita di Andrea Palladio.
Palladio ha impresso la sua impronta a Vicenza rifacendole il look come riesce a fare solo chi ha il dono di riuscire a vedere la bellezza dove esiste ancora solo in stato embrionale: Vicenza è stata come un blocco di marmo grezzo che lo scalpello dell'architettura palladiana ha saputo cesellare e valorizzare - con uno stile tondo, nuovo, armonioso che rompe gli schemi portandoli oltre.
Palazzo Porto in Piazza Castello, nella foto, è rimasto incompiuto - e proprio su questo riflettevo io, durante il mio viaggio vicentino: che, a volte, anche quando le cose rimangono incompiute, non di meno possono lasciare un'impronta significativa, rivoluzionaria...

I volti di pietra di Vicenza


E lui?
Questo figlio geniale, questo rivoluzionario dell'armonia, che ha saputo sconvolgere il panorama cittadino tirandone fuori il meglio - come lo immaginate?
Andrea Palladio è una statua, che cerca con lo sguardo le sue opere, che osserva inquieto la sua Vicenza e pensa come vorrebbe ancora cambiarla, cos'altro vorrebbe aggiungere.
Ma la sua statua sfuggente, un po' anonima, per essere notata va guardata con la giusta attenzione.
Ed il suo titolo"architetto" sarebbe una ben sobria didascalia, se non fosse abbinata ad un nome che è sopravvissuto ai secoli.
Credo sia stato da allora che ho deciso di guardare con maggiore attenzione tutte le statue che incontro: a volte chi è importante ha il vizio di rimanere nascosto...

I volti di pietra di Vicenza

Same script different cast.
Gli schemi che si ripetono forse sembrano una trappola - o forse sono rassicuranti.
Tutto sommato, forse si ripetono proprio perché sono rassicuranti.
E, se si considerano una trappola, è perché magari si tende a considerarli degli errori - ma, che sia giusto o che sia sbagliato, se si ripetono, con sfumature diverse, su superfici diverse, è perché riflettono il nucleo di ciò che siamo.
Piazza dei Signori è da sempre il centro della vita vicentina: un tempo con i mercati, oggi con i negozi delle grandi marche.

I volti di pietra di Vicenza

In Piazza dei Signori, altissimi su due pilastri, che svettano al di sopra degli edifici che la circondano, e che gettano ombre lunghe come qualsiasi cosa che domina, ci sono anche due simboli di Venezia, il Leone di San Marco e la statua del Redentore, a ricordare come un tatuaggio l'epoca in cui Vicenza era stata conglobata nella Serenissima.
Che non sono io.
O forse sì - ed è il motivo per cui gira voce che i Vicentini magnino i gati...

I volti di pietra di Vicenza


[I portoni dei palazzi nascondono o rivelano mondi agli occhi di chi non vi appartiene - a seconda se siano aperti o chiusi.
Certi cortili sono come certi cuori: nascondono segreti, e sono bellissimi.
A volte devono solo riuscire ad aprirsi. Ma tu non devi avere fretta, devi imparare a vederli.
E in questo cortile c'era questo: è una preghiera disperata e struggente che fanno uno all'altro - ma si stanno dicendo "Ti prego non mi lasciare" o "Ti prego lasciami andare"?
Forse entrambe le cose.
A volte si desidera entrambe le cose...]

I volti di pietra di Vicenza


Biciclette: non è interessante come una delle mie principali fobie sia anche uno dei miei soggetti fotografici preferiti?
Biciclette in attesa, reclinate contro un antico portone.
Forse dietro al portone c'è qualcosa che vale la pena di attendere, qualcosa che riesce a dilatare il tempo, a fargli dimenticare di applicare la sua spietata unità di misura.
Qualcosa che invoglia ad entrare...

I volti di pietra di Vicenza


E il portone nasconde il Teatro Olimpico, un altro progetto palladiano portato a termine da un suo allievo, e considerato uno dei suoi capolavori più importanti.
Ma, fra i miei ricordi, più che il teatro, c'è il suo cortile: sembra un teatro esso stesso, ma gli attori sono statue classiche mutilate dal tempo, che cambiano espressione a seconda delle ombre che gli scivolano addosso - vive, intense, drammatiche, bellissime.
Capitelli ed are altrettanto rugosi fanno da scenografia, piccioni curiosi col capo reclinato sono i comprimari che movimentano la scena.
E ciò che si recita cambia ogni momento: dipende dalla trama che chi osserva ha scritto in mente...

I volti di pietra di Vicenza


[I ponti collegano territori che altrimenti rimarrebbero a guardarsi da lontano - o forse nemmeno si vedrebbero, schiena contro schiena presi ciascuno dai propri affari da sbrigare.
I ponti sono comunicazione, ma le loro fondamenta sono un'intenzione, una volontà di vedere l'altro, di conoscerlo.
I ponti cominciano in salita, ma, quando si arriva sulla loro sommità, a volte si finisce per specchiarsi nell'acqua che ci separa, vedendo noi stessi.
E allora comincia la discesa...]

I volti di pietra di Vicenza


Prima.
Prima di Palladio, prima della Serenissima... c'era il gotico.
Anche qui.
Come in tanti altri posti, è vero, e forse non è lo stile più rappresentativo di Vicenza - ma è quello che amo di più.
E mi piace andare a cercare qualcosa che amo ovunque vada.
Le declinazioni del gotico hanno sempre sfumature diverse, diverse varianti di una stessa bellezza, che è fatta di pace - eppure di mistero.
La chiesa di San Lorenzo è una bellissima declinazione vicentina del mistero gotico.

I volti di pietra di Vicenza


Li abbiamo chiamati I Bambini Inquietanti.
Sono di bronzo, su una panchina e non hanno occhi.
E' questo che li rende inquietanti. Ma forse vuole semplicemente dire che essere innocenti significa non vedere.
Ok - però non mi sono auto-convinta nemmeno io. Continuo a trovarli inquietanti comunque.
Proviamo a rigirarla allora: se ciò che dovrebbe essere innocente può diventare inquietante, allora forse anche ciò che può sembrare spaventoso in realtà non lo è.
Cambiare fa paura.
Ma, se non si è felici, come si può sperare di diventarlo, se non si cambia?

I volti di pietra di Vicenza


E questo è il pezzetto di Vicenza che maggiormente ha viaggiato in simbiosi con quel che c'era dentro di me in quel periodo.
Il n'est rose sans espine.
Nel 2009 ho fatto questo viaggio con petali di rosa avvizziti che mi avevano lasciato solo delle spine.
Ma, come diceva Abramo Lincoln,"Ci si può lamentare perché le rose hanno le spine, oppure si può gioire perché le spine hanno le rose".
Sia le spine che le rose fanno parte della vita. A volte contemporaneamente, sullo stesso stelo.
Ed è vero che le spine durano più a lungo, che continuano a pungere anche quando la rosa è sfiorita.
Ma il profumo della rosa, la sua bellezza...
Ecco qualcosa che vale da sola il prezzo del biglietto...


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